Era il 1972 quando un camion, che in teoria avrebbe ovuto trasportare macchine da cucire, ha un incidente sotto il tunnel del Monte Bianco. Si scoprirà che nascosti al suo interno viaggiavano da giorni 28 persone originarie del Mali che erano dirette in Francia nella speranza di un lavoro e di migliori condizioni di vita. Tutti persero la vita nello schianto. Questa tragedia fu la scintilla che portò, nel 2000, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a proclamare il 18 dicembre la Giornata internazionale per i diritti dei migranti.
Le tappe
Nel 1979, ben 7 anni dopo il tragico incidente, l’Assemblea Generale dell’Onu istituisce un gruppo di lavoro con l’obiettivo di di redigere un documento che includa le posizioni dei Paesi di provenienza dei migranti e quelle dei Paesi di arrivo. Il 18 dicembre 1990 la Convenzione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle famiglie vede la luce. Entrerà in vigore nel 2003, esattamente 20 anni fa, al raggiungimento del numero minimo di ratifiche previste. La Convenzione riconosce la specifica situazione di vulnerabilità dei lavoratori migranti e promuove condizioni di lavoro e di vita dignitose e legittime. Fornisce, inoltre, una guida per l’elaborazione di politiche nazionali in materia di migrazione basate sul rispetto dei diritti umani e propone una serie di disposizioni per combattere gli abusi e lo sfruttamento dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie nel corso del processo migratorio.
L’intervista
Interris.it ha intervista Paolo Ramonda, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi.
I migranti che arrivano in Italia e in Europa, vedono riconosciuti tutti i loro diritti?
“Va ribadito, ancora una volta, che il migrante è una persona e come tale gli devono essere riconosciuti tutti i diritti che spettano a ogni altro uomo, donna o bambino che vivono su questa Terra. In questo tempo, vediamo che le migrazioni si verificano a causa delle guerre, delle carestie, della siccità, degli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici. Oggi più che mai siamo interpellati da questo migrare, dobbiamo inziare a ragionare pensando che viviamo in una ‘casa comune’, come ben sottolinea Papa Francesco nella Laudato si’, bisogna guardare oltre i confini nazionali. Ci si salva insieme”.
Perché l’Europa sembra così restia nell’impegnarsi a riconoscere i diritti ai migranti e ai lavoratori migranti?
“L’Europa, che tra l’altro ha radici cristiane, forse ha dimenticato quanto diceva San Giovanni Paolo II, ossia la necessità di ritrovare l’umanesimo integrale, l’attenzione alla persona. Non si possono accogliere i migranti solo quando c’è un interesse, l’Europa deve promuovere il benessere e il progresso anche nel continente africano. Bisogna ridare ciò che è stato tolto. L’Europa deve impostare dei tavoli di dialogo e collaborazione a livello internazionale. Il fenomeno delle migrazioni è molto complesso e va governato, ma può ancora avere un ruolo importante”.
Purtroppo, ancora oggi vediamo morire persone nel Mar Mediterraneo e sulla rotta balcanica. Come evitare queste tragedie?
“Non dimentichiamo quanti passano mesi o anni nei campi profughi di alcuni Paese dove subiscono violenze e torture. Penso che dovremmo aumentare la cooperazione internazionale. Bisogna sostenere i Paesi di origine, affinché ci siano più risorse e sviluppo. Dall’altro lato, è necessario però garantire un’accoglienza vera a chi arriva, sia in Italia sia in Europa. E’ fondamentale che queste persone riescano ad inserirsi e a trovare un lavoro affinché possano davvero ricostruire la loro vita”.
Come fare per essere davvero inclusivi verso il prossimo?
“L’altro è parte della nostra stessa umanità. Dobbiamo ricordare sempre ciò che dice Gesù nel Vangelo di Matteo: avevo fame, avevo sete, ero forestiero e mi avete dato da mangiare, da bere e mi avete accolto. Dare una risposta ai bisogni essenziali e fondamentali. I governi devono lavorare affinché ci siano delle leggi giuste ed eque, ma devono fare presto, perché le persone continuano ad avere fame, sete e a morire per scappare da guerre e miseria”.