Feste patronali e feste religiose radicate nella cultura popolare tanto da entrare anche nei libri di storia, tanto da attrarre turismo anche internazionale e da diventare patrimonio dell’Unesco. L’Italia è piena di queste ricorrenze, attraversata da Nord a Sud da città che periodicamente si colorano per vivere il loro momento dei festa. Tra le più celebri la macchina di Santa Rosa di Viterbo, la Varia di Palmi Calabro, i ceri di Gubbio, la Festa dei Gigli di Nola, il Palio di Siena e tantissime altre. La pandemia trasporta nel suo tempo sospeso e ‘alternativo’ anche queste realtà sociali maggiormente legate ai territori di appartenenza. Come si porteranno avanti le tradizioni patronali e religiose in questo periodo? Interris.it per approfondire l’argomento ha incontrato la dottoressa Patrizia Nardi Responsabile tecnico-scientifico Rete delle grandi Macchine a spalla – Progetto UNESCO.
Qual è il fascino di queste rappresentazioni?
“È presto detto: nella grandissima partecipazione comunitaria e nella capacità di far sentire a casa chiunque vi partecipi, da qualsiasi parte del mondo arrivi. È nella forza della relazione e del dialogo, anche quando è conflittuale, che ha accompagnato l”evolversi di questi patrimoni culturali e sociali, oltre che religiosi, che nei secoli hanno espresso costantemente la loro forza aggregante. È nel saper fare artigiano che le contraddistingue, nel legame viscerale con ciò che è peculiarità del territorio, l’arte, la musica, la cucina della tradizione. È nell’essere caleidoscopiche e unitarie a un tempo, quando rappresentano lo spirito e il sentire di una comunità”.
La festa dei ceri di Gubbio in onore di Sant’Ubaldo
Quanto lavoro c’è dietro? Come si organizzano?
“Grandissimo e costante lavoro, che coinvolge tutti, vecchie e nuove generazioni. La festa non finisce mai. Ci sono i preparativi, che durano mesi, il luogo fisico e temporale del rituale che comporta una concentrazione di attività molto importante e tutto ciò che viene dopo la festa che, in genere e fino all’inizio del ciclo successivo, si fonda sul ricordo di quanto appena fatto e sul compiacimento condiviso, così come sulla trasmissione. Che è poi elemento fondamentale dell’intero sistema, che si autoalimenta proprio grazie alla capacità di trasferire di generazione in generazione skills, competenze e conoscenze, ma anche patos, emozione, cuore”.
La Festa dei Gigli di Nola-Video editato da Vincenzo di Nuzzo ©
L’aneddoto più stravagante legato a queste feste?
“Mah, per trovare un elemento comune e stravagante insieme, certamente lo strano modo di attendere la proclamazione del riconoscimento UNESCO a Baku, nel dicembre 2013. Ognuno nascondeva all’altro l’emozione e la tensione prima del fatidico momento, che non è mai scontato peraltro, facendo le cose più strane. Fino a quella parola magica ‘approved’, che ci riportò ad una realtà bellissima insperata. Quasi sorpresi da tutto ciò che accadeva. Esperienza bellissima”.
I Candelieri: Sassari in festa-Video editato da AlguerlIT©
Il coronavirus purtroppo spezza questa tradizione, come si è pensato di rimediare per l’edizione 2020?
“Non credo che ‘spezzi’ la tradizione delle feste. Le ripone in un tempo sospeso, che ci impedisce di realizzarne gli aspetti rituali e di comunità. Ma l’esigenza della continuità è forte, e questo è il motivo per cui con il Mibact, Istituto Centrale per il
Patrimonio culturale immateriale e con l’Ufficio Patrimonio Unesco che ha la competenza sulla L 77/2006, stiamo elaborando una programmazione virtuale che ci aiuterà a contestualizzare questo momento di criticità e a farlo diventare un’opportunità di divulgazione e comunicazione del patrimonio visivo e documentale delle feste. Pensando ad una fruizione ancora più vasta di quella assicurata, in presenza, dalle centinaia di migliaia di persone che partecipano alle feste. In linea peraltro con l’indirizzo del Ministro sulla programmazione virtuale”.
La macchina di Santa Rosa di Viterbo-Video editato da Olle Livén ©
L’organizzazione di una festa patronale ha anche un valore economico-occupazionale: qual è il volume di affari che muovono queste manifestazioni?
“Non parlerei di affari, ma certamente della possibilità per il tessuto commerciale di una città di poter fruire dei flussi ingenti veicolati dalle feste. E dell’opportunità di un Patrimonio Unesco ben gestito di dar vita a sistemi di sviluppo sostenibile e strategici dei territori, al di là di quello che è il loro valore intrinseco come strumenti di consapevolezza identitaria e di integrazione sociale. Da quando la Rete delle feste è Patrimonio UNESCO le presenze sono molto aumentate nelle città e il sold aut è molto frequente. Il Piano di comunicazione e divulgazione che realizziamo in sinergia con il Ministero ha prodotto eventi significativi in luoghi importanti della Cultura in Italia e nel mondo (Festival del Cinema di Venezia, Musei Capitolini, Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Museo Messina a Milano con la mostra “Con Straordinario Trasporto”, la mostra internazionale “Racconti Invisibili” a cui la Rete partecipa in America Latina e nell’Europa centro-orientale) che certamente hanno proiettato e proiettano le feste in contesti importanti di promozione. Certo, bisognerà fare di più e impegnarsi insieme, coordinamento tecnico- scientifico, ministero, territori ad equiparare gli effetti e le prospettive. Sarà la nostra fase 2 del Progetto UNESCO, che non vediamo l’ora di mettere in campo nel ritorno alla normalità, che ci auguriamo sia quanto più vicino possibile”.
La varia di Palmi Calabro-Video editato da Epizephiryfestival ©
Può essere anche questo un settore messo in crisi dalla pandemia? “Certamente si e non solo per i flussi sospesi. Penso a Nola, alle botteghe artigiane che realizzano i Gigli, che non possono correre il rischio di sparire, perché verrebbe meno uno degli elementi fondanti della festa stessa che nel dossier abbiamo descritto, mettendo in pericolo il riconoscimento stesso. Ma in generale, tutti coloro che producono servizi di vario genere per le feste soffriranno della loro assenza”.
Che cosa fare per sostenere queste tradizioni e traghettarle anche nel post pandemia?
“Quello che si è sempre fatto: alimentarne il ricordo e, limitatamente alle possibilità concesse dal distanziamento sociale, lavorare per trasmetterle alle giovani generazioni. Utilizzando gli strumenti che la tecnologia e l’innovazione ci mettono a disposizione. E aspettando di tornare, con le nostre Macchine e le nostre feste, nelle bellissime piazze italiane e nei nostri centri storici che le ospitano da secoli. Laddove possono esprimere tutta la loro bellezza, artistica e sociale”.