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Cosimo Solidoro dell’Ogs: “Curare gli oceani per poter salvare l’intero pianeta”

In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani Interris.it ha intervistato il prof. Cosimo Solidoro, direttore del Dipartimento di Oceanografia dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica

Nel 2009 le Nazioni Unite hanno istituito l’8 giugno come la Giornata Mondiale degli Oceani. Questa vasta massa di acqua rappresenta infatti il polmone del nostro pianeta, produce il 50% dell’ossigeno presente sulla terra e contribuisce a controllare i cambiamenti climatici, fungendo da equilibratore naturale. Gli oceani sono importanti anche perché ospitano la maggior parte della biodiversità della Terra e sono la principale fonte di proteine per oltre un miliardo di persone in tutto il mondo. Inoltre, l’oceano è fondamentale per la nostra economia in quanto si stima che entro il 2030, quaranta milioni di persone saranno impiegate in industrie che utilizzano le risorse degli oceani. Nonostante la loro importanza però negli ultimi decenni gli oceani sono stati trattati come fossero delle discariche a cielo aperto tanto che ogni anno sono oltre 8 milioni di tonnellate i rifiuti in plastica che finiscono in acqua. 

Interris.it ha parlato delle condizioni degli oceani con il professor Cosimo Solidoro, direttore della sezione di Oceanografia dell’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale di Trieste. 

L’intervista

Prof. Solidoro, perché è importante salvaguardare gli oceani?

“L’acqua fornisce alla Terra molti servizi che noi diamo per scontati. Gli oceani ricoprono il 70% del pianeta e regolano il clima, sottraendo all’atmosfera ingenti quantità di calore e di anidride carbonica che se non assorbite causerebbero un vertiginoso aumento della temperatura dell’aria. Inoltre, alimentano attraverso l’evaporazione del mare il ciclo idrologico planetario, e con esso la maggior parte dell’acqua che cade sulla Terra. L’oceano primordiale è stato la culla in cui si sono sviluppate le prime forme di vita, e ancora oggi ospita una varietà straordinaria di organismi. Fornisce cibo, risorse, medicinali, energia, lavoro e scambio sociale e culturale”.

Cosa inquina gli oceani?

“Gli oceani sono sottoposti a una serie costante di minacce e di alterazioni, che rischiano di aumentare nei prossimi anni e che sono correlate anche alla crescita delle attività e dell’economia prodotta dal mare. Si pensi ai rischi connessi all’inquinamento, alla pesca intensiva, alle attività estrattive sui fondali e ai cambiamenti climatici. Tra le forme di inquinamento più diffuse c’è quella della plastica, tanto che alcune statistiche dicono che se questo fenomeno non viene fermato subito, fra circa trent’anni nei nostri mari ci sarà più plastica che pesci”.

I cambiamenti climatici che conseguenze hanno?

“Si tratta di un fenomeno causato dall’uomo che nel nostro caso comporta un innalzamento della temperatura marina e l’acidificazione. Questo processo ha un impatto devastante in quanto alcuni organismi possono trovarsi in situazioni meno favorevoli e quindi diventano più vulnerabili. Alcuni si adattano, altri, se possono, migrano verso zone in cui vi sono situazioni migliori. Nei nostri mari, nei punti in cui abbiamo misurazioni sistematiche per un periodo sufficientemente lungo, emerge chiaramente come negli ultimi decenni vi siano stati aumenti rilevanti sia nella temperatura sia dell’acidità. Tutto questo potrebbe tradursi in un’alterazione della capacità degli ecosistemi marini di fornire i cosiddetti ‘servizi ecosistemici’”.

Professore, lei ci sta mettendo di fronte a una realtà spaventosa. L’umanità lo capisce?

“Secondo me no,  altrimenti ognuno di noi farebbe qualcosa in più per bloccare questo processo.  Alcuni studi dicono che chi mangia con regolarità pesce, ogni settimana ingerisce 5 gr di plastica che equivale a una carta di credito.  Servono delle politiche che agiscano sulle cause piuttosto che sugli effetti. Le Nazioni Unite hanno  dedicato la decade 2021-2030 agli oceani e questa scelta ci indica come ci sia ancora molto da capire e da fare per avere un atteggiamento rispettoso verso la natura. Per ora si sta facendo abbastanza in termini di comunicazione, di sensibilizzazione e di sinergia tra le varie attività, ma ancora c’è molto da fare perché l’oceano ha bisogno di essere curato per poter salvare l’intero pianeta”.

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