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Gli oceani e la vita sulla Terra: la necessità del World Oceans Day

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L’8 giugno si celebra la Giornata mondiale degli Oceani, elemento fondamentale per la vita sulla Terra. Questa unica e immensa massa d’acqua, che copre circa il 70% della superficie del pianeta, ne regola le condizioni climatiche e metereologiche, partecipa al ciclo idrologico – uno dei cicli vitali – ed è l’habitat di miliardi di forme di vita, da quelle infinitamente piccole a quelle grandi e imponenti.

L’idea di istituire il World Oceans Day risale alla Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite – conosciuto come “Summit della Terra” – svoltasi a Rio de Janeiro, in Brasile, nel 1992. L’iniziativa è stata poi riconosciuta dall’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu) nel 2008 e giunge oggi alla sua tredicesima edizione.

Edizione che cade in un anno speciale. Il 2021 è infatti l’anno di lancio della Ocean Decade, ovvero il piano Onu di tutela e valorizzazione degli oceani di durata decennale. Il programma è nato nel 2017  su iniziativa della Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco, l’agenzia delle Nazioni unite che promuove l’educazione, la scienza e la cultura tra le nazioni.

Gli oceani sono minacciati dagli effetti del cambiamento climatico e dall’inquinamento. Del loro “stato di salute”, di questa giornata mondiale e dell’importanza dei mari per l’umanità InTerris ne ha parlato con il direttore della sezione di Oceanografia dell’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale di Trieste Cosimo Solidoro.

Qual è il senso di un evento del genere?

E’ un’iniziativa quanto mai opportuna, l’oceano e il mare sono importanti per la vita, per l’umanità e per il benessere, ma sono una realtà poco conosciuta. Sono più “lontano da casa” rispetto i boschi, per esempio, che vedo e dove posso passeggiare. Il mare lo posso vedere se vivo vicino alle coste e comunque vedo solo la superficie, inoltre non ci posso passeggiare all’interno. Gli oceani sono dei grandi sconosciuti, se ne ha un’idea molto vaga e c’è ancora molto da esplorare.

Perché gli oceani sono così importanti?

L’Organizzazione della Nazioni unite ha lanciato la “Decade degli oceani” dal 2021 al 2030, gli oceani sono fondamentali per il funzionamento dell’ecosistema globale. Creano le condizioni di base del pianeta: definiscono le condizioni climatiche e meteorologiche del pianeta, assorbono il calore presente nell’atmosfera, insieme al sole – il motore primo di tutto ciò che succede sulla Terra –  e alla sua energia che fa evaporare l’acqua danno vita a ciclo idrologico. Nell’acqua poi c’è la vita, ci sono macro e microrganismi come il fitoplancton che tutti insieme, sono miliardi, fanno una fotosintesi molto importante. Si pensa che circa metà dell’ossigeno sulla Terra sia stato prodotto da questi processo.

Quali sono le principali minacce per gli oceani e ciò chi li abita?

Sono tanti e diversi, ma insieme concorrono ad avere un impatto cumulato. Il cambiamento climatico significa aumento della temperatura e maggiori eventi estremi, come le ondate di colore –  accadono pure in mare e ne soffrono maggiormente le forme di vita che non possono mettersi al riparo. L’acidificazione significa più CO2, anidride carbonica, in acqua cioè più carbonio nel mare e questo rende più difficile la vita a quelle forme di vita con guscio calcareo. L’inquinamento sono i metalli pesanti, come il mercurio, e cose più recenti come le medicine e le plastiche. La sfida contro l’inquinamento dovuto alla plastica, secondo una mia personale opinione, pensiamo di vincerla grazie alle nostre tecnologie ma ritengo che la sola tecnologia non sia sufficiente, servirebbe un cambiamento del nostro modo di vivere.

Chi si deve assumere la responsabilità di salvaguardare gli oceani?

Servono dei meccanismi di pianificazione e di gestione comune perché il mare è unico. Il mare non ha confini, ciò che succede in Italia può avere ripercussioni in Croazia, oppure col passare del tempo può avere effetti sulle coste africane.

In termini di sostenibilità ambientale, sulla terraferma si parla di green economy e di tecnologie “verdi”. Cosa sono invece le cosiddette tecnologie “blu”?

Sulla terra abbiamo fatto crescere la qualità della vita degli esseri umani ma compromettendo l’ambiente, col mare dobbiamo partire con il piede giusto. Una tecnologia “blu” è per esempio sfruttare l’energia del moto ondoso. Le onde spostandosi generano movimento che tramite appositi apparecchi genera corrente elettrica. Un’altra è l’acquacultura (l’allevamento di pesci, crostaceo o molluschi e altri organismi acquatici in ambienti confinati e controllati dall’uomo, ndr), non fatta però con il criterio della massima resa e del poco rispetto per la natura.

Come si possono tutelare gli oceani?

Tutto in mare avviene più lentamente, se si mettono in atto adesso delle politiche per creare una situazione migliore non ci si può aspettare che queste abbiano un effetto immediato. Bisogna dare il tempo alla medicina di fare il suo effetto. Le politiche possono essere di tipo diverso, alcune possono puntare ad agire sulle cause piuttosto che sugli effetti. Se si modifica il tasso delle emissioni di anidride carbonica avremo un clima migliore e una minore acidificazione degli oceani. Se non gettiamo la plastica in strada di conseguenza ne avremo di meno negli oceani. Ci sono poi delle politiche di conservazione, come le aree marine protette. Personalmente prediligerei un approccio prudente, meglio non fare qualcosa piuttosto che farla, anche perché sappiamo molto poco di come può reagire l’ecosistema marino.

Lorenzo Cipolla: