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Dal carcere alla vita da educatore: la storia di Daniel Zaccaro

L'intervista di Interris al dott. Daniel Zaccaro, un'adolescente dal passato difficile ora diventato educatore. La sua esperienza di rinascita è stata raccontata nel libro "Ero un bullo"

Nella vita, soprattutto durante il percorso della crescita, ognuno di noi può cadere e sbagliare ma, per alzarsi nuovamente e riprendere la propria strada, bisogna essere pronti ad ammettere i propri errori, mettersi in gioco e afferrare le diverse mani tese che ci vengono date. Questi valori sono alla base della storia di Daniel, un giovane uomo che, dopo un’infanzia ardua segnata da numerose difficoltà ed episodi di bullismo, ha saputo farsi aiutare, imparando dai suoi sbagli e diventando un brillante esempio per gli altri.

Il percorso di Daniel Zaccaro

La forza e la costanza, insieme ad una grande voglia di voltare pagina e dare il meglio di se, sono le caratteristiche che descrivono meglio il percorso di crescita di Daniel Zaccaro, un ragazzo di trent’anni che, dopo essere nato in un contesto difficile della periferia di Milano, è diventato educatore e racconta la sua storia di rinascita ai più giovani. La sua vicenda è stata oggetto del libro “Ero un bullo. La vera storia di Daniel Zaccaro”, scritto da Andrea Franzoso ed edito da DeAgostini. Interris.it, in merito a questa esperienza di rinascita ed al suo valore educativo, ha intervistato il dott. Daniel Zaccaro.

Vimodrone (MI), Italia, 10 Gennaio 2022. Comunità Kayros Onlus, presentazione del libro Ero un bullo, di Andrea Franzoso. Il libro racconta la storia di Daniel Zaccaro.

L’intervista

Daniel, da dove nasce la sua storia?

“La mia storia nasce dal mio quartiere della periferia di Milano, Quarto Oggiaro, e da un campo da calcio, la mia più grande passione. Da lì si sono susseguiti molti eventi che hanno avuto un valore decisivo della mia vita. Il mio quartiere, in termini di opportunità, non è un luogo facile rispetto a quelle che hanno i giovani residenti in altri luoghi e questo si sentiva molto. Serbo però anche dei ricordi molto felici perché, questo luogo, ha un grande potenziale inespresso e raccoglie al suo interno anche i valori dell’amicizia della solidarietà e dell’appartenenza che ti facevano sentire in famiglia ovunque andavi”.

Recentemente è stato pubblicato un libro che racconta la sua vicenda di rinascita intitolato “Ero un bullo”. Che messaggio vorrebbe lanciare ai giovani?

“Il messaggio educativo lo si scopre da sé. Il mio scopo non è di insegnare qualcosa ma raccontare la mia storia perché, le biografie e le autobiografie, che leggevo quando ero in carcere, mi hanno salvato. Sentivo l’esigenza di dover restituire parte di quello che ho ricevuto dalla cultura e dalle storie degli altri. Se qualcuno potrà riconoscersi nella mia storia, in una parte di essa o in una frase, significa che il messaggio è arrivato e questo è l’elemento più importante. Le vicende narrate ci rendono veri e, a volte, più simili, ma soprattutto non ci fanno sentire soli. Questo è ciò che ho imparato ed ho voluto restituirlo”.

Nella sua esperienza ha incontrato un sacerdote, don Claudio Burgio, fondatore e presidente dell’associazione Kayrós. Che importanza ha avuto nel suo percorso di rinascita?

“Ho incontrato don Claudio mentre mi trovavo al Beccaria e successivamente mi ha ospitato nella sua comunità. Mi ha donato una diversa prospettiva di vita, insegnandomi a guardare verso i problemi in maniera nuova e più bella. Mi ha trasmesso il fascino del bene, ovvero il contrario della fascinazione per il male, i soldi e i rapporti di interesse che perseguivo in quel momento. Attraverso la comunità e gli educatori ho scoperto la bellezza delle relazioni autentiche e gratuite e il fatto che, il bene, è sempre più bello del male. Grazie a lui ho degli occhi nuovi”.

Qualche tempo fa ha raggiunto un traguardo importante laureandosi brillantemente e diventando un educatore. Cosa vorrebbe dire a un giovane che sta passando un momento di difficoltà?

“Prima di tutto vorrei dirgli che lo capisco perché, i tempi che stiamo vivendo non sono facili. Ci troviamo in un’epoca in cui, spesso, non si capisce più cos’è vero o falso. Penso che, ognuno, abbia il compito di scoprire il proprio talento e ciò per cui è più portato, indipendente dagli errori che si possono commettere e da cui ci si può sempre rialzare. Avere un sogno da realizzare può fare la differenza. Tutti noi abbiamo un talento che dobbiamo coltivare. Gli incontri con le persone sono importanti perché possono riconoscere qualcosa in noi che ci è sfuggito”.

Ha avuto un brillante percorso di rinascita. Cosa desidera per il suo futuro?

“Sto già vivendo il mio futuro che, in questo momento, sotto tanti punti di vista, è incerto. Portare la mia testimonianza ai giovani è un impegno molto importante e, forse un giorno, vorrei insegnare. Invece, parlando di sogni quasi irrealizzabili e, in un certo senso, per chiudere i conti con il passato, mi piacerebbe fare qualcosa nel mondo del calcio”.

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