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Da Venezia a Matera, il filo rosso del turismo che (ancora) non c’è

Dal caso Matera allo stop prolungato delle grandi città. Bocca (Federalberghi): "Situazione più complicata di quanto non sembri. L'ultimo Decreto? Un'aspirina"

Era pronta al lancio definitivo la città di Matera. Un 2019 vissuto da protagonista della cultura italiana, da capitale europea, centro nevralgico della storia e della tradizione lucana e della sua proiezione verso il futuro. Un anno di successi, di plauso unanime, di forza motrice rilevata proprio nel fermento culturale che ha accompagnato un’annata attesa dal 2014, e che ha definitivamente consacrato Matera come patrimonio del nostro Paese, portando a compimento un percorso di valorizzazione iniziato con l’inserimento dei Sassi nella lista dei beni Unesco, nel 1993. Un anno dopo, la pandemia non ha solo mescolato le carte ma ha truccato l’intero mazzo: l’impalcatura portante della Matera 2020 ha ceduto sotto i colpi del coronavirus, capace di assestare il colpo peggiore proprio al settore che, più di tutti, avrebbe dovuto contribuire a confermare la salita.

Deficit stimato

Senza turismo, l’Italia perde molto. E non solo per l’impossibilità, per chi arriva, di fruire delle meraviglie del nostro Paese ma anche per quella limitazione alla “partecipazione attiva” che era stata alla base del successo di Matera 2019. Una rete di servizi e cultura, a disposizione di chiunque volesse usufruirne, anni di preparativi, prima come candidata, poi come eletta… Un bel sogno di emancipazione definitiva, forti del milione di presenze raggiunto con l’annata da Capitale della cultura e, ora, alle prese con un passo indietro che i materani dovranno per forza di cose far diventare il propulsore della ripresa. Ripartire da zero? Non proprio, visto che pur con un deficit stimato di 17 miliardi per il settore turistico, l’esperienza accumulata e le imprese sorte con la spinta della nomina europea lasciano intatta la base per costruire un nuovo inizio.

Questione di indotto

L’inizio della Fase 2 qualche conferma l’ha portata: quella di una fase di convivenza con il virus che, tutto sommato, gli italiani sembrano in grado di poter condurre. E, nondimeno, la certezza che, senza l’apporto del settore turistico, la risalita dall’abisso della crisi economica rischia di spalmarsi per un periodo ben più lungo di quanto il Pil interno sia in grado di sopportare. E se l’arrivo della bella stagione corrisponde in qualche modo al desiderio di ricominciare davvero ad aggrapparci a un barlume di quotidianità, per quanto nuova possa essere, dall’altro palesa i tasselli che ancora mancano per completare il mosaico degli interventi a sostegno dell’impresa. Che, nello specifico, assume le sembianze delle strutture e degli operatori turistici, nient’altro che la punta dell’iceberg di un settore che, per sua natura, smuove l’indotto più qualunque altro: “Noi tiriamo su tutto – ha spiegato a Interris.it Bernabò Bocca, presidente nazionale di Federalberghi -. Se il turista con alte capacità di spesa non va in una destinazione o in un albergo, in quella destinazione sono tante le attività che ne risentono in maniera negativa”.

Piani strategici

La strategia, per Matera come per le altre città d’arte, è più o meno la stessa: ripensare (e potenziare) i protocolli di osservanza e rendere le proprie strutture più preparate possibile a combinare la ripresa dei flussi turistici e la convivenza forzata con il virus. Un programma volto non solo a rispettare le disposizioni di sicurezza, ma anche a mantenere per quanto possibile appetibile il volto delle proprie bellezze culturali, anche in una situazione di emergenza: “Ci sono zone del Paese in cui non ci sono contagi – ha detto ancora il presidente Bocca -, eppure continuiamo a mostrare un’immagine che fa apparire tutto il Paese come fosse a rischio, cosa che non è assolutamente vera, è un generalizzare. E, anche se la curva si sta notevolmente appiattendo, per uno straniero l’Italia resta un Paese a rischio. Secondo me dovremmo attivarci anche nelle sedi diplomatiche all’estero per fare interviste, sui principali quotidiani stranieri, per spiegare qual è la reale situazione“.

Zone svantaggiate

L’esempio di Matera, città che ha vissuto un importante slancio culturale, tale da avere riflessi sulle principali attività imprenditoriali del territorio, diventa in questo senso declinabile a ogni città, anche quelle storicamente più importanti da un punto di vista turistico: “Bisogna tirar fuori delle leggi che nel passato erano state fatte per le aree più svantaggiate del Paese e applicarle oggi a tutta l’Italia. Perché tutto il Paese, dal punto di vista turistico, è un’area svantaggiata. Perché quando si punta su un solo mercato, che rappresenta il 50% delle presenze ma molto meno in termini di fatturato del mercato italiano, sai già che ben che ti va si parte da meno 50. E’ un tema che riguarda Matera, ma anche una città come Parma, Capitale italiana della cultura di quest’anno. E anche città come Firenze, Venezia… tutto il Paese. La situazione è molto più drammatica di quanto uno può pensare. Per carità, nessuno perde la speranza che in futuro arrivino buone notizie. Ma oggi la situazione è complicata”.

Impronte di normalità

La questione, come sempre avviene da due mesi a questa parte, passa dai sostegni necessari a garantire la sopravvivenza dell’impresa. Specie di quelle realtà che, come nel caso della città lucana, sono sorte sullo slancio concesso dall’annata dell’investitura europea. E che, di riflesso, ora rischiano più di tutte di non riuscire ad ammortizzare le spese di partenza: “L’ultimo Decreto è un’aspirina – ha concluso Bocca -, che è sempre meglio di un bicchiere d’acqua. Ma non è quello che può risolvere le sorti di un settore. L’ultimo decreto è stato fatto con la logica di non dare priorità ai settori che, secondo me, sono i più colpiti, come il nostro, da questa crisi. Ci auguriamo che in sede di conversione, si possano fare aggiustamenti per risarcire un settore come quello turistico, assolutamente il più colpito”. E, magari, ripristinare perlomeno un’impronta di quella spinta culturale che, prima dell’interruzione della nostra normalità, forse non avevamo imparato ad apprezzare fino in fondo. Forse il 3 giugno se ne saprà di più.

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