Dopo il brutale e feroce attacco di Hamas ad Israele, la situazione sembra essere più tesa di ora in ora. A preoccupare è la drammatica situazione della popolazione civile, sia di quella palestinese a Gaza sia di quella israeliana. E mentre il bilancio delle vittime dentro e fuori la Striscia continua ad aumentare, appare sempre più chiaro che gli unici ad essere sconfitti in un conflitto sono i fragili, i bambini, i civili.
La situazione umanitaria
Come riporta l’Ansa, il numero delle vittime nella Striscia di Gaza per i bombardamenti israeliani degli ultimi sei giorni è salito ad almeno 1.200 morti e circa 5.600 feriti, ha detto oggi il Ministero della Sanità palestinese. Almeno 51 persone sono morte e altre 281 rimaste ferite negli attacchi aerei compiuti nella notte tra l’11 e il 12 ottobre, secondo la stessa fonte. I raid hanno colpito Gaza, Jabaliya, Sabra, Al Zaytoun, Al Nafaq, Tal Al Hawa e Khan Younis. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), quasi 339.000 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case nella Striscia di Gaza sotto assedio e bombardata dall’esercito di Israele. Il numero degli sfollati nel territorio palestinese da 2,3 milioni di abitanti a ieri sera “è aumentato di altre 75.000 persone e ha raggiunto la cifra di 338.934”, ha affermato l’ufficio Onu in un comunicato pubblicato oggi. “Lo sfollamento di massa nella Striscia di Gaza continua”, ha sottolineato l’Ocha spiegando che quasi 220.000 persone hanno cercato rifugio nelle scuole gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa); circa 15.000 sono fuggite nelle scuole gestite dall’Autorità palestinese; oltre 100.000 hanno trovato rifugio presso parenti e vicini o in in altre strutture religiose e civili della città di Gaza.
L’intervista
Per approfondire la situazione tra Hamas e Israele, Interris.it ha intervistato il dottor Francesco Petronella, giornalista della redazione online di Ispi, l’Istituto per gli studi di Politica Internazionale.
Dott. Petronella, come Hamas è riuscito ad accumulare così tante armi? Come è possibile che nessuno si sia accorto che i miliziani stavano preparando un attacco così massiccio?
“E’ un fatto noto che Hamas e i movimenti di ispirazione islamica che controllano la Striscia di Gaza siano in possesso di armi e dispositivi altamente tecnologici. Israele lavora alacremente per cercare di spezzare le strutture e i tunnel che permettono di far affluire armi nella Striscia, ma è evidente che vengono messi in atto dei meccanismi capaci di eludere lo stato ebraico. Questo è noto. La cosa che ha colto di sorpresa è che Hamas ha preso l’iniziativa in un momento in cui non ce lo si aspettava. Tuttavia, va tutto inquadrato in un contesto preciso. Se si analizza la situazione dai giorni precedenti all’attacco, potremmo dire che non ci si aspettava un attacco del genere. Se invece allarghiamo l’arco temporale le cose cambiano: il 2022 è stato l’anno più sanguinario in assoluto per quanto riguarda i palestinesi, perché ci sono stati molti scontri, tafferugli, scontri con l’esercito israeliano in Cisgiordania e si sono verificati molte vittime. Per quanto riguarda il fronte israeliano, non bisogna mai dimenticare che Israele viene da mesi e mesi di proteste contro l’attuale governo – l’ennesima amministrazione Netanyahu – che da quando è entrato in carica nel dicembre 2022 ha fatto solo una cosa: ha promosso la riforma della giustizia, complicatissima a livello legislatico, che puntava a rafforzare i poteri dell’escutivo a scapito della Corte Suprema”.
Cosa ha comportato questo modo di governare di Netanyahu?
“Una reazione enorme, ci sono state manifestazioni di piazza per mesi contro questo progetto di riforma. Soprattutto c’è stata un’opposizione fortissima all’interno degli apparati di sicurezza, anche nell’intelligence e nelle forze armate. Questo vuol dire che, probabilmente, la leadership di Hamas e del jihad islamico hanno capito che potevano cogliere l’occasione di questa inedita divisione sia nell’opinione pubblica sia nel governo israeliano per agire. Questo spiega anche le tempistiche dell’attacco. Inoltre, Hamas ha fatto sapere che l’attacco militare è stato preceduto da un cyberattacco che ha interrotto alcuni flussi di informazioni fondamentali per le forze di sicurezza israeliane e ha quindi permesso di creare il varco in cui si è inserita l’offensiva militare vera e propria”.
C’è una concreta possibilità che Netanyahu ordini all’esercito di entrare nella Striscia di Gaza?
“Al momento la situazione è molto fluida. L’esercito di Israele ha rilasciato diversi comunicati affermando che l’operazione di terra era imminiente: questo può significare tutto e niente. Personalmente credo che non accadrà fino a quando non sarà stata ‘bonificata’ tutto il territorio di Israele in cui ci sono stati incursioni in questi giorni, ma anche qualora tornino a ‘sigillare’ la Striscia è molto complessa la situazione perché si creerebbe una situazione di guerriglia urbana, si combatterebbe casa per casa, con un costo altissimo in termini di vite umana sia per Hamas sia per i civili che abitano la Striscia di Gaza. Un peso non indifferente da accollarsi e Israele deve capire se è in grado di farlo”.
Pensa sia possibile arrivare ad un accordo diplomatico?
“E’ molto difficile. Le escalation che ci sono stati negli anni scorsi avevano tutte elementi comuni: il fattore scatenante come potevano essere degli scontri sulla spianata delle Moschee, poi partiva il fuoco da Gaza che veniva puntualmente quasi neutralizzato da ‘iron dome’, lo scudo missilistico di Israele, lo stato ebraico rispondeva con raid aerei e poi si arrivava ad un accordo per il cessate il fuoco con la mediazione egiziana. Questa volta è molto più complicata, il tributo pagata in termine di vite umane dai civili israeliani è molto alto, è difficile che si riesca ad arrivare ad un accordo. Inoltre, le cose peggiorano di giorno in giorno, il bilancio delle vittime si aggrava e le immagini truci che vengono diffuse sui social dai miliziani stessi: tutto questo pesa moltissimo sull’opinione pubblica”.
Qual è la situazione umanitaria?
“La situazione umanitaria è disastroso. La vera domanda, sul piano delle possibilità, riguarda l’eventuale identificazione di corridoi umanitari che servirebbero a evacuare i civili ma verso dove? In Egitto? Consideriamo che ha già chiuso il valico di Rafah. L’opzione più fattibile sarebbe quella di creare dei corridoi per far entrare aiuti umanitari. Purtroppo, però, non c’è dubbio che il tributo pagato dai civili da ambo le parti sarà altissimo”.