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Decreto Flussi e famiglie: ecco la situazione

"Senza lavoratori domestici regolari cresce solo il lavoro nero", afferma Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina che assiste i nuclei familiari nella gestione del rapporto con colf e badanti

Le conseguenze del decreto flussi nelle case degli italiani. L’associazione nazionale dei datori di lavoro domestico assiste le famiglie nella gestione del rapporto con colf e badanti. “L’ingresso di lavoratori immigrati nel settore domestico rappresenta una necessità improrogabile– afferma Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina-. L’invecchiamento della popolazione e i cambiamenti sociali e culturali in corso hanno portato ad un forte aumento dei bisogni di cura e assistenza. Già nel 2020, subito dopo il lockdown, le parti sociali del settore del lavoro domestico avevano inserito questo punto nella piattaforma programmatica per il settore”. Prosegue Gasparrini: “L’introduzione di una quota specifica per l’assistenza, avvenuta per la prima volta nel Decreto Flussi 2023-2025, è un primo passo. I numeri dimostrano però che la quota di 9.500 lavoratori è irrisoria. In pochi giorni, infatti, le domande presentate sono state più di dieci volte di più”. Il Decreto Flussi è il principale strumento della politica migratoria in Italia, attraverso cui ogni anno si stabilisce il numero massimo di lavoratori immigrati non comunitari che possono entrare. La domanda va presentata dai datori di lavoro ed è nominativa. Per cui i datori devono aver già individuato (e quindi essere pronti ad assumere) le persone indicate nella domanda.

flussi
Foto di micheile henderson su Unsplash

Gestione dei flussi

Il Decreto Flussi 2023-2025, per la prima volta, ha introdotto una quota specifica per i lavoratori del settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria, nella misura massima di 9.500 lavoratori l’anno. Sebbene sia possibile presentare le domande fino alla fine del 2024, nei primi giorni di apertura del “click day” sono già pervenute, per il solo settore dell’assistenza, 112 mila domande, ovvero oltre dieci volte in più delle 9.500 consentite. Peraltro, solo nella prima ora del “click day” le domande inviate sono state quasi 50 mila. Considerando anche gli altri settori, le domande inviate sono state oltre 690 mila, a fronte di 151 mila ingressi consentiti. A seguito del “click day”, la Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione ha definito, attraverso la nota del 10 aprile, la ripartizione territoriale per ciascuna componente delle quote. Complessivamente, sono state ripartite 112.670 quote, pari al 75% delle 151.000 totali. Le restanti quote non ripartite a livello territoriale restano nella disponibilità del ministero, che provvederà con successiva nota ad assegnarle, sulla base delle specifiche richieste pervenute agli Sportelli Unici per l’Immigrazione. Per il settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria, invece, le 9.500 quote sono state interamente ripartite.

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Foto di Dmitry Shamis su Unsplash

Mappa del lavoro domestico

Lombardia e Lazio sono le regioni a cui spetteranno le quote maggiori, rispettivamente il 14,9% e il 14,4% del totale nazionale. Significativa anche la quota della Campania, con poco meno di 1.000 lavoratori (10,2% del totale). Le quote minori saranno invece quelle di Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Molise, con meno di 100 lavoratori ciascuno.
Confrontando questa ripartizione con la presenza di lavoratori domestici in Italia, si nota come la Lombardia sia lievemente sottodimensionata, rappresentando quasi un quinto dei lavoratori domestici in Italia. Al contrario, appare sovra-rappresentata la Campania, che ottiene il 10,2% delle quote 2024 pur avendo solo il 5,6% dei lavoratori domestici in Italia. “In merito alle criticità di funzionamento del cosiddetto click day per la presentazione delle domande riferite al decreto Flussi di quest’anno, non risultano essersi verificate disfunzioni del portale dedicato, nell’ora di apertura prevista. Come conferma il ridotto numero di segnalazioni pervenute all’Help Desk, pari allo 0,04 per cento. Una percentuale minima in proporzione al numero di domande inviate”, sostiene il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

discriminazioni migranti
Foto di Jametlene Reskp su Unsplash

Sbarchi

La data stabilita era il 20 maggio. “Non oltre”, si leggeva nell’avviso per l’affidamento dei servizi di accoglienza pubblicato dalla prefettura di Roma il 21 marzo scorso e che sottolineava “ragioni di estrema urgenza”. Ma l’apertura dei Centri “italiani” per migranti in Albania slitterà. E non di pochi giorni. Le strutture a Shengjin e Gjader – all’allestimento sta lavorando il Genio militare – non sono ancora pronte. Intanto, il governo con un decreto ha allargato a Bangladesh ed Egitto la lista dei Paesi sicuri. Significa che anche a bengalesi ed egiziani – quest’anno ne sono sbarcati circa 4.500 – si applicheranno le procedure accelerate di frontiera e potranno essere trattenuti nel Centro per i rimpatri di Gjader quando sarà operativo. Erano troppo ottimistiche, dunque, le previsioni sui tempi di apertura dei centri albanesi. Un hotspot per l’identificazione nel porto di Shengjin, circa 70 km a nord di Tirana. Una struttura da 880 posti per l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale a Gjader, in un sito dell’Aeronautica albanese. Nella stessa area, poi, un Centro di permanenza per il rimpatrio da 144 posti. I militari del Genio italiano si sono però trovati di fronte ad un sito, quello di Gjader, fortemente degradato ed i lavori per la messa in sicurezza dell’area e l’allestimento delle strutture si prolungheranno ancora di qualche mese.

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Foto: Croce Rossa Italiana

Tempi

Slitta quindi la consegna al ministero dell’Interno che si sarebbe dovuto occupare del trasferimento dei migranti salvati in mare – in acque internazionali e soccorsi da autorità italiane – nei centri albanesi. In attesa della conclusione dei lavori, è stato scelto che si occuperà della gestione dell’accoglienza nei centri per 24 mesi. La cooperativa Medihospes si è aggiudicata l’appalto con un’offerta di 133,8 milioni di euro (con un ribasso del 4,9%) in seguito all’avviso di manifestazione d’interesse pubblicato dalla prefettura di Roma. Venti le imprese che avevano risposto all’avviso. Con 15 giorni di preavviso il Viminale avrebbe dovuto confermare l’avvio dell’operatività “con la possibilità di assicurare una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista, nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento degli stessi”. Tutto rimandato. Il governo procede comunque lungo la strada per ottenere rimpatri più rapidi. E’ questo il senso dell’inserimento di Bangladesh (in testa tra la nazionalità degli arrivi via mare di quest’anno, 3.400) ed Egitto tra i Paesi sicuri, insieme a Camerun, Colombia, Perù e Sri Lanka. Questo significa che, dopo essere stati soccorsi, bengalesi ed egiziani potrebbero essere subito trasferiti nei centri destinati alle procedure accelerate di frontiera mentre attendono la risposta alla richiesta di asilo. La struttura di Gjader era stata pensata proprio per questo scopo dopo che nei mesi scorsi le pronunce di alcuni giudici avevano bocciato il trattenimento di alcuni migranti provenienti dalla Tunisia, da tempo tra i Paesi sicuri. 

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