Foto di Abdulai Sayni su Unsplash
Pulizia etnica e crimini contro l’umanità a El Geneina, Darfur occidentale, in Sudan. Questa la denuncia che Human Rights Watch (Hrw) rivolge alle forze paramilitari di supporto rapido che, dal 24 aprile all’inizio di novembre 2023, hanno condotto una campagna sistematica per eliminare gli appartenenti all’etnia Massalit. Migliaia di civili, per lo più uomini e adolescenti, ma anche bambini più piccoli, anziani e donne, sono stati uccisi in meno di due mesi e altre migliaia sono rimasti feriti. Nel rapporto di Hrw si legge infatti che le violenze non hanno risparmiato i minori, con migliaia di bambini e adolescenti fucilati. Le ragazze e le donne sono state violentate, i detenuti torturati. Tutti civili disarmati della comunità Massalit, presi di mira in modo sistematico e uccisi in gran numero. Il picco, si legge nella denuncia, è stato raggiunto il 15 giugno 2023, quando le Forze di supporto rapido (Rsf) hanno attaccato una clinica medica improvvisata ad El Geneina, dove erano ricoverati 25 pazienti feriti. Un testimone, Ali, racconta che “hanno iniziato a spararci addosso e hanno ucciso tutti tranne me e una donna. Mi hanno sparato al braccio destro. Mi sono accasciato, fingendo di essere morto”.
Hrw parla delle “peggiori atrocità contro i civili finora commesse nell’attuale conflitto in Sudan“, ma il numero totale dei morti è sconosciuto. Il personale della Mezzaluna Rossa sudanese ha detto di aver contato duemila cadaveri per le strade di El Geneina il 13 giugno e poi si è fermata. Gli esperti delle Nazioni Unite sul Sudan hanno stimato, citando fonti di intelligence, che tra le 10mila e le 15mila persone sono state uccise a El Geneina nel 2023. Non solo. Le Rsf e le milizie alleate hanno metodicamente distrutto le infrastrutture civili, saccheggiato, bruciato, bombardato e raso al suolo quartieri. Colpendo anche le scuole, che ospitavano principalmente sfollati Massalit. Il risultato è che oltre 570mila persone, prevalentemente Massalit e membri di altri gruppi non arabi, si trovano ora nei campi profughi in Ciad, con poche speranze di tornare a casa sani e salvi nel prossimo futuro. A ciò si aggiunge l’emergenza alimentare.
“Nel campo di Zamzam è in corso un disastro di dimensioni catastrofiche. La situazione è critica, il livello di sofferenza è immenso e nonostante la situazione sia nota da quasi tre mesi, non si sta facendo abbastanza per aiutare chi sta lottando per sopravvivere – afferma Claire Nicolet, responsabile della risposta di emergenza di Msf in Sudan – Con l’intensificarsi dei combattimenti, siamo estremamente preoccupati che sarà ancora più complicato far arrivare i tanto necessari aiuti internazionali che chiediamo. Inoltre, con l’avvicinarsi della stagione di magra, “temiamo che nelle prossime settimane la crisi di malnutrizione, già molto grave, possa peggiorare rapidamente. La vita di centinaia di migliaia di persone era già in pericolo e il rischio continua ad aumentare. È imperativo che la risposta umanitaria sia incrementata rapidamente, affinché questa crisi non diventi una catastrofe. Perché ciò accada, è fondamentale che le parti in conflitto agiscano per consentire un accesso umanitario sicuro e la protezione dei civili“.
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