Disabilità e bullismo, un messaggio per “riempire il vuoto”

L'aumento del fenomeno del bullismo nei confronti delle persone più fragili e le azioni di prevenzione messe in campo dal progetto "Inclusi" spiegate a Interris.it da Giovanni Merlo, direttore di Ledha

Bullismo (@ Anemone123 da Pixabay)

I dati Istat ci dicono che, la metà degli studenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, è stata vittima di bullismo da parte dei propri coetanei con offese verbali, derisione per l’aspetto fisico o il modo di parlare, esclusione dal gruppo a causa del proprio credo o delle proprie opinioni, fino alla violenza fisica o ad altre forme di prevaricazione, come ad esempio il cyberbullismo.

Gli studenti con disabilità

In questo quadro, il fenomeno del bullismo nei confronti degli studenti con disabilità è ancora poco indagato. Ciò ha fatto sì che, diverse realtà, sotto il coordinamento di Ledha, hanno dato vita all’indagine esplorativa denominata “Inclusi” la quale, quest’anno, ha approntato uno spot, intitolato “Riempire il vuoto, insieme contro il bullismo”. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato il dott. Giovanni Merlo direttore di Ledha.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’intervista

Dott. Merlo, come nasce e che obiettivi ha lo spot dal titolo “Riempire il vuoto, insieme contro il bullismo”?

“Lo spot costituisce l’esito di un lungo e articolato percorso di lavoro, avvenuto per alcuni anni all’interno del progetto “Inclusi”, il quale prevede una serie molto ampia di azioni dedicate ai ragazzi con disabilità, di cui una è dedicata alla prevenzione del bullismo. In particolare, insieme ad un ampio gruppo di partner provenienti da diverse regioni italiane, abbiamo condotto una ricerca bibliografica e svolto degli interventi negli istituti scolastici, al fine di interrogarsi sulle ragioni profonde della relazione tra disabilità e bullismo. Abbiamo così scoperto che, i testi e gli studi disponibili, sono relativamente pochi.”

Quale può essere lo strumento migliore per contrastare il bullismo e, allo stesso tempo, generare una società più inclusiva?

“L’attuale rappresentazione del bullismo risulta essere abbastanza inadeguata. Questo fenomeno non può nascere solo dall’incontro di una persona o di un gruppo aggressivo con uno fragile, non è quindi una questione di buoni o cattivi. Lo stesso costituisce un’azione ripetuta di accanimento, perpetrato da una persona o da un gruppo, verso un altro in base a delle caratteristiche specifiche. Questa relazione, pertanto, si caratterizza in un contesto più ampio, come ad esempio quella di gruppo della classe o della scuola non che per qualunque altro centro di aggregazione. Ciò rappresenta il sintomo di una situazione in cui, la cura delle relazioni tra le persone che formano un determinato gruppo, non è stata seguita in modo corretto. La relazione tra bullismo e disabilità, di conseguenza, nasce all’interno di un contesto dove c’è un certo consenso in merito alla stigmatizzazione e inferiorizzazione della stessa.”

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Foto di Sam Balye su Unsplash

Cos’è emerso nel corso della vostra attività?

“Nel corso delle attività abbiamo imparato ad accogliere il punto di vista dei ragazzi il quale, arriva a delle conclusioni abbastanza simili rispetto a quelle degli esperti. Nel momento in cui, i più giovani, vengono lasciati da soli, è possibile che, in alcuni contesti in cui l’aggressività non viene considerata in modo negativo, possano nascere e svilupparsi fenomeni di bullismo. Nel momento in cui invece, gli adulti sono presenti in modo positivo, il gruppo nel suo complesso, sa generare gli anticorpi adatti affinché determinate situazioni non degenerino in bullismo. Un ulteriore aspetto che scaturisce dalla semplice osservazione è costituito dal fatto che nell’immaginario comune, il ragazzo con disabilità, sta sempre dalla parte della vittima. È possibile invece che, in determinate condizioni, coloro che sono affetti da disabilità, decidano di indossare i panni del bullo per sentirsi più accettati.”

Che messaggio avete voluto veicolare attraverso lo spot?

“Nello spot abbiamo cercato di dire che, se vogliamo prevenire e contrastare efficacemente il bullismo dobbiamo coglierne le radici profonde. Punire questi fenomeni indubbiamente serve ma, se ciò non è inserito in un contesto di relazioni positive, profonde e significative perde di efficacia. Tutto questo produce un cambiamento positivo, se gli adulti sono coinvolti e percepiti nelle relazioni con i ragazzi.”

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Foto di Scott Webb su Unsplash

Quali sono i vostri auspici per il futuro in riguardo a questi temi?

“Vorremmo che, tutto ciò che abbiamo sperimentato nel corso del progetto, possa generare qualcosa di nuovo nelle coscienze delle persone e nella consapevolezza del fenomeno del bullismo, approfondendo la relazione tra lo stesso e la disabilità.”