Un patto tra fisica e neuroscienze per scandagliare il cervello umano. Un innovativo sentiero di studi per scoprirne le cause del malfunzionamento. A tredici anni dalla pensione e a più di quattro decenni dalla prima laurea, il professor Randolfo Frattesi sta completando il suo nuovo cammino accademico. Per esplorare le neuroscienze. Un settore in cui la fisica entra sempre più nella medicina. E poter così aiutare Natan. E’ una appassionata testimonianza di dedizione alla scienza quella del professor Randolfo Frattesi, 74 anni. Docente in pensione di matematica e direttore del Museo diocesano di Jesi. Interris.it lo ha intervistato sul suo paradigma di studi per la lotta a malattie oggi incurabili. Come il Parkinson, Alzheimer e tutti i disturbi dello spettro autistico. Lo studioso si è nuovamente iscritto all’università per comprendere meglio suo figlio autistico Natan. Ora è in marcia verso la seconda laurea. Per amore del figlio e della scienza.Professor Frattesi a che punto è il suo nuovo percorso di studi? ”
“Sono giunto quasi a compimento del mio ciclo di studi per il conseguimento della laurea magistrale di Physics all’Università degli Studi di Camerino (Unicam). E ritengo utile offrire un resoconto dei risultati raggiunti finora. Non per una ricerca di fama o prestigio che alla mia età non ha più senso. Ma per mettere a disposizione questo contributo di conoscenza a chi vorrà proseguire nel tempo questo filone di approfondimenti. Il biennio curricolare di studi mi è servito come corso di aggiornamento. Ho voluto rimettermi in gioco. Ripercorrendo molte delle discipline affrontate da giovane per conseguire la mia prima laurea”.Come è stato il suo ritorno nel mondo accademico?
“A centrare la questione sono stati i due docenti con i quali ho fatto il colloquio per essere ammesso in facoltà. Prima hanno appurato che ne avevo diritto per i crediti acquisiti in passato. Poi io ho chiesto loro se dovevo ripetere gli esami già superati allora. Laconicamente ma con molto garbo, mi hanno risposto che in più di quarant’anni le cose in fisica si sono molto evolute. L’Unicam, in base alle statistiche, risulta essere una delle piccole università migliori al Mondo. E probabilmente la prima in Europa per le qualità fondamentali richieste agli atenei. E in effetti ho riscontrato in ciascuna cattedra preparazione e professionalità. Oltreché capacità di contatto umano e disponibilità a seguire gli studenti. Un’esperienza condivisa, pur nelle limitazioni imposte dalla pandemia, nei colloqui con i miei compagni di studio. Un rapporto edificante tra docenti e studenti che conferisce indubbiamente lustro all’università”.Qual è l’obiettivo dei suoi approfondimenti scientifici?
“Ripropormi per gli studi universitari è stato soprattutto un modo per studiare, attraverso la fisica, il cervello umano. La finalità di questo mio impegno è quella di tentare ad arrivare alle cause delle malattie inerenti al malfunzionamento della mente. Parkinson, Alzheimer e tutti i disturbi dello spettro autistico. Perché conseguire una seconda laurea proprio in Fisica? Perché questa disciplina si sta sempre più avvicinando alle neuroscienze. Ogni materia affrontata si appresta al mio scopo grazie anche al rapporto instaurato con i professori. Utilizzando poi la mia quarantennale esperienza di insegnamento ho applicato su me stesso ciò che esigevo dai miei alunni. Personalmente prima spiegavo, poi chiedevo ai miei ragazzi che ne facessero una relazione scritta. Volevo che raccogliessero in un quadernone le relazioni da loro elaborate e da me visionate. E quei testi potevano tenerli tranquillamente durante l’interrogazione. Se i contenuti dei quadernoni erano stati ben elaborati da loro, era pressoché impossibile che le interrogazioni potessero andar male”.Perché?
“Specialmente in fisica, se uno non ha studiato attraverso l’elaborazione dei concetti acquisiti, al momento dell’interrogazione, anche con la Treccani a disposizione, è difficile che possa fare una splendida figura. Per ogni materia ho studiato a fondo il programma del professore. Ne ho fatto diverse relazioni che man mano spedivo on line. Ogni insegnante mi invitava a seguire le proprie lezioni attraverso le loro aule virtuali. Cosa che per me era quasi impossibile perché loro parlano in inglese, come da regolamento in facoltà. Ai miei tempi delle medie e superiori, le lingue straniere si studiavano attraverso la grammatica, per mancanza degli insegnanti di madrelingua. A causa delle mie lacune nella pronuncia dell’ inglese, seguire la lezione on line, per me era molto difficoltoso. Allora preferivo sintetizzare i testi consigliati. Ed elaborare alcune delle infinità di pubblicazioni inerenti all’argomento trattato trovate in rete. Naturalmente di queste privilegiavo quelle edite dai miei professori. Sempre attinenti all’argomento della mia ricerca”.Quali sono i passi successivi?
“Una volta inviate le sintesi degli argomenti on line agli insegnanti e svolti i compiti da loro assegnati, mi sinceravo di essere pronto per sostenere l’esame. A quel punto l’insegnante stesso mi dava la possibilità di affrontare il colloquio su ulteriori relazioni da me scritte riguardanti il cervello umano. A partire dalle prime tre discipline fondamentali curricolari propedeutiche. Cioè Elettromagnetismo Avanzato, Avanzati Laboratori e Fisica Teorica. Insegnamenti indispensabili per addentrarsi nella fisica. Qui oltre allo stretto svolgimento del programma, non ho potuto molto dissertare. Però estremamente utili sono stati i consigli dei professori. Il docente di Elettromagnetismo Avanzato mi ha fatto comprendere come possono agire sul nostro cervello le forze in genere. Ma in special modo quelle elettromagnetiche”.
Può farci altri esempi?
“Il docente di Avanzati Laboratori mi ha permesso di comprendere i principi con i quali la strumentazione in nostro possesso possa indagare il corpo umano, quindi il cervello, Sono gli stessi principi che regolano la PET, la TAC, la Risonanza Magnetica, eccetera. Il professore di Fisica Teorica mi ha dato delle dritte per cambiare il piano di studi e sceglierne uno più attinente al mio scopo. Una delle materie consigliate è stata Meccanica Statistica. Il cui insegnante, che è anche professore di Fisica dei Materiali Leggeri, mi ha fatto indagare il cervello umano attraverso i principi della termodinamica. E, facendomi passare per l’entropia mi ha portato ad approfondire il funzionamento dei neuroni che porta all’intelligenza artificiale. Fondamentali sono i metodi statistici quali il modello denominato ‘Monte Carlo’. Per sottolineare l’importanza della materia dei Materiali Soffici, è utile riferirsi allo studio dei cristalli liquidi tuttora in evoluzione. Il professore di Ottica Quantistica è andato subito al sodo. Mi ha fatto applicare il programma per lo studio di come la fisica quantistica agisca sul cervello di certi tipi di uccelli e farfalle. In modo da far eseguire questi le loro migrazioni annuali attraverso il loro giusto orientamento. Naturalmente sfruttando il magnetismo terreste”.Questa è biofisica?
“Sì. Quando circa 50 anni fa preparavo l’esame di Fisica Nucleare, lo studio verteva in massima parte sulle reazioni nucleari, radioattività, eccetera. Oggi si parla di medicina nucleare. Fondamentale per la diagnostica, soprattutto dei tumori. Ma una risonanza magnetica opportunamente calibrata si può fare anche per la segmentazione del cervello umano. Per far vedere come le diverse zone del cervello si configurano in modo differente tra i soggetti sani e quelli affetti da disturbo autistico. Adesso il professore di Fisica Nucleare, per stare a spasso con i tempi, mi ha fatto fare un’analisi. Quella delle differenze tra l’energia prodotta dalle centrali nucleari e quella prodotta dai pannelli fotovoltaici. Anche dal punto di vista economico. Il professore di Intelligenza Artificiale (in inglese ‘Macchine per imparare’) mi ha permesso di svolgere il colloquio di esame relazionando su un suo articolo. Pubblicato insieme con suoi colleghi scienziati cinesi. Dove utilizza algoritmi matematici molto avanzati (soprattutto le matrici) per dimostrare come l’afflusso di ossigeno che arriva nel nostro cervello possa essere diverso tra persone sane e quelle affette da autismo”.