Nel 2015 Papa Francesco ha nominato Christoph Graf nuovo comandante della Guardia Svizzera. Graf, che è originario di Pfaffnau nel cantone di Lucerna, serve i Papi dal 1987 quando ha cominciato il suo servizio da semplice alabardiere. Nei lunghi anni di servizio ha scalato tutti i gradi della Guardia – istruttore, sergente maggiore, vicecomandante – per arrivare al prestigioso posto di comandante col grado di colonnello. E proprio da comandante doveva affrontare un periodo difficile e particolare della pandemia che ha colpito il mondo ed anche la piccola comunità della Guardia pontificia. La festa della Guardia cade il 6 maggio – il giorno del sacrificio di 147 guardie in difesa del papa Clemente VII durante il sacco di Roma morte per mano dei lanzichenecchi di Carlo V – ho parlato con lui dell’attività e della vita nella caserma durante l’epidemia Covid-19.
Un anno con la pandemia. Come è stato quest’anno particolare nella vita della Guardia Svizzera?
“Malgrado tutto, è stato un anno tranquillo per la Guardia Svizzera. Il programma del Papa era molto ridotto allora c’erano pochi servizi straordinari per le guardie. Quando in Italia hanno introdotto il lockdown anche noi abbiamo chiuso la caserma per gli estranei (ospiti o visitatori). Così si poteva controllare bene la situazione”.
Che tipo di visitatori avete di solito in caserma?
“Prima di tutto sono i gruppi dei giovani dalla Svizzera che vogliono visitare il nostro quartiere e l’armeria, i parenti delle guardie (in autunno abbiamo fino a 4 gruppi al giorno)”.
Ma nel mese di maggio c’è tradizionalmente il più importante evento nella vita della Guardia: il giuramento delle reclute. Come è andata nell’anno della pandemia?
“Nel mese di aprile si pensava che la pandemia passasse presto, perciò abbiamo preso la decisione di spostare il giuramento al mese di ottobre. Il 6 maggio abbiamo fatto soltanto la commemorazione dei defunti davanti al Campo Santo Teutonico. Durante l’estate la situazione sembrava tornare normale ma in autunno è arrivata la seconda ondata della pandemia. Ma non volevamo spostare di nuovo la data del giuramento. Allora è stata una cerimonia molto ridotta riservata soltanto ai genitori e ai fratelli delle guardie”.
La seconda ondata ha colpito la Guardia?
“Purtroppo, sì. I nostri giovani escono dalla caserma, si incontrano con altre persone alloro il rischio c’è sempre. Alla fine nel mese di ottobre c’erano 13 guardie positive al Covid-19 e abbiamo messo in quarantena precauzionale 25 guardie. Nel mese di novembre la situazione si è normalizzata e tutto era sotto controllo”.
In tutto questo periodo che tipo di provvedimenti avete preso?
“Prima di tutto, già dall’inizio, l’uso delle mascherine, la chiusura della caserma agli estranei di cui parlavo. Abbiamo contattato la direzione del servizio sanitario vaticano per prendere tutte le misure necessarie nella la vita comunitaria come distanziamento, i comportamenti nella mensa, sanificazione degli ambienti. Dovevamo chiudere la palestra e i luoghi di ritrovo”.
Doveva essere un sacrificio per le giovani guardie?
“Sì, senz’altro. Le guardie non potevano neanche uscire fuori perché a Roma c’era un lockdown. Specialmente la sera quando le guardie andavano al ristorante o al pub. Adesso la situazione è migliorata. Per esempio, abbiamo permesso l’uso della palestra (da tre persone al massimo). Per noi è una sfida avere tanti giovani in caserma e non poter offrire nessun svago per loro”.
Dopo un anno, si avvicina un’altra festa del 6 maggio nel contesto della pandemia. Come vi preparate al giuramento quest’anno?
“Abbiamo deciso che si farà la commemorazione dei caduti e il giuramento il 6 maggio. Non vogliamo spostare la data. Non ci saranno tanti ospiti, soltanto i genitori e fratelli delle 34 reclute, come l’anno scorso. Il 6 maggio mattina, alle 7,30 ci sarà una Messa nella Basilica di san Pietro, invece il giuramento si farà, tempo permettendo, nel Cortile di san Damaso”.
Da anni si parla della costruzione della nuova caserma. Perché gli storici edifici della Guardia non sono più adatti alle vostre esigenze?
“Ci sono più motivi. Prima di tutto sotto gli edifici c’è l’acqua allora a causa di una grande umidità non possiamo usufruire delle cantine (in certi punti l’umidità arriva al primo piano). Il vecchio edificio non corrisponde più agli attuali standard igienico-sanitari e di sicurezza. Nel 2018 il Papa ci ha dato la possibilità di fare una riforma della Guardia e di aumentare l’effettivo da 110 a 135. Questo significa che non c’è più posto per tutte le guardie. Il Santo Padre ha cambiato anche la regola che riguarda la possibilità di sposarsi”.
Che cosa è cambiato?
“Fino al pontificato di Francesco, la guardia si poteva sposare quando arrivava al grado di caporale, aveva minimo 25 anni e nella caserma c’era libero un appartamento per la sua futura famiglia. Successivamente abbiamo ricevuto dal Vaticano quattro appartamenti fuori dalla caserma. Ma gli appartamenti erano sempre pochi e tante guardie brave hanno lasciato il servizio per sposarsi. Per noi era una grande perdita. Invece Papa Francesco ha deciso che la guardia, anche se non in grado di caporale, dovrebbe avere la possibilità di sposarsi senza aspettare l’appartamento libero. In questa situazione abbiamo deciso che una guardia dopo 5 anni di servizio e a partire dell’età di 25 anni può sposarsi. Ma in conseguenza ci sono le guardie con le famiglie che abitano fuori dal Vaticano. E in questo modo non c’è più questa grande famiglia che c’era prima quando tutti abitavano insieme in Vaticano. Allora nei progetti della nuova caserma ci sono 25 appartamenti per le famiglie”.
Ma abbattere due grandi corpi della caserma e costruire i nuovi edifici deve essere una cosa difficile e costosa…
“Il costo sarebbe 50 milioni di euro. In Svizzera c’è una Fondazione che raccoglie i fondi per la costruzione della nuova caserma. Cerchiamo i soldi ovviamente in Svizzera ma anche all’estero. Una vota raccolti i fondi ci aspetta una grande sfida del periodo provvisorio: la sistemazione delle 135 guardie mentre viene abbattuta la vecchia e costruita la nuova caserma”.