Il 7 settembre di 99 anni fa nasceva don Oreste Benzi. La prossima settimana a Rimini inizia l’anno benziano con una serie di eventi per approfondire la figura del sacerdote dalla tonaca lisa che si concluderanno il prossimo anni. A presiedere il Comitato del Centenario è il prof. Stefano Zamagni, professore di economia all’Università di Bologna, già presidente dell’Agenzia per il terzo settore, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Interris.it lo ha intervistato.
L’intervista
Prof. Zamagni, quando incontrò don Benzi?
“Alla fine degli anni ’50, avevo 13 anni e don Benzi era direttore spirituale del seminario ed assistente spirituale dei giovani dell’Azione Cattolica cui ero iscritto. In quegli anni a Rimini si era creata una realtà interessante poiché c’erano tre sacerdoti che seguivano i ragazzi: don Luigi Tiberti, che seguiva i lavoratori, don Giancarlo Ugolini, che poi divenne assistente di CL, e don Oreste. I giovani sceglievano uno dei tre ma la gran parte seguivano i primi due perché don Benzi era molto esigente”.
E’ vero che le dava lezioni?
“Io frequentavo l’istituto tecnico per ragionieri. La mia famiglia era di modeste condizioni economiche e si aspettavano che io andassi a lavorare dopo il diploma. Don Oreste però decise di darmi lezioni di lingua e cultura greca e latina. E’ da lui che ho appreso ad indagare l’etimo, il significato delle parole. Poi mi insegnò a leggere i giornali per capire l’attualità”.
Quali autori le faceva leggere?
“Jacques Maritain, che scrisse ‘Umanesimo integrale’, il teologo von Balthasar, il filosofo Mounier, testi di sociologia filosofica. Mi diceva ‘è inutile che ti suggerisca testi economici che fai già a scuola’, lui mi dava il complemento, quello che mi mancava. Conservo ancora oggi le schedine che mi faceva fare con le recensioni dei libri. Fu un metodo importante perché dovevo prima enunciare la tesi dell’autore e poi dare una mia critica. Non come quei riassunti inutili che fanno fare oggi a scuola”.
Don Benzi come la aiutò nel discernimento dopo il diploma?
“Io pensavo di andare a studiare a Bologna ma lui mi disse di no perché avrei avuto una vita facile. ‘Non farai una vera esperienza e non misurerai le tue capacità’ mi diceva. Sia chiaro: don Oreste non imponeva nulla ma consigliava. Così mi suggerì di andare a Milano. Per tutta l’estate dopo il diploma mi fece studiare spiegandomi cosa dovevo apprendere e poi alla fine dell’estate mi fece fare il concorso per entrare al Collegio Agostinianum dell’Università Cattolica. Vinsi la borsa di studio altrimenti non avrei mai potuto permettermi quell’Università. Fu molto dura, c’erano regole ferree nel collegio e dovevo dare esami aggiuntivi. Inoltre non dovevo rimanere indietro con gli esami ed avere una media del 27 senza prendere mai un voto più basso del 24. Vidi tanti miei compagni che dovettero abbandonare perché non riuscivano a tenere il passo”.
Don Benzi aveva visto in lei un talento.
“Si sappia che l’approccio educativo di don Oreste era esigente. Non diceva ai ragazzi ‘poverino’, ma li invitava a scontrarsi con le difficoltà, a formarsi con le difficoltà. Questa tematica oggi è tornata di attualità. Don Benzi sapeva che il carattere è più importante della formazione e soprattutto sapeva bene che il carattere si forma solo in una certa fase della vita, mentre la conoscenza si può formare anche dopo. Don Benzi educava al coraggio e all’intraprendenza”.
Lei fu anche uno dei primi amministratori dell’albergo voluto da don Oreste.
“A 19 anni, appena diplomato, mi nominò direttore dell’albergo Madonna delle vette ad Alba di Canazei e lo feci per tre estati. Dovevo far quadrare i conti, provvedere agli acquisti, tenere i rapporti col personale, organizzare i turni. Era necessario essere maggiorenne e saper guidare l’auto. La cosa più bella fu come lui riuscì a trovare le risorse per la costruzione andando in America negli anni ’50”.
Dal suo racconto emerge un sacerdote di cultura.
“La prima forma di carità è quella intellettuale. Don Benzi sapeva che bisogna aiutare le persone ad uscire dall’ignoranza. Soprattutto con i poveri doveva spiegare il significato delle cose e aiutarli a capire il mondo. Era una forma di rispetto nei loro confronti. Anche Gesù parlava di cose difficili e poi le spiegava con le parabole per i semplici”.
Lei è il massimo teorico dell’economia civile. Come interpreta l’idea di “società del gratuito” di don Benzi?
“Il concetto della società del gratuito di don Benzi è entrato nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI alla cui redazione ho contribuito. Don Oreste intuì che era necessario riconoscere il valore del dono – che è gratuito per definizione – anche dal punto di vista economico. La società del gratuito che si esprime nell’economia del dono deve trovare posto dentro il mercato, non fuori”.
Può spiegare questo concetto?
“Occorre distinguere tra donazione e dono. La donazione è un oggetto ed è tipica della filantropia in cui prima si fa business e poi si elargisce ai poveri. Invece il dono presuppone una relazione interpersonale. E’ il riconoscimento dell’altro da me come fratello. Da qui nasce quel sistema di relazioni interpersonali basato sulla gratuità, in cui – come diceva il don – ‘ognuno detiene il bene dell’altro’”.
La fase diocesana del processo di beatificazione di don Benzi è conclusa. Lei pensa sia un santo?
“La Chiesa ha già dichiarato don Oreste Venerabile. Io sono ottimista, penso che il prossimo anno possa arrivare bolla papale”.