E’ stata presentata la XVIII edizione dell’Osservatorio sulle Migrazioni a Roma e nel Lazio, curata dal Centro Studi e Ricerche IDOS con il sostegno e la collaborazione dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V. Il rapporto analizza il panorama migratorio della regione sulla base dei dati d’archivio più aggiornati, senza tuttavia trascurare indagini più recenti sugli effetti territoriali osservabili a circa tre anni dalla pandemia e a oltre un anno dalla guerra in Ucraina. Gli indicatori di presenza sul territorio restano inferiori ai livelli del 2019. Ciò nonostante, il Lazio e la Città metropolitana di Roma si confermano in Italia al secondo posto tra le regioni e al primo tra le province.
Interris.it ha intervistato la curatrice del rapporto, la dottoressa Ginevra Demaio ricercatrice sociale senior presso il Centro Studi e Ricerche Idos, per comprendere il perché Roma sia da considerare il campo di studio principale del fenomeno migratorio in Italia tanto da anticipare i trends futuri.
L’intervista a Ginevra Demaio di IDOS
Perché un report immigrazione incentrato su Roma e il Lazio?
“Perché Roma è stata una delle prime città italiane a conoscere il fenomeno dell’immigrazione dall’estero, già dagli anni ’70. Inoltre, ha sempre anticipato quanto poi, a distanza di anni, è avvenuto anche nel resto del Paese, quindi è un ottimo campo di osservazione dell’immigrazione in Italia. Non a caso, ancora oggi il Lazio è la seconda regione italiana per numero di residenti stranieri (dopo la Lombardia) e la Città metropolitana di Roma è la prima tra tutte le province”.
Qual è stato l’aspetto centrale del rapporto?
“Nel 2021, per la prima volta da quando l’Italia è un Paese di immigrazione, il numero degli stranieri residenti nel Lazio è calato, attestandosi a 618.142 persone, il 10,8% della popolazione complessiva (in Italia 8,5%). La diminuzione è stata di 17.427 unità (-2,7%) in linea con la media nazionale). L’andamento negativo è stato trainato dalla Città metropolitana di Roma, dove i residenti stranieri sono diminuiti di 17.339 unità (-3,4%). Il calo ha coinvolto soprattutto le donne (-13.688), la cui quota sul totale dei residenti stranieri resta però maggioritaria (51,4%)”.
Cosa ha causato questo storico calo?
“E’ effetto principalmente della riduzione del saldo naturale (vale a dire la differenza tra nati e morti) e del saldo migratorio (la differenza tra stranieri in entrata e in uscita dal territorio nazionale); nonché degli effetti a medio termine della pandemia e delle sue conseguenze, inclusi rallentamenti e difficoltà nel perfezionamento delle pratiche di iscrizione anagrafica dovuti alla ridotta o più difficoltosa operatività degli uffici pubblici”.
Quali peculiarità hanno Roma e il Lazio rispetto alle altre metropoli e regioni d’Italia?
“Tra le peculiarità della città di Roma vi è un’immigrazione prettamente euro-asiatica, con elevati numeri di residenti di origine europea (soprattutto romeni, ma anche ucraini, moldavi, polacchi), ma anche di filippini, bangladesi e cinesi, che qui sono rappresentati in misura decisamente più elevata rispetto ad altre metropoli e regioni. Altra caratteristica è il forte impatto, nel lavoro, dell’area dei servizi e del settore alberghi/ristoranti, molto sviluppati in una città come Roma e in cui lavorano prettamente cittadini stranieri, in particolare le donne nell’ambito dei servizi in famiglia o nelle pulizie (private ma anche di uffici e negozi). Roma è inoltre, insieme a Milano, la città italiana con il più alto numero di imprese gestite da cittadini stranieri, al punto che queste nella Capitale rappresentano il 15% di tutte le imprese presenti e nella regione il 13%. Per l’area romana si tratta della prima diminuzione della popolazione straniera dopo oltre 20 anni, durante i quali la crescita era stata ininterrotta e la popolazione straniera era quasi quadruplicata”.
Quali sono le nazionalità dei migranti?
“Nel Lazio sono presenti 186 cittadinanze. E’ la Romania, con oltre 196mila residenti (+3.490), a rappresentare quasi un terzo degli stranieri (31,8%); il secondo gruppo è quello dei filippini (-2mila), con una quota del 6,9%, cui seguono bangladesi (6,5%) e indiani (5,1%). Tra i primi 15 gruppi nazionali, oltre ai romeni crescono solo nigeriani e pakistani. La collettività ucraina, che nel Lazio conta più di 22mila persone (il 9,9% delle presenze in Italia), è stata un essenziale punto di riferimento per i connazionali in fuga dalla guerra, scoppiata di lì a poco”.
Quali conseguenze sull’immigrazione dalla guerra?
“La guerra in Ucraina ha prodotto un incremento di minori stranieri non accompagnati (o MSNA) nel Lazio: 1.087 a fine 2022, più del doppio del 2021. Il loro arrivo ha determinato un abbassamento dell’età media (il 20,3% ha meno di 15 anni a fronte dello 0,3% del 2021) e un incremento della quota femminile (dal 3% del totale del 2021 al 15%). L’Ucraina è diventata così il primo Paese d’origine di questi minori (453, 41,7%), seguita da Egitto (31,7%), Tunisia (8,7%), Albania (5,2%) e Turchia (2,7%)”.
Il numero degli stranieri residenti nel Lazio e a Roma è calato. Quali conseguenze?
“Come detto, il calo della popolazione straniera residente va letto come effetto di più fattori concomitanti (nuovo metodo del Censimento della popolazione, calo delle nascite tra gli stranieri, incremento delle morti, ma anche acquisizione della cittadinanza italiana, visto che nel Lazio nel 2021 le acquisizioni sono cresciute del 45% rispetto al 2020) che convergono nel rilevare un cambiamento delle caratteristiche della popolazione immigrata, composta non più solo da giovani, ma sempre più composita, con un incremento degli anziani e che, in generale, fa propri gli stili di vita degli autoctoni, ad esempio riducendo il numero dei figli. In un Paese come l’Italia in cui la popolazione è in calo da anni e conta una quota di ultrasessantenni già oggi pari a un quinto della popolazione, questo è un male in termini di contributo alla società, al mercato del lavoro e anche al sistema pensionistico, che in assenza del contributo dei lavoratori di origine immigrata rischia nel futuro di non avere sufficienti risorse per tutti i pensionati. Più in generale, l’Italia ne risulterebbe impoverita in termini di cosmopolitismo e capacità di competizione nel sistema globalizzato”.
Calano le nascite anche da coppie straniere. Segno dei tempi o casualità?
“Segno dei tempi, delle difficoltà economiche, delle carenze del welfare nazionale a sostegno delle famiglie con figli o che ne vogliano avere”.
Quali conclusioni?
“L’immigrazione è ormai una componente essenziale al Paese e che potenzialmente può contrastarne il declino, ma affinché questo accada servono delle politiche nuove, aperte, inclusive e che riconoscano la cittadinanza alle nuove generazioni, anche per non continuare a farli sentire eterni stranieri, con tutte le ricadute negative oggi evidenti in Francia con le rivolte delle banlieues”.