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Costantino (Cisl): “Vi spiego il progetto Aggiungi un Posto al Tavolo”

Interris.it ha intervistato Carla Costantino, Segretario Generale CISL Foggia, sul progetto Aggiungi un Posto al Tavolo per la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle aziende

“Aggiungi un posto al Tavolo”. Ha preso il via nei giorni scorsi la campagna di raccolta firme sulla proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl in merito al tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, che recita testualmente: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende“.

Interris.it ha approfondito le finalità del progetto con la dottoressa Carla Costantino, Segretario Generale CISL Foggia.

La dottoressa Carla Costantino, Segretario Generale CISL Foggia

L’intervista alla Carla Costantino (CISL Foggia)

Cosa chiede e perché è stato proposto il progetto “Aggiungi un posto al tavolo”?

“La Cisl chiede una cosa semplicissima: il coinvolgimento dei lavoratori nelle metodologie di gestione aziendale. Questo non significa entrare nel merito delle scelte politiche di un’azienda o, peggio, chiedere che l’imprenditore debba coinvolgere i suoi dipendenti nella gestione economica, finanziaria e strategica. I lavoratori non vogliono sostituirsi alle imprese, ma vogliono essere ascoltati quando si redigono piani industriali e quando vengono adottati dei provvedimenti che possono influenzare in modo sostanziale il proseguo dell’attività aziendale con ripercussioni su di loro, sull’occupazione, sulla vita stessa dei dipendenti all’interno dell’azienda”.

Perché i lavoratori andrebbero coinvolti nella gestione delle aziende?

“Perché i lavoratori, spesso, hanno il polso della situazioni in modo più pregnante e perché magari possono, con il loro monitoraggio, consigliare scelte più vantaggiose, sia per l’azienda che per i lavoratori stessi. Il coinvolgimento attivo dei lavoratori è una garanzia di tutela di democrazia e di dignità del lavoro. Come precisiamo nel manifesto nazionale, la Cisl è fermamente convinta che ‘la partecipazione dei lavoratori alle imprese non è solo il vettore di uno sviluppo economico, ma anche un mezzo per la realizzazione di un progresso sociale, un traguardo necessario per il completamento della democrazia’. La partecipazione attiva dei lavoratori è sinonimo di maggiore competitività, di difesa occupazionale, di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di coesione sociale”.

Vi rifate alla Costituzione…

“Sì certo. Ma non solo. Nel paragrafo 16 dell’enciclica di Papa Leone XIII, la Rerum novarum, è scritto ‘Non può sussistere capitale senza lavoro, né lavoro senza capitale’. La stessa Dottrina sociale della Chiesa ricorda come sia ‘…legittima nei lavoratori l’aspirazione a partecipare attivamente alla vita delle imprese, nelle quali sono inseriti e operano'”.

Quanti sono i lavoratori che partecipano alla gestione aziendale in Italia?

“E’ estremamente complicata l’elaborazione di questi dati, proprio perché sono pochissime le realtà aziendali all’interno delle quali è garantita e tutelata la partecipazione attiva del lavoratore. Io, piuttosto, a questa carenza sommerei l’allerta di non cadere nell’errore di ritenere che il lavoratore cui viene consentita la partecipazione attiva alle scelte aziendali possa ritenersi equamente responsabile di utili e perdite aziendali al pari dell’imprenditore”.

In che senso?

“Il lavoratore ha la mission del monitoraggio, dell’esperienza sul campo, del ‘consiglio’, valori che non possono sostituirsi al rischio d’impresa, perché avremmo un abbattimento dell’essenza stessa della figura del lavoratore e della sua valenza sociale come risorsa per il mantenimento dell’equilibrio democratico. La raccolta firma di ‘Aggiungi un posto al tavolo’ si spiega proprio con riscontri numericamente quasi impercettibili”.

I dati italiani rispecchiano quelli della UE o l’Italia è “maglia nera” in Europa?

“Il sistema lavoristico in Italia è maglia nera sotto molti aspetti. Penso alle sperequazioni ai danni delle lavoratrici, alle basse retribuzioni, al potere di acquisto che si assottiglia sempre di più, alla mancata applicazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, al precariato. E’ ovvio che il Germania e in Francia, già dal dopoguerra in poi, la realtà sia differente, ma è differente anche l’intero sistema non solo del mondo del lavoro, ma anche della produzione e dell’economia. Io, oltre al confronto europeo, vedo altre differenze all’interno dello stesso territorio italiano. Le differenze del lavoro tra Nord e Sud sono sotto gli occhi di tutti, la produttività industriale nel Mezzogiorno è imparagonabile, per difetto, a quella del Nord. Anche l’aspetto formativo vede il Sud scontare gap non indifferenti, figuriamoci la garanzia della partecipazione attiva dei lavoratori come, quanto e quando possa essere tutelata e resa possibile in molte regioni del Sud. Certo, l’aspetto valoriale riscatta i lavoratori del Sud, ma credo che se abbiamo come linea guida la centralità della persona, non fatichiamo a comprendere come la partecipazione del lavoratore alla dinamiche gestionali equivalga ad una vera salvaguardia occupazionale, affiancata all’importanza di consigliare scelte che possano garantire la tenuta e l’efficienza aziendale. Lavoratori tutelati, con luoghi di lavoro sicuri, con contratti regolari e con la garanzia di partecipare attivamente alla gestione aziendale: in fin dei conti, basta applicare la Costituzione”.

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