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Curcio (Protezione civile): “La prevenzione deve diventare il centro delle nostre scelte”

L’intervista di Interris.it al Capo Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio in occasione della Giornata internazionale per la riduzione del rischio dei disastri

Il nostro Paese conosce i disastri legati ad eventi naturali estremi, come la devastazione e le 12 vite spezzate – mentre si cerca ancora l’ultima persona dispersa – nell’alluvione che ha travolto parte della regione Marche, colpendo con maggior intensità l’hinterland di Senigallia. Andando più indietro nel tempo, e al di fuori dei nostri confini nazionali, una data purtroppo storica è l’11 marzo 2011, quando un terremoto di magnitudo 8,9-9 al largo del Giappone settentrionale, ritenuto il più potente mai misurato in quel Paese dall’inizio delle registrazioni moderne e il quarto in assoluto a livello mondiale dal 1900, ha generato uno tsunami che ha ucciso quasi 20mila persone, ha travolto la città di Sendai e ha causato il disastro della centrale nucleare di Fukushima. Proprio la città giapponese dà il nome al Sendai Framework for Disaster Reduction, l’accordo internazionale per implementare le politiche di riduzione dei rischi dei disastri. Un tema, questo della riduzione dei rischi, che è il cuore della Giornata internazionale per la riduzione del rischio di disastri, che ricorre ogni 13 ottobre, istituita nel 1989, in seguito all’appello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la promozione una cultura globale della consapevolezza del rischio e della riduzione delle catastrofi.

© Dipartimento per la Protezione civile

L’intervista

In occasione della Giornata internazionale per la riduzione del rischio dei disastri e nel corso della Settimana nazionale della Protezione civile, Interris.it ha intervistato il Capo Dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio.

Cosa prevede il Sendai Framework for Disaster Reduction per rendere le città più resilienti ai disastri?

“Conoscere i rischi che ci si può trovare ad affrontare è essenziale per preparare la risposta al disastro, contenendone le conseguenze, prima di tutto la perdita di vite umane, poi i danni alle attività economiche e produttive, riducendo in modo sostanziale quelli alle infrastrutture critiche, la distruzione dei servizi di base e la compromissione dell’ambiente. Il concetto di resilienza applicato alle città riguarda in particolare la capacità di una comunità di adattarsi e di recuperare dopo un disastro naturale o antropico, come alluvioni, terremoti, uragani, incendi boschivi, sia dopo eventi critici più lunghi e riferiti a difficoltà socio-economiche o sanitarie. L’accordo internazionale di Sendai, con l’obiettivo globale di diminuire le perdite di vite umane, il numero delle persone colpite e i danni economici, prevede una serie di misure per rendere le città più resilienti al disastro e per ridurne la vulnerabilità e l’esposizione al rischio; si tratta di misure che coinvolgono la governance e i processi decisionali nelle amministrazioni, la capacità finanziaria, la pianificazione, la preparazione, la risposta al disastro, il recupero post-evento. In questa ottica la città e il contesto socio economico vanno pensati intorno alla capacità di rispondere e di adattarsi ai cambiamenti climatici lungo un percorso di sostenibilità ambientale”.

© Dipartimento per la Protezione civile

Quali sono le opere di prevenzione necessarie al nostro Paese per ridurre i rischi?

“Gli investimenti economici nelle opere e nella messa in sicurezza del territorio sono essenziali per prevenire e ridurre il rischio dei disastri, penso a un piano di adeguamento degli edifici nelle zone più esposte a rischio sismico o agli interventi per la cura e la difesa del reticolo idrografico, ma oltre alle opere strutturali è necessario agire anche con misure non strutturali, continuando ad insistere sulla conoscenza dei rischi e sulla cultura della prevenzione”.

Come si prepara una gestione dell’emergenza, penso ad esempio all’evacuazione delle persone e al fornirgli riparo, acqua e cibo, assistenza?

“La dotazione di piani di emergenza è obbligatoria per numerose realtà, dai luoghi di lavoro agli enti territoriali come Comuni e Regioni. Nei piani vengono elencate una serie di procedure da mettere in campo a partire dal momento in cui si verifica un evento critico, principalmente interventi di soccorso, assistenza alla popolazione e messa in sicurezza delle infrastrutture. La predisposizione del piano spetta quindi alla specifica entità locale. Ad esempio, ogni Comune redige il proprio piano di protezione civile nel quale, in base all’analisi del contesto e alla valutazione dei rischi peculiari del territorio, vengono individuate le procedure essenziali per affrontare l’emergenza, le attività previste per l’evacuazione, le aree di raccolta per la popolazione, gli edifici pubblici da impiegare come centri di accoglienza e ricoveri notturni. Gli interventi poi si esplicano in diverse fasi a seconda dell’emergenza. Naturalmente, a seconda della portata dell’evento, il coordinamento dell’emergenza può avvenire a livello comunale, provinciale – quindi attraverso le Prefetture – regionale e nazionale attraverso il coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile”.

© Dipartimento per la Protezione civile

E’ in corso la Settimana nazionale della Protezione civile, giunta alla sua quarta edizione. Quali eventi promuove?

“Questa settimana sono in corso numerose iniziative in diverse città italiane, con l’intento di sensibilizzare i cittadini ai temi di protezione civile e della mitigazione del rischio. Tra gli eventi principali, workshop e seminari dedicati all’evoluzione di scenari e mappe di rischio, un incontro con l’Osservatorio sulle buone pratiche di protezione civile, un convegno organizzato in partnership con Piccola Industria Confindustria con l’obiettivo di avviare un percorso formativo su temi specifici di protezione civile, una giornata dedicata al ruolo dei Comuni nell’ambito del Sistema di Protezione Civile organizzata da ANCI Umbria e ANCI Umbria ProCiv a Gualdo Cattaneo, che ha rappresentato un’importante occasione di confronto sui temi della pianificazione locale nell’ambito del Codice della protezione civile e sul ruolo del Sindaco come prima autorità di protezione civile. E ancora, un convegno ad Ancona sui cambiamenti climatici, comunità e sindaci resilienti, con il coinvolgimento del mondo universitario, un convegno a Procida sul tema dei vulcani e della cultura come strumento di resilienza della comunità, organizzato dalla Regione Campania in collaborazione con l’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e con il Dipartimento della Protezione Civile. In programma a Roma anche il convegno ‘Il futuro delle telecomunicazioni di emergenza’, che intitolerà a Giuseppe Zamberletti la Rete Nazionale delle Radiocomunicazioni Alternative d’Emergenza. Infine chiuderà la settimana la campagna di comunicazione ‘Io non rischio – Buone pratiche di protezione civile’, che sabato 15 e domenica 16 ottobre tornerà nelle città italiane”.

Quali sono i rischi su cui puntate a sensibilizzare i cittadini e le buone pratiche da attuare?

“L’iniziativa, che vede impegnati più di 8mila volontari e volontarie di protezione civile, si svolge in circa 600 Comuni italiani per informare i cittadini sui rischi a cui è esposto il territorio in cui vivono e per illustrare i buoni comportamenti da mettere in pratica in caso di alluvione, terremoto o maremoto. Inoltre nei Comuni dell’area flegrea e sulle isole di Vulcano e Stromboli, i volontari informeranno la popolazione sul rischio vulcanico. La campagna ha un’importanza strategica in termini di prevenzione non strutturale perché la consapevolezza dei rischi e la conoscenza dei corretti comportamenti da adottare in caso di emergenza rappresentano strumenti indispensabili di cui si può dotare il cittadino per avere un ruolo attivo nella prevenzione. La prevenzione deve diventare il centro delle scelte che quotidianamente siamo chiamati a fare. Quando acquistiamo una casa, ad esempio, o quando iscriviamo nostro figlio a scuola dobbiamo domandarci quali rischi potrebbero interessare quell’area e fare una scelta consapevole. I cittadini consapevoli dei rischi e di ciò che ciascuno può fare prima, durante e dopo un’emergenza sono cittadini più sicuri”.

© Dipartimento per la Protezione civile

Cos’è il roll up sull’allerta meteo-idrogeologica e idraulica?

“Il roll-up sul sistema di allertamento meteo-idro fa parte dei materiali informativi della Campagna ‘Io non rischio-buone pratiche di protezione civile’, che descrivono le caratteristiche di ogni rischio e i comportamenti corretti da adottare. Viene utilizzato soprattutto nelle piazze dedicate al rischio alluvione.  L’infografica illustra il sistema di allertamento relativo al rischio meteo-idrogeologico e idraulico e per ogni livello di allerta (gialla, arancione e rossa) sono indicati gli scenari di evento a cui corrispondono determinati effetti e danni. Il primo blocco del roll-up descrive il senso dell’allerta, vale a dire un avviso – simboleggiato da una campana – di possibili situazioni di rischio causate da eventi meteo-idro. La rappresentazione della maggiore intensità dei fenomeni è resa dalle onde di diverso colore. La seconda parte dell’infografica per ogni livello di allerta descrive gli effetti e i danni che possono verificarsi sul territorio”.

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