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Giordano (Ispra): “L’adattamento al cambiamento climatico è indispensabile”

Nel 2024 la temperatura mondiale ha superato il tetto di +1,5° rispetto alla media preindustriale, occorrono quindi politiche di adattamento agli effetti del cambiamento climatico. Francesca Giordano, ricercatrice dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), spiega a Interris.it alcune soluzioni per città resilienti

Le città sono sistemi molto vulnerabili ai cambiamenti climatici e al tempo stesso ne sono una delle cause, per via delle emissioni di gas serra. Chi vive oggi nei grandi centri urbani deve fare i conti con il caldo e la mancanza o l’eccesso di acqua”, dice a Interris.it la ricercatrice dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) Francesca Giordano. Nel 2024 il mondo ha superato il tetto degli 1,5 gradi al di sopra della media della temperatura preindustriale, limite “simbolo” fissato agli Accordi di Parigi un decennio fa, e l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico, oltre alla mitigazione delle cause (come l’abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra), si fa ancora più impellente. I centri abitati devono essere resi resilienti, cioè in grado di rispondere a temperature molto elevate o scarsità di pioggia, in alternanza a precipitazioni molto intense, per garantire la qualità della vita dei cittadini. Le soluzioni esistono e Giordano ce ne ha illustrate alcune.

L’intervista a Francesca Giordano

Come gli effetti del cambiamento climatico impattano sulla vita nelle città?

“Le temperature medie aumentano, nelle città fa sempre più caldo e si manifestano estremi climatici come le ondate di calore. Dal punto di vista dell’acqua, invece, le precipitazioni giocano un duplice ruolo, infatti si alternano periodi di scarsità della risorsa idrica e precipitazioni molto intense, concentrate in periodi di tempo molto brevi”.

Perché le città sono vulnerabili?

“C’è poco verde, che contribuisce a contrastare le ondate di calore e facilita l’assorbimento dell’acqua nel terreno, evitando così gli allagamenti. Inoltre, la cementificazione contribuisce a determinare il fenomeno delle isole di calore urbano, che avvertiamo in estate soprattutto nelle grandi città. Il cemento e l’asfalto assorbono il calore e lo rilasciano, creando differenze di temperatura fino a 4-5 gradi tra centro e fuori città”.

Come si possono contrastare questi fenomeni?

“C’è un livello in capo alle amministrazioni che governano il territorio, ai Comuni spetta il compito di rendere le città resilienti al cambiamento climatico, cioè in grado di risponderne agli effetti. Si può incrementare la dotazione del verde per sfruttare i benefici offerti dalla vegetazione che rinfresca e fa ombra, creando un microclima benefico per le persone. A loro volta i cittadini possono limitare l’uso dell’aria condizionata, migliorando l’efficienza energetiche delle loro case, e prestando attenzione alle allerte, soprattutto le fasce più a rischio, per proteggersi dalle temperature elevate o evitare pericoli in caso di precipitazioni intense”.

Perché è importante farlo?

“A livello internazionale l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico viene considerato indispensabile tanto quanto mitigarne le cause, visti gli impatti sempre più intensi se non si riuscisse a ridurre i livelli di gas serra”.

Ci può fare qualche esempio di intervento?

“Il Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con il supporto scientifico di Ispra, prevede per le città di oltre 60mila abitanti il finanziamento di iniziative come forestazione urbana, barriere alberate, strutture ombreggiate, come anche quelle per la depavimentazione, cioè rimuovere superfici artificiali per riconsegnare al territorio la sua capacità di assorbimento dell’acqua, o sostituirle con pavimentazioni più drenanti o che integrino vegetazione e tecnologia. Ancora, si possono installare o utilizzare superfici riflettenti per contrastare le isole di calore, e l’edilizia sostenibile, come i tetti vegetati per ridurre l’impiego dei sistemi di condizionamento. Ci sono poi le cosiddette piazze d’acqua, spazi pubblici che si prestano a essere aree ricreative e d’incontro ma che quando piove diventano bacini di accumulo dell’acqua, da utilizzare quando poi scarseggia”.

A che punto sono nel nostro Paese politiche del genere?

“L’Italia è abbastanza indietro rispetto ad altri Stati europei, ha avviato da dieci anni il percorso con la Strategia nazionale di adattamento al cambiamento climatico che indica una serie di azioni da compiere. Il passo più importante è stato l’approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) che prevede anche un osservatorio nazionale quale struttura di governance su questi temi. Metterà intorno a un tavolo tutti i ministeri competenti e i diversi livelli di governo, regionale e locale, per integrare il portfolio di cose da fare. Attualmente siamo in attesa che venga istituito”.

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