Emanuele Morganti e Willy Monteiro Duarte. Sono molte le analogie tra questi due ragazzi. Entrambe le loro vite sono state infatti spezzate dalla furia del branco. Willy ĆØ morto a Colleferro nella notte tra il 5 e il 6 settembre scorsi. Stava cercando di difendere un’amico dalle botte di un gruppo di ragazzi che perĆ² si sono poi scagliati contro di lui, uccidendolo.
Emanuele Morganti ĆØ morto la sera del 26 marzo 2017 dopo essere stato pestato a sangue davanti a una discoteca di Alatri, paese in provincia di Frosinone, da una gang. Il ventenne aveva avuto un diverbio all’interno del locale con un giovane albanese che aveva importunato la sua ragazza. Entrambi erano stati poi accompagnati dai buttafuori allāesterno del locale, il MirĆ². LƬ, il giovane era stato accerchiato e aggredito dagli amici del suo avversario, una quindicina di persone, che lo avevano continuato a picchiare anche mentre era giĆ a terra.
Una storia drammatica segnata dalla violenza insensata degli aggressori e dall’omertĆ dei tanti testimoni presenti.
La giornalista Milena Castigli di In Terris ha chiesto alla mamma di Emanuele, la signora Lucia Pica, di raccontarci la sua storia alla luce di questa ennesima tragedia.
La testimonianza di mamma Lucia
“Alla notizia della morte di Willy sono stata malissimo; come quando ci furono altre vittime di pestaggi avvenute nel recente passato”, esordisce Lucia. Come NiccolĆ² Ciatti, il 26enne italiano morto l’11 agosto 2017, nella discoteca di Lloret de Mar, in Spagna. Aldo Naro, ucciso in una rissa in discoteca a 25 anni nel 2015. O il recentissimo caso di Filippo Limini, il 24enne di Spoleto ucciso lo scorso ferragosto. “A lui sono passati sopra il corpo con l’auto, come crudele atto di sfregio“, aggiunge Lucia.
E poi Willy, ennesima vittima innocente del branco. “La cosa che mi ha colpito e amareggiato ulteriormente sulla morte di Willy – aggiunge – ĆØ che Willy ĆØ stato ucciso di botte per essere andato in auto di un amico. Questa ĆØ l’unica differenza evidente tra la sua morte e quella di mio figlio. Emanuele non stava facendo nulla di particolare, ciĆ² nonostante qualcuno ha deciso di strappargli la vita”.
“Questa cattiveria mi annichilisce: non c’ĆØ piĆ¹ in queste persone il senso del valore della vita. Il male che ĆØ in grado di generare lo spirito umano ĆØ terribile, io l’ho vissuto sulla mia pelle. Adesso mio figlio Emanuele, paradossalmente, ĆØ quasi ‘fortunato’ nel non dover assistere a questa bruttura perchĆ© lui vive nella gioia e nella bellezza eterna. Mi mancherĆ per sempre, ma so che lui adesso ĆØ felice e questo per me ĆØ di grande sollievo. La fede mi aiuta tanto. Maria, madre di GesĆ¹, capisce quello che ho sofferto perchĆ© l’ha vissuto anche Lei!”.
Bullismo
Non c’ĆØ solo il male e l’ingiustizia nel mondo, ma anche coraggio, amore, veritĆ . “Assolutamente sƬ. Willy ha dimostrato che si puĆ² davvero donare la vita per gli amici, come dice GesĆ¹. E’ stato davvero un grande esempio luminoso per i suoi coetanei di bontĆ e forza, quella vera. Non quella dei bulli“.
“Nell’assistere alle manifestazioni di piazza e sui social e alle immagini del funerale di Willy, ho visto con grande piacere l’appoggio della gente. Le persone hanno parlato, non sono rimaste nell’omertĆ . Hanno raccontato tutto quello che hanno visto indicando i presunti aggressori e facendo cosƬ giustizia alla morte del giovane”.
Sabato la procura di Velletri ha cambiato capo di imputazione ai 4 arrestati: da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario aggravato dai futili motivi. I quattro ora rischiano lāergastolo.
OmertĆ
CosƬ non ĆØ avvenuto per Emanuele. Nonostante i numerosissimi testimoni, e le immagini girate con telefonini dai presenti, nessuno poi ha avuto il coraggio di denunciare il branco. “I pochi che lo hanno fatto – forse intimoriti dalle minacce – hanno poi ritrattato in un secondo momento. Inoltre, i tanti che hanno assistito al pestaggio fuori dalla discoteca MirĆ², non si sono mossi in aiuto in nessun modo: non hanno chiamato nĆ© le forze dell’ordine, nĆ© l’ambulanza. Erano dieci, quindici contro uno. Mio figlio ĆØ giunto al Policlinico Umberto I di Roma in condizioni disperate ed ĆØ morto dopo 36 ore di agonia. Se qualcuno avesse fatto qualcosa, forse ora sarebbe ancora vivo”.
“Nessuno invece – rimarca Lucia Pica con voce dolente ma ferma – sembrerebbe aver visto o sentito niente, ma io credo sia solo omertĆ per paura di ritorsioni”.
Preterintenzionale
“Ma la cosa piĆ¹ dolorosa ĆØ stato che – senza testimoni – l’omicidio di Emanuele (diversamente da quello di Willy) ĆØ stato derubricato da volontario a preterintenzionale. Come a dire: ‘ĆØ capiato, una tragica fatalitĆ ’. Ma 15 persone che picchiano selvaggiamente un ragazzo fino ad ucciderlo come puĆ² essere considerata una fatalitĆ ?”.
“Questa ĆØ stata una grande ingiustizia. E’ come se la legge, nel tutelare gli assassini, avesse fatto morire Emanuele una seconda volta. Alcuni di loro avevano giĆ importanti precedenti. Uno sembra avesse sfregiato un ragazzino di 14 anni. Eppure sono rimasti impuniti perchĆ© nessuno testimonia per paura di ritorsioni. E questo senso di impunitĆ li ha spinti a compiere altri reati, fino all’omicidio di mio figlio”.
L’impunitĆ del branco
“Io spero che questo non accada per Willy. Spero che i suoi amici abbiano il coraggio di schierarsi dalla parte della veritĆ , nonostante ci siano stati giĆ degli episodi di intimidazione. Io credo che in questo caso, perĆ², i ragazzi parleranno e renderanno giustizia alla sua morte”.
Come non ĆØ avvenuto per Emanuele. “No. Uno degli impegni piĆ¹ grandi da quando ho perso mio figlio ĆØ stato quello di lottare perchĆ© venga fatta giustizia per questi ragazzi uccisi da un branco di bulli violenti. Per dare la voce ai nostri figli. La giustizia va ricercata con forza. E va ottenuta”.
“L’impunitĆ Ā ĆØ come se lo Stato desse il permesso a continuare a delinquere. E’ la mancata certezza della pena che permette a certe persone di andare avanti per la loro strada. Di pensare di poter fare quello che vogliono perchĆ© tanto non pagheranno per i loro errori. Questo non ĆØ giusto. Gli assassini di questi ragazzi non devono restare impuniti“.