Il doomscrolling è un neologismo inglese (doom da “destino”, scroll da “scorrimento”), diffuso ovunque, soprattutto nel triste clima del 2020, che consiste nella tendenza a cercare e a rimanere attratti, in modo compulsivo, dalle brutte notizie, fino a subire ripercussioni a livello psicofisico. Tale atteggiamento, frutto di un originario bisogno informativo, si nutre, tuttavia, del macabro, dell’esigenza più curiosa e morbosa, legandosi esclusivamente a notizie che producono maggior ansia di quella già presente.
Come l’attuale periodo storico ha influito
Il periodo storico attuale, caratterizzato, purtroppo, da brutte notizie, ha alimentato il fenomeno ed è stato a sua volta corroborato dal grande interesse da parte dei fruitori dell’informazione. Il doomscrolling ha alimentato lo stato ansioso e si è imposto come una sorta di nuova dipendenza. Molti sono convinti di poterne uscire in qualsiasi momento ma, nel frattempo, ne rimangono intrappolati e condizionati. Il termine, a volte sostituito da doomsurfing, non è nato con la pandemia ma, con questa, ha conosciuto il suo apice e, probabilmente, ha interessato, quasi tutti, almeno una volta. Per alcuni, è stata l’unica chiave di lettura degli ultimi due anni e il risultato è stato quello, amplificando l’agente stressogeno, di subire gravi conseguenze psicologiche.
Colpiti sul fianco scoperto
Il bombardamento di informazione (spesso monotematico), la cosiddetta “infodemia”, ha prestato il fianco a un’esigenza di centrare sempre più il disagio, con l’intento (illusorio) di capirlo meglio, fino a subirlo, invece, nelle conseguenze psichiche ancorché fisiche. I media, nel notare l’accresciuta audience, hanno offerto un vasto campionario, dalla cronaca all’approfondimento, con un palinsesto rivoluzionato. Chi cercava pubblicità, attraverso una nuova subdola circonvenzione di persone preoccupate, ha sfruttato tali debolezze e ansie, sfoderando una raffica di fake news. Il giornalista e scrittore tedesco Horst Stern scriveva ironicamente “Esistono dei giornali di cui la cosa migliore sono i titoli a caratteri cubitali, poiché occupando tanto spazio impediscono la pubblicazione di cose peggiori”. Ora gli spazi sono dilatati e segmentati da tante notizie. Meno spazio per ognuna ma più posto per tutte.
Una patologia “universale”
La patologia è di portata universale poiché tutto il mondo presenta caratteristiche simili riguardo gli elementi in gioco: Coronavirus, informazione e dispositivi da scrolling.
Colpisce soprattutto chi, in stato di depressione, non riesce a isolarsi da notizie negative e pessimistiche, come se il proprio disagio, paradossalmente, fosse legato anche a un’informazione deficitaria sui rischi che si corrono. In realtà, occorre dirigere l’attenzione anche verso altre notizie, più leggere e saper distrarre la mente. Informarsi è doveroso ma un’overdose in tal senso, specie se legata a una distorsione della realtà, è pericolosa.
Come influiscono social e smartphone
I social e i telefoni cellulari, combinati, producono un effetto scrolling che di per sé, anche prima della pandemia, monopolizzava l’attenzione e il tempo libero delle persone, quasi ipnotizzate dai piccoli schermi; ora si aggiunge l’accelerazione provocata dal virus. La “dipendenza” dallo scrolling negativo, infatti, si è acutizzata nel primo periodo di lockdown, nella primavera del 2020, complice la noia e la tensione dell’obbligo di chiusura. Tutti gli argomenti, anche quelli più leggeri (sport e viaggi) erano oscurati dai tristi bilanci quotidiani di malati e morti. Il meccanismo difensivo, innato, di sopravvivenza, si è lasciato completamente influenzare dalle condizioni ambientali avverse.
Alcuni dati
Il blog vincos.it, riferimento per dati e statistiche riguardanti la comunicazione, il 25 giugno scorso, al link https://vincos.it/2021/06/25/
Un fenomeno che coinvolge tutti
Il fenomeno coinvolge tutti; i giovani, che trascorrono più tempo dinanzi a tablet, pc e telefoni cellulari, sono più esposti. Data l’età, inoltre, in questa sorta di “videogame”, non possiedono ancora la capacità critica e il discernimento che dovrebbero consentire di porre un freno a esagerazioni di sorta. In questo, si avverte il fondamentale apporto della vera socialità, quella fisica, che permette di allontanare lo sguardo dal video e spaziare su altre attività e altri argomenti. Se, nel gruppo, invece, si dovesse ripetere un diffuso ricorso allo scrolling, in cui la vicinanza di tali individualità fosse solo di tipo fisico, senza relazioni e feedback, il contributo sarebbe minimo.
Non sempre c’è consapevolezza
Chi ne soffre, a volte non è completamente consapevole: sottostima il ricorrere e il prediligere la negatività, quasi lo confuta. Ha sviluppato, quindi, una dipendenza tale che considera il proprio comportamento come normale e valuta le notizie che approfondisce non come negative bensì le uniche possibili e reali. Lo scrolling dimostra l’approccio moderno all’informazione: scorrere in continuazione e dedicare solo qualche secondo a leggere, senza alcuna voglia di approfondire per intero la notizia. La comunicazione moderna, frutto dei tempi, consuma e fa divorare: preda e predatrice, figlia del “tutto e subito”, nel suo vorticoso e schizofrenico alternarsi, distorce la percezione della realtà.
Ogni aspetto della vita coinvolto
Il principio dello “scrollare” tende a riversarsi in ogni aspetto della vita, nel consumare e alternare, vorticosamente, emozioni, affetti e valori. Nella solitudine dello scrolling e, in particolare, quello vincolato al doom, alla sventura, risiede l’individuo moderno, scollegato dalla realtà fisicamente e, mentalmente, incapace di immaginare, soppesare e costruire anche l’evento “avverso”: la bella notizia.