C’è l’Africa nel Dna della Chiesa. La mezzaluna fertile, il Nord Africa ha avuto le prime
comunità che hanno fecondato tutta l’Europa. Ora in quei posti rimangono piccole comunità. E sono quelle che, in dialogo con altre religioni, porteranno la pace e la stabilità nella visione di Francesco. Non a caso Papa Francesco ha voluto aprire l’Anno Giubilare (ancor prima che a Roma, a San Pietro) nella cattedrale di Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana. Un segno denso di significato per il futuro della Chiesa tutta. La Giornata mondiale dell’Africa rievoca oggi un giorno importante per la storia del continente. Era il 25 maggio del 1963. I leader di 30 dei 32 stati indipendenti del continente firmarono lo statuto ad Addis Abeba in Etiopia. Nasceva così l’Organizzazione dell’Unità Africana. Per l’occasione Interris.it ricostruisce il legame profondo che lega Francesco e Benedetto XVI al continente del futuro. Jorge Mario Bergoglio si interessa tanto dell’Europa quanto dell’Africa e dell’America. Quella del Nord come quella del Sud. La sua esperienza da vescovo nelle periferie geografiche ed esistenziali è utile a pastori e fedeli occidentali. Nei suoi viaggi in Africa Francesco è stato sorpreso a sua volta dal modo africano di celebrare. Un poderoso richiamo a spostarsi da un piano di contenuti e categorie teologiche a quello di un metodo. Ossia il discernimento dei segni dei tempi. E l’aggiornamento attraverso il quale le giovani Chiese africane approdano a nuove elaborazioni pastorali.
Dinamismo
I viaggi di Francesco in Africa sono da leggere nella prospettiva di una Chiesa che si fa vicina senza paura a chi soffre. Come una madre ai suoi figli. Il Papa coglie una missione della Chiesa per il mondo e nel mondo. Non solo una Chiesa che parla ai “suoi”. E in Africa il Pontefice ha voluto aprire l’Anno Santo straordinario della misericordia. In un paese poverissimo e travagliato dalla guerra come il Centrafrica. Nel suo magistero Papa Francesco parte da una constatazione. Le Chiese africane (al pari di quelle asiatiche e latino-americane) hanno una caratteristica. Ossia quel dinamismo che nel vecchio continente sembra essere andato perduto. L’Europa ha solide strutture. Create pazientemente nei secoli. Ma i cattolici temono di perderle. Mentre hanno smarrito molto dello slancio missionario. Le Chiese “nuove” dell’Africa, invece, hanno poco da perdere. Spesso conoscono direttamente la persecuzione. E il martirio. Come all’inizio del cristianesimo. Sono molto più creative. Sono continenti in costruzione. In Europa le Chiese appaiono molto sulla difensiva. Sulla preservazione dell’esistente. Sembrano meno fiduciose sull’opera di Dio nella storia. E certamente Francesco è simbolo di questa vitalità. E dello spirito che più che della esatta formulazione dogmatica, tanto cara agli europei, si preoccupa della traduzione in azione e testimonianza del messaggio evangelico.
Le chiese giovani
Da uomo di azione e di pensiero Benedetto XVI ha scritto fondamentali
encicliche sul mondo che verrà. E ha posto i temi della povertà, dell’Africa, dei giovani. Nel Ratzinger vescovo in Baviera c’era già il Ratzinger Papa che mise l’Africa al centro della geopolitica vaticana. Le Chiese “giovani”, secondo l’allora arcivescovo e cardinale di Monaco “hanno impresso nel cuore della Chiesa l’esistenza della povertà. Della fame. Dell’ingiustizia. In un modo così profondo da non lasciarci più tranquilli. Da farci desiderare che nuovamente a tutti siano presenti le parole del Magnificat.’Ha rovesciato i potenti dai troni. Ha innalzato gli umili'”.
Senso dell’universalità
In altre parole, secondo Joseph Ratzinger “hanno ridestato in noi l’urgenza di una conversione all’amore. Alla lotta per la giustizia. E ci hanno fatto comprendere una necessità. Quella che nelle nostre comunità viva molto di più il senso dell’universalità. Della cattolicità della Chiesa“. Da Pontefice dedicò all’Africa un Sinodo dei vescovi. E due dei suoi più significativi viaggi apostolici all’estero. La visita in Benin. E quella in Camerun e Angola. “Le Chiese del terzo mondo hanno richiamato alla nostra attenzione quegli elementi profetici e familiari– disse da arcivescovo di Monaco di Baviera-. Quegli elementi, cioè, che arrischiavano di venir meno nella loro vivezza“. Il governo episcopale a Monaco fu, quindi, in tutto, preludio alla missione “africana” sul Soglio di Pietro. In Africa (come in altre Chiese giovani) la fede cristiana,
arrivata più di recente, ha favorito lo svilupparsi di una liturgia che risulta più vivace. Espressione di un desiderio di fare comunità più sentito. Con un ruolo dei catechisti e dei laici più sviluppato. Il futuro ha un cuore antico in Africa.