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Giorgio Farroni: campione paralimpico di ciclismo e simpatia

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“Sono felicissimo. Una vittoria che dedico a me stesso e alla mia famiglia”. Sono queste le prime parole, a caldo, di Giorgio Farroni subito dopo la conquista della medaglia d’argento. Il 31 agosto, ai Giochi Paralimpici di Tokyo, il 44enne di Fabriano si è infatti piazzato al secondo posto nella gara a cronometro categoria T1-T2 con il tempo di 27’ 49” 78, alle spalle soltanto del cinese Chen Jianxin che ha vinto con 25’ 00” 32.

Giorgio Farroni in bici

La medaglia d’argento per il fabrianese è un grande risultato, ma non certo il primo. Giorgio è infatti un veterano delle paralimpiadi: questa è la quinta partecipazione per il 44enne dopo Sydney 2010, Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016. “Dopo il bronzo a Pechino e l’argento a Londra, a Rio non ero salito sul podio; ma oggi sono tornato il Giorgio di sempre”. Vincente. Nonostante abbia dalla nascita una disabilità, nello specifico la distonia emiplegica destra, patologia neurologica caratterizzata dalla paralisi parziale della metà destra del corpo.

A 14 anni subisce tre interventi di denervazione alla mano e al braccio destro che gli permettono di dedicarsi più concretamente all’attività sportiva e coltivare la sua passione per la bicicletta, che, in un primo momento, è indirizzata verso la mountain bike. La sua carriera da biker prosegue per 8 anni con il “Gruppo Sportivo Mtb Fabriano”.

A 22 anni Giorgio decide di dedicarsi alle gare su strada ed entra a far parte del mondo del Ciclismo Paralimpico, specializzandosi nelle gare su strada e nella cronometro, categoria MT2. Tesserato con il “Gruppo Sportivo Forestale”, dopo solo un anno di attività ottiene la convocazione da parte del CT azzurro, Mario Valentini, e partecipa alle Paralimpiadi di Sydney 2000, raggiungendo il 9° e il 10° posto nelle gare rispettivamente su strada e cronometro. Da subito padroneggia il panorama italiano conquistandosi, negli anni, decine di titoli italiani tra gare su strada e cronometro e divenendo più volte campione del mondo.

L’intervista a Giorgio Farroni

Giorgio Farroni non è solo un campione olimpico, ma è anche un vulcano di energia e di simpatia, come è facile desumere dalle parole rilasciate da Tokyo poco dopo la conquista della sua (nuova) medaglia nella quinta olimpiade.

Giorgio, qual è stata l’emozione provata nel vincere la medaglia d’argento, la 39° per l’Italia alle paralimpiadi di Tokyo?
“E’ stata un’emozione fortissima. Sono appena rientrato in albergo e mi sento davvero bene. E’ il risultato del tanto lavoro fatto in questi ultimi due anni. Anche durante il lockdown ho lavorato moltissimo sia su me stesso, sia a livello tecnico. Ho sfruttato lo stop delle gare per migliorarmi e perfezionarmi sulle piccole cose. Oggi ho raccolto il frutto del mio lavoro: è stato come dare l’ultimo esame dopo mesi e mesi di studio. Sono felicissimo!”.

Qual è stato l’ultimo pensiero prima della partenza?
“Pensavo solo a fare bene. Ero molto concentrato nel ripassare il percorso, comunque difficile. Sapevo di aver lavorato tanto e bene; nei test finali la gamba rispondeva bene, perciò pensavo solo a dare il meglio di me e sperare che gli altri facessero un po’ peggio di me! [ride, ndr]. Fortunatamente, è venuto fuori qualcosa di bello, anche se non bellissimo perché non ho vinto, sono arrivato secondo. Essendo un perfezionista, non mi accontento mai!”.

Quale è stato il primo pensiero superato il traguardo? A chi ha dedicato la vittoria?
“A me stesso. E alla mia famiglia, ovviamente; ma questo è scontato!”.

Perché? Quanto è importante la sua famiglia?
“E’ fondamentale. In tutti questi anni, è stato importantissimo per me avere la mia famiglia che mi ha appoggiato nei momenti di difficoltà, mi ha accompagnato alle gare e, crescendo, non mi ha visto per tanto tempo perché mi allenavo e gareggiavo lontano casa”.

Torniamo a Lei. Perché si dedica questa vittoria?
“Per il tanto lavoro che ho fatto in questi anni, e ne ho fatto tantissimo, e per le tantissime rinunce che deve fare un atleta se si prefigge di gareggiare a livello agonistico e, magari, di arrivare alle Olimpiadi. Sono stati anni faticosi e ora, questa medaglia al collo, voglio un po’ godermela [ride di nuovo, ndr]!”.

Giorgio Farroni Campione del Mondo a cronometro nella categoria di disabilità T1. 3 agosto 2018 (Fonte: CentroPagina)

Come si svolgono i suoi allenamenti?
“Mi alleno a casa mia, nelle Marche. Faccio gli stessi allenamenti che svolge un professionista di ciclismo normodotato. Inoltre, sto attento all’alimentazione e a non avere stravizi”.

Prossimo obiettivo?
“La gara di giovedì! Sono preparato ma è una gara difficile, perché è un percorso pericoloso. Farò del mio meglio, poi andrò in vacanza”.

Perché dice che il percorso è pericoloso?
“Perché corriamo ad altissima velocità. Anche nella gara di martedì diversi corridori sono caduti, senza per fortuna ferirsi gravemente. Nel percorso della prossima gara ci sono molte salite e discese, alcune particolarmente ripide. Con numerose curve. Un conto è fare quelle strade per guardare i fiori che crescono [e ride di nuovo, ndr], un altro conto è farle a tutta velocità. I rischi sono sempre dietro l’angolo perché corriamo sempre al limite”.

Come avvenuto per Alex Zanardi, che Lei conosce bene…
“Sì. Sia io sia gli altri atleti portiamo Alex in questa Paralimpiade nei nostri cuori. Anche se anni fa abbiamo lavorato insieme, era un po’ di tempo che non lo sentivo. Purtroppo, non so come stia davvero, le notizie mi arrivano solo dai media. Spero tanto che si riprenda del tutto”.

Alex Zanardi e, a destra, Giorgio Farroni (Fonte: CentroPagina)

Qual è l’importanza delle paralimpiadi?
“Noi atleti presenti in questa paralimpiade siamo solo la punta dell’iceberg: le persone disabili che fanno sport sono numericamente molte di più, magari a livello amatoriale. Noi siamo il volano per far vedere che anche con una disabilità più o meno grave, è possibile fare tutto, anche raggiungere il podio più alto nella principale kermesse agonistica del mondo, per di più in mondovisione. Vedere noi atleti in tv potrebbe stimolare altri ad uscire dal guscio della propria timidezza e forse dalla paura di non riuscire”.

Quanto lo sport l’ha aiutata nella vita?
“Lo sport mi ha insegnato a vivere: faccio sport da quando sono nato. Ho infatti iniziato a tre mesi, quando mia madre mi portava a fare riabilitazione. Poi ho proseguito e ho iniziato a fare gare agonistiche con i cosiddetti ‘normodotati’ (che a volte tutto sono meno che normali!) [e ride insieme all’intervistatrice, ndr] poi ho scoperto lo sport paralimpico e mi sono impegnato con tutto me stesso nel cercare di raggiungere i miei obiettivi. Lo sport mi ha aiutato a vivere e a reagire positivamente alle difficoltà. Mi ha insegnato la resilienza che per me significa impegnarsi e non mollare mai. Grazie allo sport, non mi ha mai pesato avere una disabilità. Sto bene con me stesso. Credo che questo sia il miracolo che lo sport può fare nella vita delle persone, in qualunque situazione si trovino”.

Milena Castigli: