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Sos libertà religiosa. Un cristiano su 7 è in pericolo

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Foto di Ahna Ziegler su Unsplash

Libertà religiosa in pericolo. Papa Francesco parla di “ecumenismo del sangue”.  Ricordando che “in alcuni paesi ammazzano i cristiani perché portano una croce o hanno una Bibbia. E prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi. Siamo uniti in un’unica ferita”. Cresce ancora la persecuzione anticristiana: aumenta il pericolo soprattutto in Africa. Mai così intensa negli ultimi tre decenni. Salgono ad oltre 365 milioni di cristiani che sperimentano un livello alto di persecuzione e discriminazione nel mondo (1 cristiano su 7). La Corea del Nord stabile al primo posto. Sos per l’Africa Sub-Sahariana: più si destabilizza, più si estende la violenza su base religiosa.  Le cifre della persecuzione sono spaventose. 4.998 i cristiani uccisi, con Nigeria epicentro di massacri. 14.766 Chiese ed edifici cristiani attaccati. 3.906 i cristiani rapiti.

Foto © VaticanMedia

Libertà in pericolo

Jorge Mario Bergoglio ha istituito una Commissione per dare un nome, un volto e una storia ai tanti cristiani sconosciuti che in questi anni hanno perso la vita per testimoniare il Vangelo. La giornalista e scrittrice Maria Acqua Simi ha ottenuto il premio giornalistico dell’Associazione svizzera dei giornalisti cattolici per uno dei reportage scritti come inviata in Iraq. E ha raccolto alcune delle storie dei nuovi martiri. “Chi sono coloro che ancora oggi vengono perseguitati e uccisi per la propria fede in Cristo? – si chiede l’esperta di Medio Oriente -. Non è questione di numeri, non lo è mai stata. Anche se – come ha ricordato papa Francesco quando ha annunciato di avere istituito presso il Dicastero delle Cause dei Santi la Commissione dei nuovi martiri-testimoni della fede, in vista del Giubileo del 2025 – ‘i martiri sono più numerosi nel nostro tempo che nei primi secoli. Sono vescovi, sacerdoti, consacrate e consacrati, laici e famiglie, che nei diversi Paesi del mondo, con il dono della loro vita, hanno offerto la suprema prova di carità’. Da qui l’idea di Francesco di provare a raccogliere tutte le loro storie, sulla via già tracciata da Benedetto XVI e san Giovanni Paolo II“. Karol Wojtyla, infatti, nella lettera “Tertio millennio adveniente” aveva ricordato con forza che occorre fare di tutto perché l’eredità dei “militi ignoti della grande causa di Dio” non vada persa. È appunto quello che Francesco ha più volte definito “ecumenismo del sangue”.

Il Colosseo illuminato di rosso durante la Red Week. Foto: ACS/ACN

Testimonianze

“Alcune delle loro vite sono note, altre meno – racconta Maria Acqua Simi-. Molti ricorderanno l’uccisione del gesuita Frans van der Lugt in Siria, a Homs, nell’aprile 2014. Padre Frans, di origine olandese, viveva nel Paese mediorientale dal 1966 e allo scoppio della guerra si era rifiutato di lasciare la gente della sua comunità. Era l’ultimo sacerdote rimasto a Homs e in una lettera ai suoi superiori, pochi mesi prima di essere ucciso, scriveva: ‘Qui su decine di migliaia di cristiani ne sono rimasti solo 66. Come posso lasciarli soli? Il popolo siriano mi ha dato così tanto, tutto quello che aveva. E se ora la gente soffre io voglio condividere il suo dolore‘. E come dimenticare l’immagine dei 21 cristiani copti-ortodossi inginocchiati, con le tute arancioni utilizzate dall’Isis per i prigionieri, giustiziati sommariamente sulle coste libiche il 15 febbraio 2015 dai terroristi?”. Il loro sacrificio è stato riconosciuto anche dalla Chiesa cattolica che li ha inseriti nel Martirologio romano. Come segno della comunione spirituale con la Chiesa copto-ortodossa guidata da sua santità Tawadros II, il Papa di Alessandria. Prosegue Maria Acqua Simi: “Ci sono nomi che ci riportano alla mente altre storie simili, come quella di suor Maria De Coppi, religiosa comboniana uccisa in un attacco terroristico in Mozambico nel 2020. O quello di don Jacques Hamel, parroco della cittadina francese di Rouen sgozzato sull’altare della sua chiesa mentre celebrava la Messa. La stessa cosa accaduta a don Olivier Maire, ucciso nel 2021 da un ruandese che mesi prima aveva già dato fuoco alla cattedrale di Nantes“.

Foto: Aiuto alla chiesa che Soffre Italia

I nuovi martiri

“E che dire dei tanti religiosi e religiose uccisi in Messico, in Nigeria, ad Haiti per essersi opposti ai narcos, ai miliziani o alle bande armate? – aggiunge Maria Acqua Simi-. Tra loro c’era anche suor Luisa Dell’Orto, assassinata il 25 giugno 2022 a Port-au-Prince, capitale dell’isola caraibica. Da vent’anni lavorava ad Haiti in un centro, Kay Chal (Casa San Carlo) dove accoglieva i bambini orfani e più poveri della città. L’elenco è sterminato. Tocca tutti i continenti e non riguarda solo persone consacrate. Sono infatti migliaia i cristiani, e tra loro moltissimi giovani, uccisi in odio alla fede. Molti di loro sono sconosciuti. In Uganda un commando di uomini armati è entrato di notte nei dormitori di una scuola di Mpwonde e, dopo aver chiesto ai presenti di fede musulmana di allontanarsi, ha massacrato a colpi di machete bambini e bambine cristiani dai 12 ai 17 anni”. Il racconto è crudo. Dopo le violenze, hanno sbarrato le porte dei dormitori dando tutto alle fiamme. A morire sono stati 37 ragazzini e quattro adulti, tra cui il direttore dell’istituto, che erano accorsi in aiuto degli studenti. Non è stato possibile identificare i loro corpi perché completamente bruciati.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Nel mirino

“Chi erano quei ragazzi? Che famiglie e che vite avevano? Cosa significava per loro essere cristiani e cantare le lodi insieme ogni sera (come ha testimoniato una delle sopravvissute) condividendo però le giornate di studio con gli altri studenti musulmani? Cosa avranno pensato mentre venivano uccisi?- si interroga l’autrice di tanti reportage in Medio Oriente-. Una domanda che vale anche per Maryam, che nel 2015 a Mosul ha visto morire marito e figli per essersi opposti ai miliziani dello Stato Islamico, e che vale per Basharat Masih, un vedovo e un papà cristiano pakistano assassinato per vendetta. Aveva lottato per riportare a casa la figlia dodicenne, Hoorab, rapita a dicembre da un commerciante che l’aveva convertita forzatamente all’islam per poterla sposare. Vorremmo poter raccontare e dare un volto anche alle migliaia di cristiani uccisi negli ultimi anni in Kenya, Mozambico, Burkina Faso, Nigeria, Somalia, Iraq, Siria, Iran, Colombia, Messico, India, Sri Lanka. La lista è lunga e penosa. Il martirio dei cristiani non è però solo opera di fanatici terroristi. Spesso sono i governi dei Paesi dove la comunità cristiana è una piccola minoranza a perseguitarli”.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un. Foto: Vatican Media

Clandestinità

“Basti pensare alla Corea del Nord, dove la dittatura considera le religioni una stortura del sistema– spiega Maria Acqua Simi-. Chi viene scoperto in possesso di una Bibbia o di simboli religiosi rischia la pena di morte o di essere internato nei campi di prigionia (secondo Open Doors sono almeno 70 mila i cristiani detenuti senza processo nel Paese), dove stupri, lavori forzati ed esecuzioni sommarie sono la norma. Non va meglio in Afghanistan, dove la comunità cristiana vive in clandestinità per paura del regime talebano, o in Cina dove la libertà religiosa è un miraggio”. Spesso questi Stati perseguitano non solo i cristiani ma anche le altre minoranze religiose. Come nel caso degli uiguri confinati nei campi di lavoro illegali cinesi dello Xinjiang. O del Myanmar, che uccide e costringe all’esilio i musulmani rohingya, vittime di una vera e propria pulizia etnica. Sottolinea la giornalista e scrittrice: “In questi anni papa Francesco ha voluto essere vicino a tutti loro con i suoi viaggi dall’Iraq all’Africa, passando per Turchia, Armenia, Bangladesh, Cuba, Sri Lanka, Filippine e Myanmar, tra gli altri. E con la scelta di questa Commissione. Perché l’ecumenismo, come ha ricordato più volte nei suoi viaggi, non è mera diplomazia, strategia. Ma un cammino di conversione chiesto a tutti. Un cammino che passa anche dal riscoprire l’unità tra le diverse chiese anche guardando ai martiri di ieri e di oggi” . Proprio perché “siamo uniti in un’unica ferita”.

 

Giacomo Galeazzi: