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Giovedì Santo a Casal del Marmo, il significato del gesto di Papa Francesco

Don Raffaele Grimaldi (Foto Agensir). Papa Francesco lava i piedi ai detenuti (Foto Vatican News)

Quindici giorni dopo la sua elezione al Soglio di Pietro, Papa Francesco decise di celebrare la Messa in “Coena Domini” in forma ristretta tra i detenuti dell’istituto penitenziario minorile Casal del Marmo. Quest’anno ha deciso di presiedere la liturgia del Giovedì Santo lì dove, dieci anni fa, aveva celebrato la prima Messa in “Coena Domini” del suo pontificato.

La celebrazione di dieci anni fa

Nell’istituto situato alle porte di Roma, quel 28 marzo 2013, il Santo Padre si era inginocchiato per lavare i piedi a dieci ragazzi e a due ragazze di nazionalità e confessioni diverse. Il neo eletto Papa, con la sua scelta, aveva colto tutti di sorpresa: solitamente la celebrazione solenne della Messa dell’ultima cena si svolgeva nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Papa Francesco, invece, dopo Casal del Marmo, ha scelto di celebrare la Messa in “Coena Domini” nelle “periferie esistenziali” scegliendo ogni anno penitenziari, centri profughi, strutture di accoglienza e cura di malati.

I luoghi scelti da Papa Francesco per le celebrazioni del Giovedì Santo

Nel 2014, si era recato nel quartiere romano di Casalotti-Boccea con i ragazzi della Fondazione Don Carlo Gnocchi – Centro Santa Maria della Provvidenza, struttura per l’accoglienza, assistenza e riabilitazione di persone non autosufficienti. Nel 2015, invece, era andato a Rebibbia. Nel 2016 la celebrazione presieduta al C.A.R.A. (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) a Castelnuovo di Porto, fuori Roma. Nel 2017 si era recato nella Casa di Reclusione di Paliano, in provincia di Frosinone. Nel 2018 è stata invece la volta del carcere Regina Coeli a Roma. Nel 2019 ha celebrato il Giovedì Santo nella Casa Circondariale di Velletri, istituto maschile a pochi chilometri dalla Capitale. Nel 2020 e nel 2021 la messa solenne del Giovedì Santo è stata celebrata a San Pietro. Nel 2022 il Pontefice si è recato al Nuovo complesso penitenziario di Civitacecchia.

L’intervista

Perché Papa Francesco, in questo Giovedì Santo sceglie di inginocchiarsi per lavare i piedi a dei giovani detenuti? Qual è il significato del suo gesto e quale messaggio il Pontefice lancia a tutto il mondo? Interris.it, per approfondire e capire il significato di questo segno, ha intervistato don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani.

Don Raffaele, qual è il significato della scelta di Papa Francesco di tornare per la seconda volta a Casal del Marmo per celebrare la Messa in “Coena Domini”?

“Mai come in questo tempo viviamo in emergenza educativa. La presenza del Pontefice nel carcere minorile di Casal del Marmo vuole anchr lanciare un appello alle istituzioni affinché questi ragazzi non vengano abbandonati, sono ragazzi fragili, molte volte sono anche soli. Spesso, i reati che commettono sono la conseguenza dell’assenza di punti di riferimento, non hanno famiglie che li seguono. La scelta di Papa Francesco di ritornare in questo luogo vuole essere un modo per farsi ancora più vicino a questi giovani che sono stati imprignionati per le loro fragilità”.

Come vengono accolti all’interno delle carceri i sacerdoti, i diaconi e le religiose?

“La figura religiosa è ben accolta da tutti, sia dai cattolici sia da coloro che professano altre fedi sia da quanti dicono di non credere in niente. Questo perché i religiosi sono un punto di riferimento, non entrano in carcere per realizzare un proselitismo o spingere verso la conversione. I religiosi devono porsi accanto ai detenuti per accompagnarli, sostenerli e guidarli. I giovani soprattutto, ma anche gli altri detenuti, hanno veramente una buona predisposizione verso coloro che vanno a visitarli. Questo penso che sia molto importante”.

Il Pontefice questa sera si chinerà per lavare i piedi a questi giovani che la società, molto spesso, identifica solo con l’errore che hanno commesso. Qual è il messaggio che Papa Francesco lancia al mondo con il suo gesto?

“Il Papa che si inginocchia davanti a dei giovani detenuti lancia un messaggio di misericordia, di non giudicare se qualcuno sbaglia, perché chi tra di noi non ha mai commesso un errore? Lavare i piedi ai questi giovani vuole essere anche un appello alle istituzioni affinché prestino maggiore attenzione a questi ragazzi. Come ho scritto nel mio messaggio per la Quaresima, il Pontefice asciugherà i piedi con la ‘tovaglia della misericordia’ per dire di non puntare solo il dito, ma di impegnarsi e fare qualcosa di concreto per questi giovani che hanno bisogno di atenzione, aiuto e accoglienza”.

Qual è il compito di un sacerdote cappellano all’interno di un carcere?

“Il primo compito è quello di evangelizzare, porta l’annuncio del Vangelo, poi siamo chiamati a costruire dei rapporti, ad essere ponti fra il carcere e la società. Il compito del cappellano non si esaurisce solo all’interno dell”istituto penitenziario per essere accanto ai detenuti, ma continua anche fuori, soprattuttoquando un detenuto esce. Il cappellano, ove possibile, è chiamato ad accoglierlo se ha delle disponibilità di ambiente. I cappellani incarnano l’annuncio del Vangelo nella solidarietà e nell’accoglienza dell’altro”.

Nel 2022 si sono verificati molti suicidi in carcere. Come intervenire su questa problematica? Come aiutare le persone detenute, sia adulti sia giovani, a non arrivare al punto di compiere un gesto così disperato ed estremo?

“Sappiamo dai dati che la maggior parte di coloro che si sono tolti la vita sono persone fragili psicologicamente, che avevano paura di uscire, di non trovare accoglienza fuori dal carcere. L’aiuto che noi dobbiamo dare deve essere a 360 gradi. Gli operatori devono, prima di tutto, verificare le condizioni di salute dei detenuti. I più fragili devono essere accompagnati con maggior cura. Inoltre, sarebbe necessario che la società civile non chiuda gli occhi davanti alle povertà altrui e dovrebbe tendere una mano a quanti vogliono riprendere in mano la loro vita: queste persone devono essere accolte per un loro reinserimento nella società”.

I vescovi italiani, sollecitati dalle azioni e dalle parole del Santo Padre e dal cammino sinodale, hanno esortato a promuovere e a sensibilizzare l’attenzione verso il mondo delle carceri. Cosa si può concretamente fare? 

“Quella della Conferenza episcopale italiana è una bellissima attenzione verso il mondo del carcere, investendo di questa responsabilità non solo i capi della Cei, ma anche i vescovi e i sacerdoti. L’idea è quella di celebrare in ogni diocesi la giornata delle carceri per promuovere l’attenzione di tutto il territorio – dalla politica alla comunità cristiana alle istituzioni – verso il mondo delle carceri”.

Don Raffaele, vuole fare un augurio ai giovani detenuti, ma anche agli adulti, per la Pasqua? 

“La Pasqua è la festa della liberazione. La prima cosa che vorrei augurare a tutti i detenuti è di riprendere in mano la loro vita e di riconquistare la loro libertà interiore. Vorrei augurare loro di poter riabbriacciare quanto prima i loro cari, di poter tornare alle loro case per poter continuare la loro vita rinnovata”.

Manuela Petrini: