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Le donne dimenticate vittime di tratta

Ecco come la Giornata mondiale della donna può diventare l’occasione per rilanciare la liberazione delle più fragili e indifese delle creature

Ci sono orrori ai quali rischiamo di assuefarci. Papa Francesco esorta incessantemente il mondo a non abituarsi al male di cui la tratta di esseri umani è un atroce esempio. Un’emergenza sociale così grave e diffusa da unire come un doloroso “fil rouge” tutte le urgenze collettive che si susseguono e si sommano nel tempo. Il racket della prostituzione coatta, infatti, non si è mai interrotto neppure durante le limitazioni socio-sanitarie nel triennio della pandemia. Allo stesso modo l’immane tragedia delle guerre in Ucraina, in Africa e in Asia alimenta lo spietato sfruttamento delle moderne schiave.

Big Bang

I mercanti di morte, poi, mettono a rischio per denaro la vita dei migranti abbandonati al largo delle coste europee rifornendo anche il racket più turpe e orrendo. Quello della sopraffazione e dell’umiliazione della dignità delle creature più fragili e indifese. La Giornata mondiale della donna offre l’occasione di rilanciare l’appello per la liberazione delle vittime della tratta. Come insegnava il Servo di Dio don Oreste Benzi quella che si consuma ogni notte sulle strade del meretricio è “l’ingiustizia più antica e odiosa del mondo” perché “nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare”. Per il mondo della prostituzione in Italia l’arrivo sulla scena di don Oreste Benzi è stato un Big Bang. L’incessante, testarda azione di persuasione sulle istituzioni e sulle Forze dell’Ordine, lo scandalo in senso etimologico ed evangelico di una tonaca che di notte scende in strada in mezzo alle donne schiavizzate dal racket del sesso ebbero un effetto dirompente sulla società e la mentalità corrente. Progressivamente un tema ritenuto disdicevole e impronunciabile veniva imposto nell’agenda pubblica. Da quel momento in poi nessuno poteva fingere di ignorare o voltare la testa dall’altra parte anche se il tentativo strisciante di screditare don Oreste, di sbeffeggiarlo, di ritrarlo come un esagerato fu violentissimo. Come sempre accade per gli autentici rivoluzionari dopo aver fallito con le denigrazioni si arrivò alle minacce vere e proprie. In un modo o nell’altro quel prete dalla tonaca lisa e chi lo seguiva andavano fermati.

Foto di Viviana Viali

False soluzioni

Non c’è offesa peggiore alla coscienza individuale e collettive del tentativo di risolvere un male con un altro male. Regolamentare la prostituzione è la più insopportabile e indegna delle menzogne che l’uomo si racconta da millenni. Codificare il mercimonio coatto equivale a negarne l’irriducibile iniquità. La soluzione alla prostituzione coatta non potrà mai essere legalizzare un’ingiustizia. I cosiddetti “clienti” sono corresponsabili di un abominio, perciò solo disincentivando e sanzionando la domanda si può abbattere l’offerta di questo ignobile mercato e liberare le persone costrette a prostituirsi. Con la Comunità Papa Giovanni XXIII in trent’anni di attività abbiamo liberato dalla strada e accolto tante ragazze schiavizzate e ridotte a “bancomat” della criminalità organizzata, le soccorriamo in strada e le accogliamo nella casa “Tra Le Nuvole” ora dedicata a Papa Francesco che di loro non ha mai smesso di prendersi cura. Il Pontefice ha ascoltato il grido di queste figlie venendo personalmente ad incontrarle, aprendoci il suo cuore di Pastore universale ed insegnandoci l’importanza della misericordia, come racconta nella prefazione al mio libro “Donne Crocifisse. La situazione richiede interventi su larga scala. Con l’emergenza profughi globale (aggravata dal conflitto russo-ucraino) le organizzazioni criminali hanno trovato nuove opportunità per reperire, condizionare e introdurre in Italia le vittime del mercato della prostituzione coatta. Mai incontriamo ragazze che ci dicono di vivere serenamente sulle strade della schiavitù e di essere contente dei loro schiavisti.

Sfruttamento

Alla radice di tutto c’è sempre lo sfruttamento economico. Nella Grecia classica, nei bordelli, una prostituta guadagnava al giorno due oboli, mentre la paga giornaliera di un operaio erano 6 oboli (circa 50 euro odierni). Nell’antica Roma, il guadagno giornaliero medio di una meretrice era di 2 assi, mentre quello di un artigiano di 12 assi e un legionario di 10 assi. Nella Firenze medioevale, una prostituta del bordello municipale incassava 2 fiorini, mentre una cortigiana 50 fiorini e un tessitore specializzato 6 fiorini. Nella Venezia rinascimentale una prostituta guadagnava ai bagni pubblici un ducato al giorno, mentre la paga media di un marinaio era di due ducati. Un secolo fa, in Francia, una prostituta da strada incassava due franchi al giorno, una meretrice in una casa di tolleranza 4 franchi e un impiegato statale 30 franchi.

Oggi la prostituzione è la terza industria illegale al mondo per fatturato, dopo armi e droga. È una forma moderna di schiavitù e i martiri sono soprattutto donne e bambini. I numeri descrivono un quadro sconcertante. L’Istat, nel rendere noto l’ultimo report dell’indagine condotta sul sommerso, rileva che “i servizi di prostituzione realizzano un valore aggiunto pari a 3,6 miliardi di euro“, ossia poco meno del 25% dell’insieme delle attività illegali e consumi per circa 4 miliardi di euro. Il dato è confermato dall’Ufficio Studi della Cgia, l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese.

Turpe mercato

Il Codacons rileva un costante aumento dei clienti che hanno raggiunto quota tre milioni, così come delle prostitute, passate da 70 mila a 120 mila in un decennio con il fatturato della prostituzione che risulta cresciuto del 25,8% (passando dai 2,86 miliardi di euro del 2007 ai 3,9 miliardi di euro annui del 2016). Il fenomeno della prostituzione si è evoluto, nel corso degli anni, con la società, adeguandosi ai tempi che corrono. Secondo l’analisi dell’associazione per la tutela dei consumatori Codacons, le prostitute che operano in strada rimangono la fetta di mercato più grande (il 60%). Il restante 40% è rappresentato da chi si vende in luoghi privati, come casa propria o altre strutture non all’aperto. Si registra, nell’ultimo decennio, una fortissima crescita di prostitute cinesi, che svolgono prevalentemente la propria attività al chiuso (case, centri massaggi, locali).

Grado di civiltà

Il grado di civiltà di un Paese, come ha ricordato il presidente della Repubblica durante le celebrazioni per l’8 marzo 2019, al Quirinale, si misura dalla condizione della donna in quella società. Davanti a una platea in maggioranza femminile, il capo dello Stato ha sottolineato come lo sfruttamento sessuale delle donne sia una pratica criminale purtroppo largamente diffusa. “Ci sono lezioni del passato su cui è opportuno meditare”, ha proseguito Mattarella riferendosi alla Legge Merlin che sessantuno anni fa dichiarò fuorilegge lo sfruttamento della prostituzione. “Dovette lottare, in Parlamento e fuori da esso, contro pregiudizi e stereotipi inaccettabili, duri a morire – sottolinea – Vi erano parlamentari che sostenevano persino che alcune donne nascevano prostitute e pertanto non sarebbero mai cambiate. Quella legge fu una tappa importante nel cammino di liberazione della donna. Oggi quella senatrice, Lina Merlin, sarebbe in prima linea contro la tratta di questo nostro tempo». Non meno importante la reazione ferma che bisogna avere contro chi usa violenza fisica e psicologica, fino in molti casi a procurarne la morte, contro mogli, figlie e fidanzate. Non possiamo continuare ad assistere inerti alla violenza nelle case e nelle strade. È infatti un compito costante di tutti rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza, impediscono il pieno sviluppo di ogni persona umana. Sul mercato del lavoro le condizioni delle donne italiane sono ancora critiche e il tasso di occupazione femminile insoddisfacente, soprattutto se paragonato agli altri Paesi europei. Nella nostra società infatti ci sono risorse civili e morali in grado di continuare il percorso della libertà, della parità, della differenza che arricchisce la comunità. Il presidente Mattarella ha anche espresso parole durissime sugli uomini “complici” della tratta. Mi piace ricordare il 7 dicembre 2018, quando Mattarella aveva partecipato a Rimini al 50esimo anniversario della Papa Giovanni XXIII, incontrando anche le ragazze salvate dalla strada. In quell’occasione mi venne spontaneo rivolgergli la richiesta di dedicare la festa della donna pensando alle vittime di tratta. Lui ci ha ascoltato.

Il Presidente Sergio Mattarella in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale della Donna, dal titolo “Mai più schiave” (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Esempi di vita

Ai giovani si presentano due modelli di vita: da una parte quello indicato dal Papa che soffre con le donne violate e che incita le nuove generazioni ad avere il coraggio di compromettersi e di sapersi battere a favore del bene; dall’altro quello di un sistema “antipersona”, ovvero di una costruzione ben studiata per ridurre l’essere umano a una cosa senza anima. La visione alla quale destinare la propria vita, invece, trae fondamento dall’intera storia cristiana che proietta l’individuo nell’avvenire, prescindendo da ogni vincolo temporale. Nell’antropologia cristiana, infatti, il tempo e l’uomo coincidono. La nostra società ha indubbiamente bisogno di prospettive lungimiranti, quindi non a scadenza ravvicinata come gli alimenti. La prostituzione è un’inequivocabile e terribile violazione della dignità umana. Considerando che la dignità umana è espressamente citata nella Carta dei diritti fondamentali, il Parlamento europeo ha il dovere di riferire in merito alla prostituzione nell’UE e di esplorare soluzioni che consentano di rafforzare la parità di genere e i diritti umani a tale riguardo. Quindi è impensabile poter legittimare il desiderio perverso e disumano rivolto a giovanissime ragazze usate come carne da macello per soddisfare chi pensa di avere il diritto di comprare il corpo altrui per motivi sessuali.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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