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L’ampio fronte contrario al ddl Zan

Nel dossier "Report sulle violazioni delle libertà fondamentali" stilato da Pro Vita & Famiglia sono elencati alcuni limiti dell'adozione di leggi anti-omotransfobia all'estero

Il fronte contro il ddl Zan è sempre più ampio e diversificato e annovera tra le sue fila associazioni familiari, femministe, vescovi italiani, voci del pensiero liberale e persino numerosi esponenti del mondo Lgbt che reputano il disegno di legge contro l’omotransfobia una misura inutile e liberticida.

Il testo è al vaglio della Commissione Giustizia del Senato dove in queste settimane sono in corso le audizioni di esperti di vari settori che espongono il loro parere ai parlamentari. Tra questi anche molte conoscenze di InTerris, tra cui il neurochirurgo e presidente del Family Day Massimo Gandolfini e Suor Monia Anna Alfieri – che fa parte della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI – la quale ha evidenziato come il ddl Zan limita la libertà di espressione, di scelta educativa dei genitori e di insegnamento dei professori.

L’identità di genere

Alle audizioni hanno preso parte anche molte femministe che esprimono timori soprattutto in merito all’articolo 1 del ddl Zan che introduce il concetto di identità di genere slegato dal sesso biologico. Il ragionamento da cui partono le femministe è che se tutto può definirsi donna allora niente e più donna e che prerogative della femminilità come la maternità e la gravidanza non possono essere relativizzate in nome di una tolleranza dal sapore ideologico. Le derive di atleti trans nelle categorie per le donne e di uomini che usufruiscono di bagni e spogliatoi femminili sono solo alcuni esempi di leggi che introducono la cosiddetta self Id.

Il dossier

Ma come le leggi anti-omotransfobia mettono in pericolo una serie di libertà fondamentali, quali la libertà di espressione del pensiero, di religione, di associazione e la libertà d’iniziativa economica privata? A questa domanda ha dato una risposta il primo Report sulle violazioni delle libertà fondamentali, stilato da Pro Vita & Famiglia e presentato ieri alla Sala Nassiriya del Senato. In questo documento sono elencati centinaia di esempi di quello che accade nei Paesi dove vigono leggi anti-omotransfobia simili a quella proposta in Italia.

Si tratta, per esempio, di casi di violenza, abusi e altre violazioni dei diritti delle donne dovuti all’imposizione del transgenderismo. “Ci sono persone denunciate, censurate o attaccate per la loro contrarietà alla partecipazione di maschi trans alle competizioni sportive agonistiche femminili o all’ingresso di maschi biologici nei bagni o negli spogliatoi delle donne”, ha spiegato Jacopo Coghe, vice presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, che ha presentato il documento insieme ai parlamentari Simone Pillon, Lucio Malan e Isabella Rauti e alla collega, membro del direttivo della onlus, Maria Rachele Ruiu.

Scuole gender-neutral

Sono la scuola e i bambini a preoccupare e ad avere un’attenzione speciale nel Report. Maria Rachele Ruiu ricorda che “le scuole di Melbourne sono state invitate a non esprimersi più con i termini “mamma” o “papà” in modo tale da essere più “inclusive di genere”. Così come bagni unisex, squadre sportive non-gendered e l’esposizione di bandiere arcobaleno sono tutte pratiche raccomandate per migliorare l’inclusività. “L’Istituto scolastico Deanesfield Primary School – ha aggiunto – ha adottato la policy dei bagni gender-neutral. Le ragazze così si sono viste costrette a non andare a scuola per non condividere i bagni con i maschi”. Un onda lunga che sta arrivando anche in Italia dove alcune scuole già propongono la cosiddetta carriera Alias (identificarsi con un altro sesso) e bagni gender-neutral, progetti gender che decostruiscono il maschile e il femminile a beneficio dell’identità fluida, progetti che lodano l’utero in affitto.

Carceri e competizioni sportive

“Esiste poi tutta una problematica relativa alle carceri e allo sport. “Karen White, maschio di 52 anni che si identifica come donna – ha aggiunto Coghe – incarcerato in una struttura per donne ha abusato sessualmente di due detenute donne. Ed è da sottolineare il caso di Boyd Burton, divenuto Fallon Fox, “campionessa” di arti marziali, trans, che finora ha combattuto come donna e ha dichiarato in un recente tweet indirizzato anche all’autrice dei libri della saga di Harry Potter, la scrittrice inglese J.K. Rowling, di aver fratturato il cranio di una sua avversaria”.

Gli interventi dei politici

Dopo i promotori del dossier sono intervenuti i politici che hanno confermato l’impegno per fermare un testo molto divisivo per la stessa maggioranza di governo. Il senatore Pillon (Lega) ha elencato le decine di possibili definizioni di identità di genere per evidenziare la necessità di un “ritorno al buon senso”.

Mentre Malan (Forza Italia) ha messo in evidenza che “ogni persona è diversa dalle altre e bisogna accettare questa realtà, questo si dovrebbe insegnare nelle scuole. Ognuno ha la sua specificità di essere umano e gli esseri umani sono maschi e femmine”. A giudizio del senatore azzurro i sostenitori del ddl Zan “vogliono l’intimidazione, attraverso il rischio del carcere e a volte il carcere proprio, di chi non accetta l’imposizione di questa ideologia”. Ha aggiunto inoltre che “questa legge porta alla costituzione di una sorta di polizia politica in tutte le aziende. Chiunque riterrà di poter rivendicare qualcosa, se lo assocerà alla propria identità di genere avrà delle tutele speciali a scapito di tutti gli altri”.

Rauti ha invece fatto osservare che “non ci sono vuoti legislativi da colmare” e che non emerge con sufficiente chiarezza la portata minacciosa rispetto alla libertà di pensiero e di espressione che il ddl Zan contiene. Secondo la parlamentare di Fratelli d’Italia il perimetro del reato lascia una discrezionalità amplissima al giudicante e oggi non sappiamo cosa potrebbe essere sanzionabile, probabilmente anche le cose che diciamo qui oggi. “Mi soffermo – ha detto ancora l’esponente di Fd’I – sull’aspetto specifico dell’identità di genere. Questo aspetto non solo va nelle aule giudiziarie dei tribunali dove il ddl vuole condurre tutti quelli che non si allineano. Soprattutto va nei luoghi dell’istruzione e se ne infischia della libertà educativa dei genitori”.

Intanto alcune crepe si registrano anche nel Partito Democratico e sul fronte progressista, il passaggio in Senato del ddl non è per nulla scontato, l’articolo 1 sull’identità di genere potrebbe essere il primo punto ad essere stralciato e con il ritorno del testo Camera tutto potrebbe accadere.

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