La Costituzione italiana adesso è più “verde” e tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi. Lo scorso 8 febbraio è stata definitivamente approvata dalla Camera dei deputati, con 468 voti favorevoli, la proposta di legge costituzionale che modifica e integra gli articoli 9 e 41 della nostra Carta. Il primo dei due, che riguarda la ricerca, la cultura, il paesaggio e il patrimonio artistico, viene così integrato: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge di Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Mentre il secondo nel seguente modo: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Nel resto d’Europa
Il nostro Paese è in buona compagnia, all’interno dell’Unione europea. Infatti il tema ambientale è presente in molte altre costituzioni e in trattati comunitari. Nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, detta anche “Carta di Nizza” dal nome della città dove è stata solennemente proclamata il 7 dicembre del 2000, il titolo dell’articolo 37 recita Tutela dell’ambiente e prevede che “un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. Mentre il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea tocca il tema ambientale agli articoli 11, quando dice che “le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”, 191 – dove fissa gli obiettivi della politica dell’Ue in materia ambientale –, 192 e 193. Anche altri Stati membri dell’Unione hanno nelle loro costituzioni la tutela dell’ambiente. Si tratta di Belgio, all’articolo 23. Bulgaria, agli articoli 15 e 55. Croazia, al 3, al 50, al 52 e al 70. Estonia, a 34 e 53. Finlandia, alla sezione 20 entro il Capo II, Diritti fondamentali e libertà. La Francia ha costituzionalizzato nel 2005 la Carta dell’ambiente. La Germania, recita l’articolo 20 della Grundgesetz, la costituzione tedesca, tutela “nel quadro dell’ordinamento costituzionale” le “fondamentali condizioni naturali di vita e gli animali”. La Grecia, all’articolo 24, definisce “un dovere per lo Stato” la “protezione dell’ambiente naturale” e aggiunge che “la sistema generale del territorio e la formazione, lo sviluppo, la pianificazione e l’espansione delle città e delle regioni da urbanizzare in generale sono posti sotto la regolamentazione ed il controllo dello Stato”. Dal Mediterraneo al Baltico, la Lettonia promuove “la conservazione e il miglioramento” del contesto naturale (articolo115), e per il suo “vicino”, la Lituania, lo Stato “ha cura della protezione dell’ambiente naturale, della fauna selvatica e delle piante, dei singoli elementi della naturale e delle aree di particolare valore”, secondo l’articolo 54, mentre l’articolo precedente, il 53, recita: “Lo Stato ed ogni persona devono proteggere l’ambiente da effetti nocivi”. Il Lussemburgo, all’articolo 11-bis, “garantisce la protezione dell’ambiente umano e naturale” e “promuove la protezione e il benessere degli animali”. La carta costituzionale maltese all’articolo 9 afferma che “lo Stato protegge e conserva l’ambiente e le sue risorse a beneficio delle generazioni presente e future”. I Paesi Bassi proteggono l’ambiente all’articolo 21, mentre la Polonia dedica al tema cinque articoli, il 5, il 31, il 68, il 74 e l’86. Il Portogallo inserisce la difesa dell’ambiente tra i compiti fondamentali dello Stato (articolo 9) e all’articolo 66 tutela ambiente e qualità della vita. La Romania con l’articolo 35 “riconosce il diritto di ogni persona ad un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato” e stabilisce che “persone fisiche e giuridiche hanno il dovere di proteggere e migliorare l’ambiente”. La Slovacchia nel Capo VI: Diritto alla protezione dell’ambiente e del patrimonio culturale, stabilisce che ognuno ha diritto a un “ambiente favorevole” e nessuno “può mettere in pericolo o danneggiare l’ambiente, le risorse naturali e il patrimonio culturale oltre i limiti stabiliti dalla legge”. La Slovenia tutela “un sano ambiente naturale” e la protezione del patrimonio naturale e culturale”. La Spagna in un articolo prevede il diritto di utilizzare un ambiente idoneo allo sviluppo della persona, così come il dovere di conservarlo, l’utilizzo razionale delle risorse naturali e la difesa dell’ambiente. Due articoli a testa in cui si fa riferimento all’ambiente, per concludere, nelle costituzioni di Svezia e Ungheria.
L’intervista
A seguito di questa storica decisione del Parlamento italiano, Interris.it ha intervistato il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani.
Qual è la portata di questa modifica ai due articoli della Costituzione?
“Si tratta di svolta epocale. Entrano nella carta che guida le istituzioni della Repubblica italiana le parole fondamentali per la vita sul pianeta. Settant’anni fa si era inserita la tutela del paesaggio, ora se ambiente, biodiversità ed ecosistema sono entrate a pieno titolo nella Costituzione è anche merito lavoro fatto dalle associazioni ambientaliste e dai cittadini in questi decenni”.
Riguardo i reati ambientali, quali passi avanti deve ancora fare il nostro Paese?
“Abbiamo impiegato 21 anni per inserire nel codice penale i reati contro l’ambiente come l’inquinamento ambientale, l’omessa bonifica, il traffico rifiuti radioattivi, con tutto quello che ne consegue in termini di indagini. Da alcune legislature chiediamo anche che siano inseriti i delitti contro la fauna e la flora protette, resi ancora più urgenti dall’inserimento della tutela della biodiversità nella nostra Carta. Con queste modifiche e integrazioni ai due articoli della Costituzione, si potrà inoltre ridurre una distorsione strumentale nel discorso sulla tutela del paesaggio, portata avanti da alcune sigle ambientaliste che sostengono che con gli impianti eolici o l’agrivoltaico si deturpi il paesaggio. Adesso i progetti che vanno nella direzione delle fonti di energia rinnovabile andranno fatti rispettando la tutela dell’ambiente entrata nella Costituzione. Giusto per fare un esempio, il più bell’impianto fotovoltaico è stato realizzato in Città del Vaticano sul tetto dell’Aula Paolo VI, perfettamente integrato, e si può vedere dalla cupola della basilica di San Pietro. Gli impianti delle rinnovabili si posso installare bene anche in luoghi pregiati”.
La piattaforma Borghi, di cui fa parte Legambiente insieme alle associazioni Unione nazionale Pro loco Italia, Borghi più belli d’Italia e Touring Club Italiano, critica del governo di suddividere in due bandi i fondi del Pnrr previsti per i borghi nell’asse “Intervento 2.1 – Attrattività dei borghi”. Quali sono i motivi?
“Le nostre perplessità riguardano la prima linea di finanziamento: 21 progetti a cui sono assegnati, ciascuno, 21 milioni. Riteniamo che si sarebbero potute stanziare quelle risorse ampliando la platea di borghi. La seconda linea di finanziamento ha una distribuzione più ampia, si parla di 229 piccoli comuni – anche questi nel nostro Paese sono 5mila. I piccoli comuni sono realtà importanti, dove convivono tradizioni e innovazioni. Noi per esempio rilasciamo gli attestati di “comuni ricicloni”, “comuni rinnovabili” “comuni ambasciatori del territorio” e altri ancora. Ma sono anche le realtà più svantaggiate. La legge sui piccoli comuni del 2016 garantisce i servizi minimi per evitare l’ulteriore spopolamento dei borghi. Se vogliamo fare anche un’operazione di ripopolamento, dobbiamo portare quei servizi come gli uffici postali, farmacie, trasmissione ultraveloce dei dati”.
Pochi giorni fa è stato l’anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, l’accordo sulla riduzione delle emissioni di gas serra. A quasi vent’anni, quali sono i risultati raggiunti?
“E’ stato il primo grande accordo a livello internazionale tra Paesi industrializzati, fortunatamente poi gli accordi di Parigi del 2015 hanno ampliato la platea anche ai Paesi in via di sviluppo. Bisogna andare ulteriormente avanti nel processo di decarbonizzazione di tutti i continenti entro il 2050. I rapporti periodici dell’Intergovernmental panel on climate change ci avvertono che saremmo dovuti andare anche oltre quanto raggiunto a Parigi, cosa che le varie Cop che si sono succedute non hanno fatto. Urge lo sforzo di contenere l’aumento della temperatura del pianeta entro +1,5 gradi rispetto all’era preindustriale, altrimenti le conseguenze climatiche mettono a rischio le prossime generazioni”.