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Fra Marco Moroni: “Francesco, un santo del suo tempo che ha rinnovato la Chiesa”

In occasione della solennità francescana del 4 ottobre, l’intervista di Interris.it a fra Marco Moroni, custode del Sacro convento di Assisi

“La tradizione dell’Italia non è quella di chiudersi, ma di aprirsi. Che la luce del Santo di Assisi non rappresenti soltanto l’unità del nostro Paese ma dell’Europa, che dia luce a chi vive le tenebre della guerra“. Queste le parole che il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha pronunciato alla vigilia della festa di San Francesco d’Assisi il 4 ottobre, quando, in questa occasione, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a nome di tutti gli italiani, accende la lampada votiva. Una luce, quella di Francesco, che da otto secoli illumina il mondo con il suo messaggio di condivisione, servizio e amore per tutte le creature, che sono un dono del Signore.ù

L’intervista

In occasione della solennità francescana del 4 ottobre, l’intervista di Interris.it a fra Marco Moroni, custode del Sacro convento di Assisi.

Chi era san Francesco e che tipo di spiritualità era la sua?

“Era un santo del suo tempo che ha saputo innovare la vita e la santità della Chiesa in un momento difficile per quest’ultima. Era somigliantissimo a Cristo, tanto che viene chiamato alter Christus, perché cercava lo stesso tipo di relazione con il Padre, con i fratelli e tutte le creature. Un’immedesimazione che viene suggellata dal dono delle stimmate. Francesco si è messo a servizio della Chiesa e l’ha sostenuta, al tempo stesso rinnovandola con l’umiltà e con la capacità di dare segnali concreti di un modo diverso di vivere. Questo gli è stato possibili grazie ai fratelli, coloro che lo hanno seguito, che lui stesso ha detto di avere avuto in dono da Dio. La sua spiritualità era quella di una vita buona spesa al servizio del Vangelo, trainata dall’elemento della fraternità. È stata questa la sua novità, la fraternità itinerante di mendicanti e predicatori a differenza di quella stabile dei monaci. Francesco e i suoi fratelli vivevano del frutto del loro lavoro e nello stesso tempo annunciavano attraverso la parola e il dare l’esempio in maniera semplice, come nel servizio ai lebbrosi. Un elemento importante della spiritualità sanfrancescana è la sua semplicità, insieme all’amore per tutte le creature che sono creature di Dio. Nei suoi scritti, uno scrigno di quella che è la sua spiritualità, troviamo la sua capacità di lode a Dio e il suo desiderio ardente di vita in amicizia con il Signore”.

San Francesco è noto anche come il poverello d’Assisi per la sua scelta di vivere accanto a quella che lei chiamava “Madonna Povertà”. Oggi, secondo Caritas italiana, sono 5,6 milioni le persone in povertà assoluta in Italia e una su cinque in Europa. Di che tipi di povertà differenti si tratta, tra ieri e oggi?

“Bisogna distinguere tra povertà come miseria e povertà come liberazione dal possesso dei beni, un senso di assoluta libertà. Un elogio della miseria sarebbe assurdo perché i beni della terra sono importanti, ma spesso non siamo noi a possederli, bensì loro ci possiedono. San Paolo parlava del ‘vivere come se non’ e l’accezione francescana è quella di vivere senza aggrapparsi ai beni. Francesco per primo ha rinunciato a tutto fino a non possedere più nulla e nella pratica francescana si porta avanti la possibilità avere dei beni a livello di comunità, condivisi, con un sano distacco da essi. Francesco non si limita a servire solo i poveri, lui vive con i poveri. Nella Basilica di Assisi c’è la vela giottesca dell’allegoria della Povertà che rappresenta il ‘matrimonio’ di Francesco con ‘Madonna Povertà’. Ai piedi della Povertà c’è un roveto mentre dalle sue spalle cresce un roseto: la povertà scelta per amore di Cristo è un segno di libertà che fa fiorire la vita. Una povertà che non riguarda solo i beni materiali: Francesco parlava spesso di restituzione in quanto tutto ci è venuto da Dio e tutto ciò che facciamo è per sua grazia”.

In tempi di crociate, san Francesco si recò in Terrasanta per incontrare il sultano Malik al-Kamil. Un esempio di dialogo interreligioso in tempo di guerra. Oggi che l’Europa ha la guerra sul suo fianco orientale, come dare valore e vigore al dialogo?

“Serve dialogare anche col ‘nemico’, altrimenti si chiudono le porte in maniera assoluta a qualunque possibilità di negoziato, ma purtroppo oggi non si sente parlare di negoziato e di dialogo né dall’una né dall’altra parte. E allora se non lo fanno i potenti, almeno lo viva la gente, la popolazione. Occorre far crescere l’attitudine al dialogo a partire dalle comunità più piccole, dalle famiglie, dalla società civile, perché non siamo ‘allenati’ a questo, anzi viene sempre più sia incentivata la competizione. I social ci portano a prendere posizione in maniera netta e a volte anche non pensata, non riflettuta, a contrapporci. Dobbiamo costruire percorsi di dialogo e di confronto sereno fin dalla scuola, perché i modi di intendere e di raggiungere la pace sono assai diversi, ma occorre cominciare dalle prassi di pace per arrivare alla pace”.

Tra i fili che uniscono il passato e il presente ce n’è anche un altro, il seguente: quanto, nell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, c’è del Cantico delle creature del poverello di Assisi?

“Oltre alle citazioni testuali, che non mancano, tutta l’enciclica è pervasa dalla sensibilità di Francesco espressa nel Cantico. L’enciclica è attraversata da questo sentire perché riconosce la natura come Creazione. La natura è un dono di Dio per noi e il nostro vivere deve essere orientato a respirare con essa. Nella Laudato si’ sono presenti le indicazioni per buone pratiche che derivano da questo fondamento proprio dei credenti, anche se il documento si rivolge a tutti con contenuti ispirativi e prassi concrete”.

Cosa ha significato la scelta del Santo Padre di prendere il nome di san Francesco?
“Il magistero di papa Francesco è profondamente francescano, la scelta del nome è simbolicamente di grande forza e fin dall’inizio del suo magistero potremmo dire che lasciava intuire che dovevamo preparaci a qualche trattazione più profonda, più complessiva. Già nelle sue prime uscite pubbliche, prima a Lampedusa poi ad Assisi il 4 ottobre 2013, ha messo in luce l’andare incontro ai poveri di san Francesco, poi il suo pensiero è stato sempre più esplicito, soprattutto attraverso le encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti, oltre che in tanti altri interventi e scritti. Papa Francesco sta costruendo una prospettiva francescana per la Chiesa di oggi da offrire al mondo. Al di là dei titoli dei testi, i contenuti sono profondamente intrisi di spiritualità francescana: Francesco d’Assisi parte dal Vangelo, parla di fratellanza universale che non esclude nessuno e di rapporto con il creato come dono di Dio”.

Com’è la vita dei francescani conventuali oggi?
“Molto variegata a seconda dei singoli luoghi, Paesi e conventi dove ci si trova, che si tratti di un convento tradizionale, una parrocchia o un centro studi, una comunità che lavora con chi è nel disagio. Oggi abbiamo bisogno di vivere oggi con la stessa spiritualità di Francesco, adeguando la nostra scelta di vita e calandola nella concretezza del dove viviamo, delle persone con cui entriamo in contatto. La pluriformità è davvero una ricchezza e nelle diverse forme dobbiamo oggi rappresentare, coltivare e vivere le scelte di Francesco”.

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