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Cavadi e padre Scordato: “Vi raccontiamo il nostro don Pino Puglisi”

Alla vigilia del trentennale della morte di don Pino Puglisi, Interris.it ha intervistato Augusto Cavadi e padre Cosimo Scordato - autori del libro "Padre Pino Puglisi. Un leone che ruggisce di disperazione" (ed. Il Pozzo di Giacobbe) - sull'attualità della figura di don Pino e sui ricordi del sacerdote assassinato dalla mafia "in odio alla fede"

Il 15 settembre di trent’anni fa moriva per mano mafiosa don Pino Puglisi. Un tragico assassinio ricordato anche da Papa Francesco che, nell’imminente anniversario, ha scritto una lettera di commemorazione indirizzata all’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice.

“Sono passati trent’anni dalla sera del 15 settembre 1993 – scrive il Papa – quando il caro don Pino Puglisi, sacerdote buono e testimone misericordioso del Padre, concluse tragicamente la sua esistenza terrena proprio in quel luogo dove aveva deciso di essere ‘operatore di pace’, spargendo il seme della Parola che salva, che annuncia amore e perdono in un territorio per molti ‘arido e sassoso’, eppure lì il Signore ha fatto crescere assieme il ‘grano buono e la zizzania’”.

Il Pontefice ha così voluto far rivivere la memoria del parroco siciliano freddato a bruciapelo dalla criminalità organizzata proprio la sera del suo cinquantaseiesimo compleanno, nel quartiere Brancaccio di Palermo in cui lui stesso
aveva inaugurato il Centro “Padre Nostro” per aiutare i giovani a non cadere nelle grinfie di Cosa Nostra. Don Puglisi è stato beatificato il 25 maggio del 2013, prima vittima di mafia riconosciuta come martire della Chiesa.

Padre Pino Puglisi. Un leone che ruggisce di disperazione

Tutti ricordano il sorriso solare di don Puglisi, ma pochi hanno avuto la fortuna di conoscerlo di persona. Tra questi, ci sono il filosofo Augusto Cavadi e padre Cosimo Scordato, curatori del libro “Padre Pino Puglisi. Un leone che ruggisce di disperazione”, proposto dal Gruppo editoriale Il Pozzo di Giacobbe, in libreria dallo scorso 28 agosto. In “Padre Pino Puglisi. Un leone che ruggisce di disperazione”, custodito in 176 pagine attraverso una narrazione attentamente documentata rigorosa e fruibile nel registro comunicativo, viene offerto un inedito profilo di don Pino scritto da due testimoni che lo hanno personalmente conosciuto: uno studioso del fenomeno mafioso e un teologo cattolico che provano, in una sorta di dittico, a rileggere il “caso Puglisi” in prospettiva costruttiva, secondo una lettura critica fra Chiesa cattolica e mafia. Ossia, cosa possono fare le agenzie educative per contribuire a disarmare il sistema di dominio mafioso e a svelarne definitivamente le radici culturali ed etiche.

Nella viglia del trentennale della morte, Interris.it ha intervistato gli autori, Augusto Cavadi e padre Cosimo Scordato, sull’attualità della figura di don Pino Puglisi e sui ricordi personali che custodiscono del sacerdote assassinato dalla mafia in odium fidei, in odio alla fede, a causa del suo costante impegno evangelico e sociale.

L’intervista a Augusto Cavadi e padre Cosimo Scordato

Perché un libro a quattro mani? Qual è il contributo specifico di ognuno?

Augusto Cavadi: “Sono un filosofo e ho riletto la vicenda di don Pino Puglisi con l’occhio “laico” di chi osserva le dinamiche sociali”.
Cosimo Scordato: “Sono un teologo e un presbitero a cui è stata chiesta una rilettura dal punto di vista teologico e pastorale”.

Cosa vi ha spinto a scegliere come sottotitolo “un leone che ruggisce di disperazione”?

“È il verso di una poesia di don Puglisi. Veramente è stata una scelta dell’editore più che nostra, ma l’abbiamo accettata perché – se pur non restituisce il volto mite e sorridente del nostro amico martire nel corso della sua esistenza -, rende bene la sua immedesimazione con il mondo giovanile, ricco di energia e di volontà di vita, ma che può correre il rischio di non farcela”.

La ricchezza di questo libro è che entrambi gli autori hanno avuto la fortuna di aver conosciuto padre Puglisi di persona. Qual è il ricordo più importante che avete di lui?

AC: “Lo ricordo in un viaggio a Siracusa per assistere alle tragedie nel teatro greco. Era l’animatore gioioso e scherzoso di tutta la comitiva giovanile…”.
CS: “Nel libro racconto il mio incontro con lui qualche giorno prima dell’omicidio: è certamente il ricordo più vivo che mi è rimasto impresso”.

Perché la vita e la morte di don Puglisi sono ancora attuali?

“Perché di preti come lui, capaci di intrecciare l’evangelizzazione e la promozione umana, ce ne è bisogno come trent’anni fa. Anzi, ancora di più”.

Cosa insegna il suo coraggio alle nuove generazioni?

“Insegna, o dovrebbe insegnare, a contrastare il dominio mafioso (con i suoi addentellati politici e finanziari in tutta Italia, anzi ormai in quasi tutto il pianeta) con l’impegno quotidiano, silenzioso, perseverante. Senza smania di protagonismi mediatici”.

Qual è l’obiettivo che vi siete prefissati scrivendo questo libro?

“Abbiamo cercato di evitare i toni agiografici, retorici. Soprattutto abbiamo provato a evidenziare le indicazioni pratiche, operative, che si possono trarre dai suoi scritti e più ancora dalla sua testimonianza. Solo i lettori potranno dire se ci siamo riusciti”.

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