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Covax, per un accesso equo ai vaccini

Per superare la pandemia e anche la conseguente crisi economica l'unica possibilità è quella di un reale, equo accesso alla vaccinazione, partendo dai più poveri

Nessuno è al sicuro finché non saranno al sicuro tutti. Il mondo sembra aver preso coscienza di questo assunto, dopo che la pandemia di Covid 19 ha mostrato l’inefficacia di frontiere, limitazioni, controlli e protocolli sanitari applicati ad ambiti territoriali ristretti. L’insorgenza delle varianti dimostra che anche una sola nazione in cui la circolazione del virus risulti fuori controllo può mettere a rischio l’intera comunità mondiale.

Vaccini, nessuno si salva da solo

Il caldo e la bella stagione nelle prossime settimane daranno un contributo a rallentare i contagi nell’emisfero settentrionale ma la vera ed unica partita per la vittoria definitiva contro il Coronavirus è quella della massima copertura vaccinale. Serve quindi una distribuzione equa, come rimarcato più volte da Papa Francesco. La diffusione capillare nelle aree più remote e più povere del mondo oltre che a rispondere ad un principio etico-morale è la migliore strategia per proteggere tutte le categorie più fragili di ogni parte della Terra.

La Federazione internazionale della Croce Rossa ha più volte evidenziato che fintanto che il virus continuerà a circolare nelle comunità più vulnerabili questo potrà mutare e con le mutazioni potrebbero diffondersi delle varianti che potrebbero non essere coperte dai vaccini. Volendo restare in una visione meramente utilitaristica, aiutare i Paesi più poveri significa salvare vite di molte persone che vivono in Paesi ricchi. Insomma nessuno si salva da solo.

Il programma delle Nazioni Unite

Per questo motivo le Nazioni Unite hanno dato vita a Covax, il programma internazionale che ha come obiettivo l’accesso equo ai vaccini. Grazie alle donazioni delle maggiori potenze mondiali, Covax finora ha inviato più di 36 milioni di dosi a 86 nazioni. Lunedì, Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, ha riferito che durante il fine settimana l’Algeria ha ricevuto più di 36.000 dosi da parte di Covax “e questo contribuirà ad accelerare la campagna vaccinale già in corso nel Paese”; sempre in ambito Covax circa 4000 vaccinazioni sono state inoculate in questi giorni in Laos. Si tratta però di numero ancora esigui come dimostrano le rimostranze sollevate da molte organizzazioni umanitarie che operano nei Paesi più poveri. Ad esempio il Libano finora ha ricevuto solo 297.180 dosi del vaccino Pfizer, finanziato dalla Banca Mondiale e 33.600 dosi del vaccino AstraZeneca attraverso il programma Covax.

Vaccini e ripresa economica

Alla velocità della distribuzione e inoculazione dei vaccini è legata in maniera evidente anche la ripresa economica. Non a caso ieri il capo economista del Fondo monetario internazionale, Gita

Gopinath, ha detto che “a livello internazionale i Paesi devono lavorare insieme per assicurare una vaccinazione universale”, sottolineando che accelerare sulle vaccinazioni richiede un aumento della produzione e della distribuzione, evitare i controlli all’export, finanziare il Covax e assicurare un equo trasferimento delle dosi in eccesso.

Ovviamente le cose vanno un po’ meglio nei Paesi più sviluppati. Secondo le statistiche aggiornate al 5 aprile pubblicate sul sito Our World in Data e riprese dall’Ansa, con oltre 4,5 milioni di dosi di vaccino somministrate al giorno, è la Cina che in questo momento guida la corsa mondiale all’immunizzazione della popolazione, seguono l’India e gli Usa con oltre tre milioni di inoculazioni quotidiane.

Lo stato della copertura vaccinale

Ottimi anche i risultati della campagna vaccinale del Regno Unito, che viaggia al ritmo di 412 mila vaccinazioni al giorno mentre tra i Paesi Ue in l’Italia – nei primi giorni di aprile – la media è stata di 230-240 mila persone vaccinate ogni 24 ore. In Francia (ma l’ultimo dato è riferito al 4 aprile) le dosi somministrate sono 278 mila al giorno e in Germania (2 aprile) circa 270 mila.

In termini assoluti negli Usa sono state somministrate 167 milioni di dosi. A seguire la Cina (143 milioni), l’India (83 milioni), l’Ue (81 milioni), il Regno Unito (37 milioni). Nel Vecchio Continente primeggia la Germania (14 milioni di dosi), mentre l’Italia è a quota 11 milioni.

Per capire lo stato della copertura vaccinale bisogna valutare però in quanti hanno ricevuto il vaccino rispetto alla popolazione totale. Questa classifica è dominata da Israele che con le sue 10 milioni di dosi ha inoculato almeno una somministrazione al 61% dei suoi cittadini. Seguono il Regno Unito (46,5%), il Cile (36,7%), gli Usa (32,1%). L’Unione europea ha una media pari al 12,8%, stessa quota raggiunta in Italia, mentre lo Stato europeo che finora ha vaccinato di più i propri cittadini è l’Ungheria, sesta nella classifica globale con il 25,2% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose. Il governo di Orban è l’unica nell’Ue ad avere approvato anche il vaccino russo Sputnik V e due vaccini cinesi, CanSino e Sinopharm.

Va detto che l’Europa continentale coordinata da Bruxelles finora non ha brillato ma resta fissato l’obiettivo della Commissione Ue di immunizzare il 70% della popolazione adulta entro giugno

In totale nel mondo sono state ad oggi 677 milioni le dosi di vaccino anti-Covid somministrate ma come abbiamo visto si tratta di una distribuzione disomogenea che rischia di vanificare gli sforzi anche dei Paesi più virtuosi. Il principio dell’equità nell’accesso gratuito al vaccino è la bussola che deve guidare la comunità internazionale ed il modo più rapido per combattere la crisi sanitaria ed economica strangola tutta la popolazione mondiale.

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