A emergenza sanitaria ancora in corso, la vicenda coronavirus continua a mostrarsi in tutta la sua complessità. Il lockdown ha modificato le nostre abitudine, rallentato i sistemi produttivi, costretto ognuno di noi a rivedere i suoi standard di quotidianità, abituandosi a una permanenza forzata all’interno della propria abitazione. In paziente e preoccupata attesa che l’onda di tempesta decida di sgonfiarsi, lo sguardo scruta in modo ancor più timoroso l’orizzonte, cercando di individuare la soluzione più indicata affinché la ripresa economica, necessaria dopo uno stop brusco e imprevisto, sia meno traumatica possibile. In campo, per ora, ci sono soluzioni provvisorie. Il governo cerca la strada del sostegno alle fasce deboli, garantendo un primo stanziamento di 400 milioni affidato alla gestione comunale, cercando nel frattempo di giocare al meglio la partita europea degli Eurobond. In questo senso, però, restano evidenti i passi fatti fin qui da Bruxelles, tra sospensione del Patto di Stabilità, nuovo Quantitative easing e fondo Bce. Interris.it ne ha parlato con Carlo Cottarelli, economista e direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, secondo il quale, per arrivare a dama, sarà necessaria una strategia di investimenti pubblici per far ripartire l’economia del nostro Paese.
Professor Cottarelli, il piano da 400 milioni annunciato dal governo italiano a sostegno delle fasce più deboli della cittadinanza garantirà, almeno nell’immediato, di tamponare perlomeno la fase emergenziale? Ritiene che l’affidamento del fondo ai Comuni garantirà equità nella ripartizione?
“Sono state fatte due cose, una delle quali lo stanziamento di 400 milioni, l’altra l’anticipazione di finanziamenti per 4 miliardi, che sarebbero comunque arrivati quest’anno. Probabilmente non saranno comunque sufficienti i 400 milioni, ma la strada di usare i comuni per l’erogazione di questi sostegni all’acquisto di alimentari è una buona idea, perché sono realtà più vicine alle singole situazioni. E’ chiaro sarà una cosa che, probabilmente, dovrà essere aumentata. Questo però è un discorso più generale: per ora gli stanziamenti fatti, dell’1% del Pil, ovvero una ventina di miliardi, sono inadeguati. Ne serviranno altri ma questo lo ha già detto anche il governo. Ci sarà un pacchetto ad aprile e anche più avanti, quando si potrà tornare al lavoro, servirà qualcosa per dare una spinta espansiva all’economia. Con strumenti temporanei, perché in questa direzione occorre fare degli interventi molto espansivi ma che sono limitati nel tempo a quello che è necessario, altrimenti si sta mettendo a rischio la tenuta dei conti pubblici per sempre. Adesso ci vuole un aumento molto forte del deficit, con strumenti che servono finché dura l’emergenza economica”.
Lo choc della brusca interruzione dell’attività produttiva come verrà incassato dalla piccola e media impresa? E’ davvero concreto il rischio di uno stop definitivo per alcune realtà o si prospettano ulteriori interventi anche in tal senso?
“Dobbiamo fare di tutto per evitare che sia un colpo troppo forte. Questo richiede che ci siano risorse adesso per fare in modo che le imprese non debbano chiudere per assenza di liquidità e impossibilità di saldare i conti. E poi che ci sia abbastanza domanda aggregata nell’economia, perché una volta che si potrà tornare a produrre ci siano persone che acquistano. Credo sarebbe utile, da questo punto di vista, nella fase di rientro al lavoro, che ci sia una ripresa anche piuttosto rapida degli investimenti pubblici. Sono anni che abbiamo questo problema di non riuscire a farli partire, forse questa è l’occasione per risolverlo”.
In che misura influisce il rallentamento dei consumi?
“Ora consumiamo meno ma il punto è che quando si tornerà al lavoro, ci vorrà una spinta ai consumi. Si può vivere con consumi più bassi ma nessuno vuole rinunciare per sempre ad andare al cinema o in vacanza”.
Sul piano europeo sta tenendo banco la questione Eurobond, richiesta come ulteriore misura emergenziale a sostegno delle economie europee dopo i primi provvedimenti relativi a Patto di Stabilità e Fondo Bce. Ritiene che una risposta positiva dell’Ue su questo tema garantirà una protezione definitiva o le misure già disposte sono già sufficienti per il superamento della fase critica?
“Credo sia utile che ci sia un’azione comune da parte degli Stati. C’è stata una risposta della Bce che, al momento, è la più importante. Alcuni la sottovalutano ma tutto il deficit pubblico quest’anno sarà finanziato dalla Banca centrale europea. C’è stata una risposta della Commissione europea, per quanto abbia risorse limitate anche ieri c’è stata una nuova proposta. E poi ci vuole una risposta coordinata: anche se è meno necessario di prima, è meglio ci sia una risposta significativa, bisogna evitare di dare l’impressione che si voglia mutualizzare il debito pubblico passato. Questo è sbagliato, non dovrebbe avvenire ma non è questo che è richiesto. Adesso si tratta di spese che potrebbero essere fatte in modo comune. Non dobbiamo dare l’impressione ai mercati finanziari che crolli il mondo se non c’è un accordo in questa direzione. Aiuta ma è meno essenziale di quello che sarebbe stato se non ci fosse stato l’intervento della Banca centrale europea”.
Ritiene concreta la proposta di una garanzia di prestiti ponte alle banche per il sostegno alle imprese?
“Tutti i Paesi stanno facendo politiche fiscali espansive. Si può parlare di coordinamento ma che sarebbe necessario in caso alcuni facessero politiche in tal senso e altri magari di tipo restrittivo. Un conto è avere una risposta comune, altrimenti credo ci sia un accordo generale ben chiaro a tutti i Paesi che stanno facendo facendo politiche fiscali espansive in questo momento”.
Il ministro Amendola aveva chiesto all’Ue di concordare le politiche fiscali per contrastare il rischio recessione. E’possibile che ciò avvenga?
“Già in parte è stato fatto perché nel decreto Cura Italia c’erano misure di garanzia soprattutto per le piccole imprese. Forse sono state un po’ trascurate quelle di medio-grandi dimensioni ma il ministro Gualtieri che nel pacchetto di aprile ci sarà questo intervento”.
Qualche giorno fa, alla luce della possibile crisi che potrebbe investire il mercato del lavoro in numerosi settori, dal garante M5s, Grillo, è stata rilanciata l’idea di un reddito di base universale. Ritiene sia una misura plausibile?
“Si tratta di un reddito dato a tutti, indipendentemente da altre considerazioni. Prima di tutto bisogna distinguere fra quelle che sono misure temporanee da quelle che sono permanenti. Un reddito universale introdotto in modo permanente non avrebbe senso. Si può pensare adesso, come elemento di semplificazione, ma c’è un elemento di spreco perché si finirebbe per dare soldi a chi non ne ha davvero bisogno. Poi c’è un’altra questione: se per far ripartire l’economia si mettono soldi in tasca a tutti perché così aumentano i consumi di tutti, forse può essere qualcosa da considerare ma c’è il rischio che una parte di questi soldi, in una situazione di incertezza, venga risparmiata. E allora la questione è se non sia meglio usare, per esempio, degli investimenti pubblici per far ripartire l’economia. Io sono convinto che debbano avere un ruolo importante per il rilancio dell’economia”.
Da più parti il Cura Italia è stato indicato privo di riferimenti concreti alla famiglia. Quali misure riterrebbe opportune per garantire risposte concrete ai nuclei familiari più deboli?
“Il sostegno, nel Cura Italia, c’era tramite la cassa integrazione. Ora c’è stato questo stanziamento di risorse per i bisogni alimentari. Poi si può pensare ad altre cose. C’è al momento una minore necessità di consumi ma bisogna fare in modo che quelli di base siano soddisfatti e che nessuno debba scegliere fra mangiare e pagare la bolletta della luce. E questa è una priorità più importante”.