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Gaza, le conseguenze della guerra sulla popolazione civile

La drammatica situazione umanitaria della Striscia di Gaza raccontata a Interris.it dal dott. Danilo Feliciangeli, referente di Caritas italiana per il Medioriente

Il conflitto divampato nella Striscia di Gaza dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 perpetrato da Hamas contro i civili israeliani ha reso ancora più grave un’emergenza mai risolta. Ad oggi, a Gaza, la popolazione ha un disperato bisogno d’aiuto. Basti pensare che, all’interno della stessa, risiedono 2,3 milioni di persone, metà delle quali sono bambini e, la situazione umanitaria e sanitaria, recentemente segnata dal ritorno della poliomielite dopo oltre un quarto di secolo, si sta aggravando sempre di più. Interris.it, in merito all’attuale situazione nell’area e alla condizione umanitaria della popolazione civile, ha intervistato il dott. Danilo Feliciangeli, referente di Caritas italiana per il Medioriente.

Gaza
Foto di Emad El Byed su Unsplash

L’intervista

Dott. Feliciangeli, qual è la situazione nella Striscia di Gaza sotto il profilo umanitario e sanitario?

“La situazione umanitaria e sanitaria nella Striscia di Gaza, purtroppo, sta peggiorando. La sanità locale, fin dai primi momenti, ha subito le conseguenze più gravi di questa guerra in quanto, molti presidi sanitari, sono stati presi di mira dall’intervento israeliano con il timore che fossero diventati delle basi per i terroristi di Hamas. I danni subiti pertanto, sono stati enormi: ciò significa che il 60% della capacità sanitaria di Gaza è venuto meno. Ci sono stati più di 700 morti tra il personale sanitario, diversi feriti e molti di loro hanno cercato di lasciare il Paese. Tale situazione disastrosa sta portando a diverse conseguenze, come il recente focolaio di poliomielite, una malattia che non era più presente da venticinque anni, è tornata colpendo un bambino di soli dieci mesi e, a seguito di ciò, pochi giorni fa, è iniziata l’attività di vaccinazione. Questo ci dà un’idea della tragedia che si sta vivendo.”

Come si sta connotando l’operato di Caritas sul campo per assistere la popolazione civile?

“L’aspetto sanitario è uno dei nostri focus principali. Siamo a Gaza con i colleghi di Caritas Gerusalemme e, 74 di loro, sono operativi sul campo. I grandi ambiti di intervento sono tre e, il primo, è proprio quello sanitario.  Abbiamo nove punti medici in tutta la Striscia di Gaza: uno a Gaza City e gli altri al di sotto del fiume che divide in due la Striscia. Di questi, attualmente, solo sette sono operativi con quattordici team medici a causa delle condizioni di sicurezza. Essi, oltre a ricevere i pazienti nei poliambulatori, intervengono anche fuori, offrendo servizi di prima diagnostica, somministrazione di medicinali, terapie e cure, anche non di prima emergenza, Come la cura dei traumi portati dalla guerra e il follow up dopo gli interventi chirurgici. Oltre a ciò, operiamo nell’ambito dell’assistenza psicologica ai bambini, in cui si offrono attività terapeutiche e di gruppo per cercare di far superare loro i traumi della guerra.”

Gaza
Gaza. Foto di Emad El Byed su Unsplash

In che modo agite nell’ambito dell’assistenza primaria?

“Operiamo nell’ambito dell’assistenza primaria, ovvero il supporto per il reperimento di generi di prima necessità, la quale viene fatta soprattutto attraverso un sistema di distribuzione di denaro con carte elettroniche ricaricabili, al fine di permettere alle persone di comprare ciò di cui hanno bisogno. Questo perché, al livello logistico, è molto più semplice in quanto, le persone, possono acquistare ciò di cui necessitano sul mercato locale, secondo quello che si riesce a reperire. Purtroppo, però, in questa fase, moltissimi beni non si trovano più oppure ci sono prezzi altissimi in conseguenza dell’assedio e della chiusura che, la Striscia di Gaza, sta subendo dal sette ottobre 2023.”

Quali sono i suoi auspici di pace per il futuro?

“C’è un bisogno immediato di un cessate il fuoco. I morti di questa guerra sono oltre 40 mila e il livello di distruzione ha raggiunto livelli inimmaginabili. Per iniziare un processo di pace è importante che cessi la violenza e vengano rilasciati il prima possibile tutti gli ostaggi ancora detenuti da Hamas. Spero che, tutti, possano dare il loro contributo per un processo di pace in cui si riesca a superare le differenze. È importante guardare all’altro non come un nemico ma come una vittima di ciò che sta succedendo. La pace sarà possibile grazie alle persone e ai popoli che si incontreranno.”

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