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Conosciamo don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma

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I poveri li avete sempre con voi“. Le parole di Gesù ai discepoli si rivelano particolarmente attuali anche oggi, a distanza di oltre 2mila anni, a causa della pandemia di Coronavirus che ha costretto al lockdown e al blocco internazionale milioni di attività attività, causando una delle più gravi crisi economiche del nuovo millennio. Uno stuolo di nuovi poveri si sono così aggiunti, in pochi mesi, all’esercito dei vecchi poveri.

Il fondo di sostegno economico del Papa

Per rispondere a questa nuova emergenza, lo scorso 9 giugno Papa Francesco ha lanciato per la diocesi di Roma un fondo di sostegno economico pensato per sostenere tutte le persone provate dalla crisi economica derivata dalla pandemia di coronavirus. “Come vescovo di Roma ho deciso di istituire nella diocesi il Fondo ‘Gesù Divino Lavoratore’, per richiamare la dignità del lavoro, con uno stanziamento iniziale di 1 milione di euro alla nostra Caritas diocesana per tutti coloro che rischiano di rimanere esclusi dalle tutele istituzionali”, ha scritto il Papa in una lettera al cardinale vicario Angelo De Donatis per spiegare l’iniziativa. In particolare, il pensiero del Papa va “alla grande schiera dei lavoratori giornalieri e occasionali, a quelli con contratti a termine non rinnovati, a quelli pagati a ore, agli stagisti, ai lavoratori domestici, ai piccoli imprenditori, ai lavoratori autonomi, specialmente quelli dei settori più colpiti e del loro indotto. Molti sono padri e madri di famiglia che faticosamente lottano per poter apparecchiare la tavola per i figli e garantire ad essi il minimo necessario”. Al Fondo Gesù Divino Lavoratore tutti sono chiamati a contribuire, a cominciare dalle istituzioni. “Mi piace pensare – scrive Francesco – che possa diventare l’occasione di una vera e propria alleanza per Roma in cui ognuno, per la sua parte, si senta protagonista della rinascita della nostra comunità dopo la crisi”. Lo stanziamento iniziale di 1 milione di euro andrà alla Caritas diocesana, “nelle mani” del direttore della Caritas di Roma, Don Benoni Ambarus.

“I Soliti Ignoti” per la Caritas

Inoltre, da qualche sera nel palinsesto di Rai 1 è ritornata in diretta la trasmissione condotta da Amadeus “I soliti ignoti” che in questo periodo contribuisce a dare l’intero montepremi delle puntate alla Fondazione Caritas Roma. Le nuove puntate a sfondo “charity” vedono protagonisti personaggi noti del mondo della televisione che si prestano al ruolo di concorrenti per donare eventualmente in beneficenza le somme vinte. Lo scorso 27 maggio l’attore e comico romano Riccardo Rossi ha indovinato il parente misterioso vincendo la somma di 72.400 euro. Grande l’esultanza di Rossi, che quest’anno è stato protagonista nella prima parte di stagione di Battute, programma satirico di seconda serata su Rai2. La cifra da lui vinta è stata interamente devoluta proprio alla Caritas romana.

L’Emporio Caritas di Roma

Don Benoni Ambarus

Don Ambarus – detto amichevolmente don “Ben” – è direttore della Caritas di Roma dal 1 settembre del 2018. A nominarlo alla guida dell’organismo diocesano, di cui era già vicedirettore dal 16 ottobre 2017, è stato il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Don Ambarus succede a monsignor Enrico Feroci, che ha diretto la Caritas per nove anni. Nato il 22 settembre 1974 a Somusca-Bacau (Romania), don Benoni entra al Seminario Minore della diocesi di Iasi, in Romania, nel 1990. Il 23 novembre del 1996 arriva a Roma, presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore, dove completa gli studi e consegue il baccalaureato in Teologia. Il 29 giugno del 2000 viene ordinato presbitero a Iasi. Rientra poi a Roma, dove, nel 2001, consegue la licenza in Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana. Dal 2001 al 2012 svolge ruoli di educatore e di viceparroco in alcune chiese romane. Nel 2012 diviene parroco dei Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana: sarà la prima parrocchia a ricevere la visita pastorale di Papa Francesco, il 26 maggio del 2013. Infine, nel 2017, la nomina a vicedirettore della Caritas di Roma e, l’anno dopo, ne diventa direttore. È inoltre presidente della Fondazione antiusura “Salus Populi Romani”.

In Terris ha intervistato il direttore di Caritas Roma all’indomani della donazione del Papa.

L’intervista

Don Benoni Ambàrus, cosa ha provato alla notizia dello stanziamento del Papa?
“Papa Francesco riesce ad essere sempre ‘profetico’. La sua lettera è stata come un grido che chiede alla comunità cristiana e laicale: ‘E gli ultimi? Chi penserà agli ultimi? Io faccio il primo passo, voi pensate al resto’. Il suo dono ci aiuta a rimettere a fuoco l’essenziale”.

Come tratteggia il suo impegno quotidiano alla Caritas di Roma di questi anni?
“E’ un’esperienza di rinascita personale alla scuola del Vangelo dei poveri. E’ un dono inestimabile perché noi siamo tutti fatti di sovrastrutture mentali, ideologiche, spirituali…invece i poveri vivono il vangelo in modo ‘povero’, nel senso positivo del termine: in maniera essenziale, senza perdersi in fronzoli, senza troppi ragionamenti. Vivere e annunciare il Vangelo con loro mi ha costretto a rivedere tutte le mie categorie, influenzate da tanti pregiudizi. Sono consapevole di essere chiamato a svolgere un servizio impegnativo e delicato, ma ho la certezza di poter sempre contare sull’esperienza e la dedizione di molti operatori, volontari e di tutti i poveri. La Caritas continuerà il suo percorso al fianco delle tante comunità parrocchiali e di tutto quel vasto mondo della Chiesa di Roma in cui la carità si realizza attraverso la difesa della dignità e della giustizia: esperienze che sempre più debbono operare in comunione”.

Quali sono i nuovi poveri della Fase2?
“Sono proprio quelli giustamente citati dal Papa nella sua ultima lettera: quelli cioè che avevano un lavoro, anche regolare come una piccola attività commerciale, ma che in questi mesi di stop hanno accumulato debiti per l’affitto, le bollette, i mutui etc. e non riescono più a riaprire l’attività vedendo svanire così il lavoro di anni di sacrifici e di investimenti personali. Ci sono poi tutti coloro che hanno lavori di sopravvivenza o sostentamento, spesso in nero: gli stagionali, i lavoratori a giornata, i riders, quelli con partita Iva. I nuovi poveri non sono quelli che non hanno casa: la casa e un tetto sopra la testa ce l’hanno, hanno anche la macchina ma non hanno più entrate e non riescono più a chiudere il bilancio familiare. E’ come avere un piccolo buco su un vestito che diventa però uno strappo che si allarga sempre più ogni volta che ti muovi. E’ una condizione di povertà totalmente nuova nata dalla crisi economica innescata dal coronavirus. Ed è estremamente umiliante”.

Lei è nato e cresciuto in Romania, dove è rimasto fino al 1996, quando arrivò a Roma. Come ha vissuto quegli anni nella sua Patria in un momento storico di passaggio – la fine del regime comunista – per la Romania? Proveniva da una famiglia agiata?

Cosa l’ha spinta al sacerdozio?

Ci sono state delle persone di riferimento, dei modelli che l’hanno spinta ed aiutata nella sua scelta vocazionale?
“Sì, i tre parroci della mia infanzia. Un francescano che però non poteva essere più francescano perché i francescani erano vietati dal regime comunista ma che continuava a vivere da francescano, in povertà e semplicità. Poi, un prete che era stato a Roma, dottore in dogmatica ed ex direttore del seminario diocesano locale che era stato spedito nel mio paesino per punizione. Lui accettò il nuovo incarico con grande umiltà dimostrando grande dedizione per la gioventù. Infine, un prete-muratore, che costruiva la Chiesa anche concretamente: la mattina iniziava con la messa mattutina, poi metteva la tuta da saldatore o muratore e stava in cantiere fino all’ora dell’appuntamento serale liturgico con la comunità, sporcandosi le mani. Tre figure diverse, ognuna con delle sfaccettature specifiche che hanno tutte influenzato il mio cammino vocazionale”.

Conosce Papa Francesco personalmente. Cosa più l’ha colpita dal Pontefice venuto “quasi dalla fine del mondo”?

Cosa direbbe ai cristiani e, nello specifico, ai giovani in questa fase 2?
“Direi di impegnarsi a riscoprire i poveri. Questi anni di servizio mi hanno portato alla consapevolezza che noi, come cristiani, rischiamo di rinunciare alla chiamata importantissima, gravosa ma al contempo di impagabile onore di cambiare il mondo. Il cristiano è chiamato a cambiare le cause della povertà, dell’ingiustizia, andandone alla radice. Direi ai ragazzi, ai giovani, di  avere il coraggio di cambiare il mondo. Ai nostri gruppi giovanili e adolescenziali – lo dico anche come rivisitazione del mio operato – proponiamo tanti percorsi ed esperienze, ma non diciamo loro abbastanza: ‘Tu sei chiamato a cambiare il mondo, renderlo più simile al Regno di Dio’. Non fare questo significa cadere nello spiritualismo, che è una cosa più semplice da vivere perché non ti fa sporcare le mani. Ma la logica dell’incarnazione non è questa, è l’esatto opposto: vivere per cambiare il mondo”.

Qui il video del Tgr Lazio sulla presentazione della ricerca realizzata dalla Caritas di Roma su “Progetti e sogni di giovani e adolescenti romani” del 15 gennaio 2020.

Milena Castigli: