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Cristiani perseguitati, la pandemia non ferma l’odio

Il rapporto 2021 World Watch List, stilato dall’Ong Open Doors, è stato presentato alla Camera: cresce la persecuzione contro chi professa la fede cristiana

La pandemia del Covid-19 non ferma le persecuzioni anticristiane ma le acuisce offrendo pretesti per nuove limitazioni della libertà religiosa, per il controllo più stringente da parte di regimi e governi autoritari e per le azioni incontrollate dei gruppi fondamentalisti di altre confessioni.

Il rapporto

Il rapporto 2021 World Watch List, stilato dall’Ong Open Doors e presentato ieri alla Camera, non lascia dubbi: la persecuzione contro i cristiani cresce e colpisce oltre 340 milioni di fedeli, ovvero circa un cristiano su otto, 309 dei quali subiscono un livello di violenza e discriminazioni definito estremo in 50 paesi del mondo. Aumentano del 60% le uccisioni a causa della propria fede, la Ong ne ha contate 4761 nell’anno che si è appena concluso (mediamente 13 al giorno), con la Nigeria ancora terra di massacri, assieme ad altre nazioni dell’Africa Sub-Sahariana colpite dalla violenza anticristiana: nella top 10 dei paesi con più uccisioni di cristiani troviamo 8 nazioni africane. I cristiani arrestati senza processo e incarcerati sono invece 4277 e i cristiani rapiti 1710.

Le matrici ideologiche, politiche e culturali di questa oppressione sono diverse. Si va dall’estremismo islamico organizzato nei gruppi jihadisti, al nazionalismo religioso indù, dai sistemi comunisti come la Corea del Nord alle tensioni etniche e tribali africane fino all’intolleranza secolare e relativista montante in alcuni Paesi dell’Occidente che si dice libero e plurale. Insomma, la libertà del cristiano che spesso funge da collante del tessuto sociale e da ammortizzatore di conflitti entra nel mirino di tutte quelle realtà che vogliono controllare la totalità degli aspetti della vita.

Cristiani perseguitati, i luoghi

Il rapporto stila una vera e propria classifica dei Paesi dove le comunità cristiane sono più a repentaglio. Le prime 6 posizioni rimangono invariate. Al primo posto sin dal 2002 troviamo ancora la Corea del Nord, qui, si legge nel testo, “le retate della polizia sono proseguite con l’obiettivo di identificare e sradicare qualsiasi cittadino con pensieri “devianti”, tra cui i cristiani: si stimano tra i 50 e i 70 mila cristiani detenuti nei campi di lavoro per motivi legati alla fede”. Seguono quattro nazioni islamiche: Afghanistan con quasi lo stesso punteggio della Corea del Nord, Somalia e Libia, ognuna delle quali totalizza un punteggio superiore a 90. In questi casi le fonti di persecuzione sono connesse a una società islamica tribale radicalizzata, all’estremismo e all’instabilità endemica di questi Paesi: la fede cristiana va vissuta nel segreto e se scoperti (specie se ex-musulmani), si rischia anche la morte. Poi il Pakistan, stabile al quinto posto, dove la persecuzione si manifesta in violenza anticristiana, ma anche in discriminazioni nelle varie aree della vita quotidiana dei cristiani, anche per effetto della legge anti-blasfemia.

Odio e pandemia

Un capitolo a parte meriterebbe il discorso legato alla pandemia, che ha evidenziato ed esacerbato le vulnerabilità sociali, economiche ed etniche di milioni di cristiani nel mondo. “È apparso evidente – si legge ancora nel report – che essa sia diventata un catalizzatore di atteggiamenti oppressivi e repressivi, spesso nascosti”. Basta pensare che in India, circa l’80% dei più di 100.000 cristiani che hanno ricevuto aiuto dai partner di Porte Aperte/Open Doors hanno dichiarato ai ricercatori della WWList di essere stati mandati via dai centri di distribuzione aiuti. Alcuni di questi hanno dovuto camminare per diversi chilometri e tenere nascosta la propria identità cristiana per poter ottenere cibo da qualche altra parte. Episodi simili si sono verificati anche in: Myanmar, Nepal, Vietnam, Bangladesh, Pakistan, paesi dell’Asia Centrale, Malesia, Nord Africa, Yemen e Sudan.

La situazione in Cina

In questo contesto la Cina entra nella Top 20, salendo dal 23° al 17° posto, attuando tra le altre cose una sempre più stringente sorveglianza (anche tecnologica) sulle attività cristiane e un numero di arresti difficilmente rintracciabile. Il report ricorda che “la Cina sostiene di essersi mossa con decisione per contenere il COVID-19, ma per i suoi 97 milioni di cristiani, il costo delle pesanti restrizioni – con sistemi di sorveglianza che li riesce a raggiungere sin dentro casa, monitorando le interazioni online e offline e persino la scansione facciale nel database della Pubblica Sicurezza – è alto. “Delle (stimate) 570 milioni di telecamere a circuito chiuso cinesi – prosegue il documento -, milioni di esse hanno un avanzato software di riconoscimento facciale collegato al “Sistema di Credito Sociale” governativo. Sistema che monitora anche la “lealtà” percepita e qualsiasi dissenso dal credo comunista.

Nazionalismo e religione

E a preoccupare è anche il nazionalismo basato sull’appartenenza religiosa maggioritaria che cresce in nazioni come India e Turchia. “I cristiani indiani sono quotidianamente sotto pressione per via di una stridente propaganda” mentre tutti ricordano la decisione del presidente turco Erdogan che la scorsa estate ha convinto un tribunale a rendere nuovamente una moschea Santa Sophia, rafforzando così il nazionalismo turco. Un mese dopo, anche la Chiesa di Chora, considerata patrimonio UNESCO, è stata trasformata da museo a moschea.

Infine ci sono le minacce che arrivano dalla criminalità e in particolare dai narcotrafficanti in Messico e Colombia. “Vescovi cattolici, sacerdoti e pastori protestanti che sfidano questi gruppi – spiega Open Doors – possono subire estorsioni, imboscate, essere derubati, gambizzati e persino uccisi”.

Bisogno di consapevolezza

Cristian Nani, direttore di Open Doors Italia, chiede di pregare per tutti questi fratelli nella fede e di parlarne in ogni contesto e canale mediato perché sicuramente il primo passo per il cambiamento è rendere l’opinione pubblica mondiale consapevole della portata di queste persecuzioni. Non meno importante è il lavoro che va fatto sul piano della diplomazia internazionale. Di questo ha parlato l’on. Andrea Delmastro, deputato di FdI e presidente dell’Intergruppo per la tutela della libertà religiosa dei cristiani nel mondo, nel corso della conferenza stampa di presentazione alla Camera del rapporto: “Riteniamo fondamentale inserire il tema del rispetto delle minoranze religiose in ogni trattato bilaterale che coinvolge l’Italia”. “Dobbiamo pretendere maggiore rispetto della libertà religiosa – ha aggiunto – perché difendere la cristianità vuol dire difendere la libertà religiosa e, per il tramite della libertà religiosa, difendere tutte le altre libertà“.

L’azione di difesa delle minoranze cristiane dovrà essere portata avanti anche con un approccio multilaterale dalle agenzie internazionali e da tutti i Paesi Europei e con radici cristiane che, almeno a parole, si professano difensori della libertà. La grazia Dio non mancherà di accompagnare i governati che si faranno carico di questa azione, senza curarsi di miopi e momentanei vantaggi economici e geopolitici.

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