Il vaso dell’instabilità mediorientale sembra sul punto di traboccare. In pochi giorni, diverse gocce hanno fatto alzare il livello dell’acqua, avvicinandolo al bordo. L’attacco con droni su Tel Aviv, dentro Israele, rivendicato dai ribelli yemeniti Houthi. I dodici bambini e ragazzi uccisi da un razzo, addebitato ai miliziani libanesi Hezbollah, in un villaggio druso-israeliano sulle alture del Golan. Il raid israeliano su Beirut, dove è stato ucciso il numero due del Partito di Dio del Paese dei cedri, Fuad Shukr. Fino alla morte di uno dei vertici di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre era nella sua residenza di Teheran, dove si era recato per la cerimonia del giuramento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian. L’ultima notizia è quella che manda in fibrillazione un contesto dove il battito cardiaco è costantemente accelerato da quasi dieci mesi. Se in tutto questo tempo si sono susseguiti attacchi, risposte, rappresaglie e contro-rappresaglie che hanno fatto traballare il vaso, mentre si riempiva, ora rischia che venga fatto cadere. “Lo scenario è imprevedibile, la situazione è ingovernabile e in evoluzione in un contesto complesso e volubile”, spiega a Interris.it nell’intervista che segue Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Ce.SI – Centro Studi Internazionali.
L’intervista
L’eliminazione di Shukr e Haniyeh sono le gocce che fanno traboccare il vaso dell’instabilità?
“Sono elementi fortemente indicatori dell’instabilità che regna nella regione e che aggravano il contesto, entrambe le parti potrebbero percepirli come motivo di frizione per una guerra mediorientale. Ci stiamo indirizzando verso questo scenario e mi pare che nessuno si sia tirando indietro”.
Che fine fanno i negoziati su Gaza?
“Allo stato attuale mi pare traspaia volontà di interromperli, anche per effetto delle azioni di questo tipo – ammesso che ci fossero dei negoziati effettivi, dato che ogni volta c’è stato un sabotaggio, diretto o indiretto. E’ più verosimile che vengano ricompresi in una ridefinizione dell’alveo principale dello scontro, quello tra Israele e Iran, e quindi la dinamica di Gaza abbia un suo sviluppo ‘naturale’ non necessariamente positivo”.
Cosa intende dire?
“Le operazioni via terra israeliane si esauriranno senza che Hamas sia stata distrutta e con tutte le ripercussioni che ricadranno sui palestinesi”.
Israele ha colpito a Beirut. E’ stata risposta ai fatti di sabato o è l’apertura del fronte nord?
“Se si fosse limitato all’uccisione del leader di Hezbollah, presumibilmente l’azione sarebbe rientrate nella risposta israeliana ai 12 morti di Majdal Shams. Ora come ora sembra che Israele, anzi ognuna delle due parti, cerchi l’elemento escalatorio che dia vita alla di conflittualità”.
Quali sono le conseguenze?
“Oggi Israele rischia di essere circondato da più minacce contemporaneamente. Il cosiddetto ‘Asse della resistenza’ (la coalizione a guida iraniana, ndr) potrebbe ricorrere alla propaganda per sovrapporre i vari conflitti interni a quello ‘principale’ per legittimarsi e farsi passare come vittime dell’aggressione. Una situazione ambigua e pericolosa”.
Che lettura dà dello scenario mediorientale?
“Ad oggi ogni scenario è valido, dato che la situazione è ingovernabile e in evoluzione all’interno di un contesto altamente complesso e volubile. Se dovessi scegliere un termine per riassumere una lettura, direi ‘imprevedibilità’”.
Cosa faranno gli Usa e i Paesi arabi?
“Questa situazione comporterà la discesa in campo di altri attori. Gli Stati Uniti hanno la necessità e l’obbligo di supportare l’alleato israeliano, ma così facendo esporrebbero i propri soldati in Medio Oriente e nel Golfo a possibili rappresaglie. I Paesi arabi continuano a rimanere neutrali, ma i recenti fatti potrebbero costringerli a cambiare atteggiamento e assumere approcci più espliciti”.
E Russia e Cina?
“E’ una situazione a loro favore. La potranno utilizzare nella loro retorica antistatunitense e antioccidentale rivolta ai Paesi del Sud Globale, con l’orizzonte di ridisegnare il nuovo ordine mondiale”.