Dopo 523 giorni e oltre 120 leggi, è terminato il governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, che per la seconda volta ieri è salito al Colle più alto rassegnando le dimissioni che, a differenza di sette giorni prima, non sono state respinte. L’esecutivo, nato il 13 febbraio intorno a un patto di fiducia tra le forze della maggioranza che secondo il presidente del Consiglio è venuto meno giovedì 14 luglio, quando i senatori del Movimento 5 stelle non hanno votato la fiducia al decreto aiuti, resterà in carica, sempre con a capo l’ex numero uno della Banca d’Italia e della Banca centrale europea, per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del nuovo governo, presumibilmente in autunno. La data per le elezioni politiche, anticipate di una decina di mesi rispetto alla scadenza naturale della legislatura, sarà infatti domenica 25 settembre, come ha deciso il Consiglio dei ministri nel pomeriggio di ieri dopo che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto di scioglimento delle Camere – l’articolo 61 della Costituzione prevede infatti che si vada al voto entro 70 giorni da questa data. Dopo la convulsa giornata di mercoledì 20 luglio al Senato, dove tre forze della maggioranza, Forza Italia, Lega e Movimento 5 stelle non hanno votato il testo del senatore Pierfedinando Casini che chiedeva l’approvazione delle Comunicazioni pronunciate in apertura di seduta dal presidente del Consiglio, su cui era stata posta la fiducia, il capo dello Stato ha concluso le sue dichiarazioni ieri invitando tutte le forze politiche a dare un “contributo costruttivo” nell’“interesse superiore dell’Italia” per i mesi a venire.
Draghi in Cdm: “Rimettiamoci al lavoro”
Chi non intende far venire meno il proprio “contributo costruttivo” è proprio il capo del governo. “Dobbiamo essere molto orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto, nel solco del mandato del Presidente della Repubblica, al servizio di tutti i cittadini. L’Italia ha tutto per essere forte, autorevole, credibile nel mondo. Lo avete dimostrato giorno dopo giorno in questi mesi di governo”, ha detto il premier rivolto ai ministri nel corso della riunione a Palazzo Chigi di ieri pomeriggio, dopo lo scioglimento delle Camere. “Dobbiamo far fronte alle emergenze legate alla pandemia, alla guerra in Ucraina, all’inflazione e al costo dell’energia”, ha proseguito Draghi, richiamandosi alle parole del capo dello Stato. “Dobbiamo portare avanti l’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche per favorire il lavoro del governo che ci succederà”, ha sottolineato il capo dell’esecutivo. Prima di concludere così: “Porterò con me un ricordo molto bello di queste riunioni, degli scambi che ho avuto individualmente con voi. Ci sarà ancora tempo per i saluti. Ora rimettiamoci al lavoro“.
Il tempi del voto
Nei 66 giorni che separano l’Italia dalla domenica elettorale, le istituzioni e le forze politiche hanno di fronte a sé una serie di scadenze e adempimenti da rispettare. Entro Ferragosto, i partiti devono consegnare al Ministero dell’Interno i contrassegni (entro il 12-13 agosto) e i simboli elettorali (14 agosto). Le liste dei candidati vengono presentate negli uffici centrali elettorali costituiti presso le Corti d’Appello entro il 35° e il 34° giorno antecedente il voto, che in questa occasione sono il 21 e il 22 agosto. Il 26 agosto, infine, scatta la data d’inizio ufficiale del mese di campagna elettorale prima delle politiche, che si terranno domenica 25 settembre. In virtù di quanto prevede sempre l’articolo 61 del nostro dettato costituzionale, “la prima riunione” delle Camere “ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni“, il 15 ottobre 2022 è la data entro la quale deve tenersi la prima seduta del nuovo Parlamento.
L’intervista
Per capire meglio qual è la situazione attuale e lo scenario che gli italiani si trovano davanti, Interris.it ha intervistato il costituzionalista e deputato del Partito democratico Stefano Ceccanti.
Nello sciogliere le Camere, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concluso le sue dichiarazioni chiedendo a tutte le forze politiche un “contributo costruttivo nell’interesse superiore dell’Italia”. Crede che in questi mesi che ci separano dall’insediamento del nuovo governo i partiti sapranno dar ascolto al capo dello Stato?
“Se le forze politiche sono divise possono paralizzare l’azione di governo, ecco perché il presidente della Repubblica ha fatto quel richiamo. Finora siamo stati abituati al fatto che sui provvedimenti veniva messa la fiducia, ma quando un governo è in carica per gli affari correnti non può più farlo e quindi si corrono dei rischi, per esempio che non si rientri nei tempi per la conversione dei decreti legge. Infatti anche l’ordinaria amministrazione richiede un clima di collaborazione, una non belligeranza, altrimenti gli strumenti che il governo ha a disposizione sono inutilizzabili.”
Mattarella ha ricordato che un governo in carica per il disbrigo degli affari correnti si trova limitato nella sua attività, ma può comunque intervenire, e ha elencato le priorità e le emergenze del Paese. Ci spiega cosa può fare un governo in carica per il disbrigo degli affari correnti?
“Quella degli affari correnti è una nozione elastica che indica tutti gli adempimenti che non sono rinviabili, come gli impegni internazionali ed europei. Spesso si arriva a fine legislatura con una maggioranza unita e un clima di consenso politico intorno al governo, così che anche nel periodo gli affari correnti il governo riesce a lavorare. Ma se c’è un clima di scontro come ora, se c’è chi non si riconosce nell’attività di governo e si mette a fare opposizione, si rischia una paralisi lunga alcuni mesi”.
Gli italiani sono chiamati a esprimere il proprio voto il prossimo 25 settembre, entro settanta giorni dalla scioglimento delle Camere. Con l’attuale legge elettorale, in autunno che situazione potremmo trovare in Parlamento?
“La legge elettorale così com’è è aperta sia a un risultato senza vincitori che a un risultato in cui si può vincere e governare in autosufficienza. Riguardo a come sarà il prossimo Parlamento, la giornata di mercoledì a Palazzo Madama ha delineato quali sono le prossime alleanze, tra chi ha votato la fiducia al presidente Draghi e chi no. Certo, bisognerà vedere poi il grado di compatibilità interno di queste alleanze”.
Il nuovo esecutivo avrà i tempi tecnici per scrivere la prossima legge di bilancio?
“Andando al voto domenica 25 settembre, se il Parlamento si insedia entro il 15 ottobre – all’interno della finestra temporale di 20 giorni prevista dall’articolo 61 della Costituzione – e si riesce a insediare un governo a novembre, il nuovo esecutivo ha il tempo per scrivere la prossima manovra”.