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Al servizio di sei papi. Le memorie di un diplomatico vaticano

Vaticano

Foto di Eduardo Garcia-Nieto su Unsplash

Dal profondo sud segregazionista alla Santa Sede. L’Istituto italiano di cultura di New York ha ospitato la presentazione del libro di monsignor Hilary C. Franco “Six Popes: A Son of the Church Remembers” (Humanix Books). Nel volume “Sei papi: un figlio della Chiesa ricorda” il prelato racconta la sua intensa esperienza pastorale nel profondo sud degli Stati Uniti all’inizio degli anni ’60. Il suo lavoro a Roma nelle sessioni del Concilio Vaticano II che ridefinirono la Chiesa. Per poi ripercorrere il tempo trascorso al servizio della Chiesa nelle missioni diplomatiche a Washington D.C. e alle Nazioni Unite. Monsignor Franco condivide i ricordi di alcune delle personalità più affascinanti che ha conosciuto nel corso degli anni. Presidenti degli Stati Uniti. Capi di Stato stranieri. E santi come Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta. Da Belmont, il suo quartiere nel Bronx, monsignor Hilary C. Franco si ritrovò a lavorare con le figure più autorevoli e influenti della Chiesa cattolica. Frequentò da giovane il più importante seminario di Roma, divenendo, di lì a poco, assistente speciale dell’arcivescovo Fulton Sheen.
Foto di chris robert su Unsplash

Dagli Usa al Vaticano

Consigliere della Missione permanente della Santa Sede all’Onu, il prelato ha rievocato i passaggi più importanti del suo lungo servizio nella Chiesa universale con la giornalista Deborah Castellano Lubov, direttore editoriale e corrispondente dal Vaticano e da Roma per Exaudi (e, prima, per Zenit). Autrice del saggio “The Other Francis” (“L’Altro Francesco”) con interviste alle persone più vicine al Papa e prefazione del Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin (finora pubblicato in 5 lingue). E’ anche analista vaticana per Nbc e Msnbc. Segue il Papa nei viaggi apostolici nel mondo. “La storia è sempre stata una delle mie materie preferite. Da quando mi convinsi che Cicerone aveva ragione a dire che la storia è maestra di vita- spiega monsignor Franco-. A un certo punto della mia vita mi sono accorto che volente o nolente, avevo attraversato un bel tratto di storia. Oltretutto anche molti amici me lo rammentavano, quindi ho sentito in coscienza che forse avrei dovuto condividere coi posteri quel che avevo vissuto nella mia lunga vita”.  Per quanto riguarda la rete diplomatica vaticana sono 95 i nunzi attualmente in attività per il mondo. Inoltre oggi sono una novantina le cancellerie di ambasciate con sede a Roma. I Paesi rimanenti sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. Con papa Francesco sono diventati residenti gli ambasciatori “non residenti” di Armenia, Azerbaigian, Belize, Ghana, Malaysia, Palestina, Sud Africa e Svizzera. Il decano del Corpo diplomatico è Georgios Poulides, a Roma dal 2003 come ambasciatore di Cipro. Cristiano ortodosso, è il primo non cattolico a ricoprire l’incarico.
Foto di Guy da Pixabay

Sei papi

Racconta monsignor Hilary C. Franco a Exaudi: “Sarebbe impossibile per me individuare la persona che più mi ha colpito. Ognuna di queste personalità ha avuto un impatto speciale su di me. E mi ha lasciato qualcosa diventato parte della mia persona. Son convinto che i papi, i presidenti e i santi che ho avuto il privilegio di incontrare o servire ebbero tutti una chiamata speciale dall’alto. Utilizzando talenti che, nonostante le loro fragilità e i loro limiti umani, avrebbero fatto la storia contemporanea“. Il prelato statunitense rievoca “le diverse personalità dei papi. Devo dire che tutti sono stati veramente ‘coi piedi per terra‘, perché avevano tutti a cuore le necessità del popolo di Dio nel loro particolare momento storico. Impartendo le direttive necessarie a superare situazioni mondiali molto difficili. Basti pensare all’impatto dell’azione di San Giovanni Paolo II sulla caduta del regime sovietico“. All’inizio del ’900 erano una ventina i Paesi che avevano rapporti con la Santa Sede: ora sono 184. “Nel campo delle relazioni bilaterali la Santa Sede intrattiene ormai pieni rapporti diplomatici con quasi tutti gli Stati dell’orbe- analizza Gianni Cardinale, vaticanista di Avvenire– Lo scorso anno è arrivato finalmente quello con l’Oman, segno di un ulteriore rafforzamento della diplomazia vaticana nel delicato quadrante mediorientale. All’inizio del 2023 infatti sono stati nominati due nunzi residenti negli Emirati Arabi Uniti e in Giordania. Essi si aggiungono a quelli storicamente presenti in Egitto, in Israele e Palestina, in Libano, in Siria, in Iran, in Iraq e in Kuwait“. Nell’area rimane un solo Paese, l’Arabia Saudita, a non avere rapporti diplomatici con Oltretevere. Eppure nel 1900 erano appena una ventina i Paesi che avevano rapporti diplomatici con la Santa Sede. Diventati 49 nel giugno 1963, nell’agosto 1978 ammontavano già a 89 e nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono arrivati a 180. E con papa Francesco sono diventati ora 184 (più Unione Europea e Ordine di Malta).
Foto di Simone Savoldi su Unsplash

Amore per la Chiesa

“Io credo che ogni papa, essendo una persona umana, sia diverso dall’altro, ma per qualche motivo sento che la Provvidenza, lo Spirito di Dio, suscita un determinato pontefice secondo le necessità dei tempi – dichiara monsignor Franco a Exaudi-. E qui si potrebbe citare ognuno dei papi del XX secolo che sembrano essere stati scelti per quel loro particolare momento storico. Anche Francesco è stato scelto per questo nostro tempo, in un mondo schiavo della tecnologia e dell’indifferenza al bisogno dell”altro’ e in un pianeta a rischio di enormi problemi ambientali. Il segno che caratterizza tutti i papi che ho visto e servito nella mia lunga vita è il loro amore per Dio, per la Chiesa e per il Popolo di Dio”. Gli ultimi Stati ad allacciare pieni rapporti con Oltretevere sono stati il Sud Sudan (2013), la Mauritania (2016), Myanmar (2017) e l’Oman. Nel 2016 poi le “relazioni speciali” intrattenute con lo Stato di Palestina, definito così ufficialmente dalla Santa Sede successivamente alla risoluzione Onu 67/19 del novembre 2012 che gli ha concesso lo status di osservatore permanente, sono diventate rapporti diplomatici a pieno titolo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo globale firmato nel giugno 2015. “Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1972 non risiede più un nunzio, ma un semplice ‘incaricato d’affari ad interim’- ricostruisce Gianni Cardinale-. Nei colloqui in corso con la Cina che hanno portato allo storico Accordo provvisorio e parziale sulle nomine episcopali del settembre 2018, rinnovato per un ulteriore biennio nel 2020 e poi ancora nell’ottobre 2022, non sembra sia stata ancora affrontata la questione dei rapporti diplomatici. Anche se alla Santa Sede non dispiacerebbe poter aprire un ufficio informale a Pechino”.

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Missione all’Onu

A proposito del suo lavoro nell’ufficio della Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Franco evidenzia che “noi siamo una delle 193 delegazioni alle Nazioni Unite non come rappresentanti di una religione. Siamo presenti all’Onu come rappresentanti di uno stato, lo Stato della Città del Vaticano, ufficialmente ‘Santa Sede’, pur senza diritto di voto. San Giovanni Paolo II insisteva nel dire che non avremmo dovuto avere diritto di voto. Per evitare in definitiva di prendere posizione su questioni molto delicate. I nostri interventi in difesa dei valori più importanti, come i diritti umani, la vita, la pace sono sempre bene accolti dall’Assemblea Onu. E veramente è stata fatta la storia quando i papi hanno fatto visita all’Onu a New York, ad iniziare da san Paolo VI, 4 ottobre 1965, la prima visita di un papa all’Onu e negli Usa, fino alla visita di Papa Francesco il 25 settembre 2015. E tutti, compresi san Giovanni Paolo II che venne due volte e Papa Benedetto XVI, hanno ribadito il messaggio lanciato la prima volta all’Assemblea Onu da San Paolo VI: ‘mai più la guerra!‘. Un caso particolare è quello del Vietnam, dove già dal 2011 veniva nominato un rappresentante vaticano non residenziale.

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Diplomazia del Vaticano

Lo scorso anno è stato siglato l’Accordo sulla presenza ad Hanoi di un “rappresentante pontificio residente”, il che, ha spiegato il cardinale segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin non è “solo un traguardo”, bensì “un nuovo inizio”. Nel segno «del reciproco rispetto e della reciproca fiducia » tra Santa Sede e la Repubblica socialista del Vietnam. Il porporato ha anche specificato che tale Accordo crea una «res nova in iure» nella diplomazia vaticana. Infatti, precisa Gianni Cardinale, “il rappresentante pontificio residente, pur non essendo formalmente un nunzio – visto che tra le due parti ancora non ci sono pieni rapporti diplomatici – avrà, al pari di esso, ‘il compito di rafforzare le relazioni amichevoli tra Santa Sede e governo’ e potrà ‘partecipare agli incontri ordinari del Corpo diplomatico e ai ricevimenti, nonché avere incontri personali con i diplomatici‘. Il 23 dicembre 2023 l’arcivescovo Marek Zalewski, da “non residente” quale era dal 2018, è stato nominato rappresentante pontificio residente ad Hanoi. Per quanto riguarda il Kosovo, il cui riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso”. La Santa Sede, inoltre, “si è per ora limitata a nominare un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia. E quando il Pontefice riceve le autorità kosovare, di norma queste udienze non si rendono pubbliche ufficialmente nel Bollettino o sull’Osservatore Romano“, conclude Gianni Cardinale.

 

Giacomo Galeazzi: