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Cattarina (CL): “Come la tolleranza aiuta la pace”

Foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash

Oggi, 16 novembre, è la Giornata internazionale della tolleranza, dichiarata dall’Unesco nel 1995 per ricordare i principi ispiratori della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. La Dichiarazione, adottata a 50 anni esatti dalla nascita dell’Unesco, definisce la tolleranza in termini di rispetto e apprezzamento della varietà delle culture del mondo, un esplicito riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali del nostro prossimo.

Sull’importanza della tolleranza per la pace sociale, con un occhio ai giovani di oggi, Interris.it ha intervistato Silvio Cattarina, fondatore e responsabile di una delle esperienze più belle e antiche di Comunione e Liberazione (CL): la comunità terapeutica ed educativa “L’Imprevisto” di Pesaro.

Silvio Cattarina con Papa Francesco. Foto: Cattarina

L’intervista a Silvio Cattarina

Come definirebbe la tolleranza?

“E’ difficile definire la tolleranza perché dovrebbe essere sempre qualcosa di nuovo, non cristallizzata in una definizione. Più che descriverla a parole, per capirla occorre vederla attuata da una persona, da un gruppo, affinché anche io possa pian piano diventare sempre più tollerante. Questa è la prima cosa che mi sento di dire. La seconda cosa è che la tolleranza è il frutto di una posizione del cuore. Un frutto che non nasce dall’oggi al domani, ma che va atteso. Bisogna conoscere bene ciò che il nostro cuore veramente cerca, perché il cuore di ognuno di noi cerca una misura nuova, sempre più grande, non si accontenta. ‘Ecco, vengo, faccio nuove tutte le cose’, dice il Vangelo. La tolleranza è il più bel frutto dell’attesa”.

Qual è la ricchezza della tolleranza nella società?

“La ricchezza più grande che la tolleranza porta è l’apertura, la disponibilità verso il prossimo, specie verso il lontano, il diverso, il nuovo. La tolleranza è spesso sinonimo di coraggio perché spinge ad andare oltre il pregiudizio e la prima apparenza. Io vivo con i giovani ogni giorno. Ciò che più connota la società contemporanea è la chiusura. Spesso nel timore o nella paura. La tolleranza apporta nella società quel coraggio di essere, di fare, di costruire, di cambiare, di provare, di sperimentare strade diverse”.

Lei vive quotidianamente le gioie e le fatiche dei giovani. Come sono i ragazzi di oggi?

“I giovani di oggi sono belli, interessanti, molto intelligenti…ma sono affettivamente poveri. Si parla non a torto di ‘analfabetismo affettivo giovanile’, perché c’è una chiusura verso i sentimenti e una difficoltà ad esprimerli. Vanno educati alla tolleranza (attraverso la nostra testimonianza vissuta) affinché possano imparare ad essere aperti, disponibili, curioso. Imparino a navigare in mare aperto… Oggi molti ragazzi studiano poco o non studiano, non lavorano, non si sposano, non fanno figli. Sono chiusi alla vita, si accontentano. Questo è un impoverimento terribile delle società occidentali. Tanti studiosi sostengono che all’origine della crisi economica, di produzione e dei mercati ci sia una crisi educativa, dicono. Poiché non si ha più il coraggio di vivere, non c’è neppur eil desiderio di lavorare e produrre. Ci si lascia andare. La chiamano ‘decrescita’, ma è il frutto della chiusura. E’ dunque importante oggi essere tolleranti, perché la tolleranza crea un cuore aperto, disponibile a conoscere, ad imparare dall’altro, a cambiare se necessario, a viaggiare verso mete lontane…insomma: a buttarsi, a rischiare, ad osare nella vita”.

Come la tolleranza aiuta la pace, concretamente?

“La tolleranza è uno strumento primario di pace. La pace, come la Chiesa ci ha sempre insegnato, inizia infatti dal nostro cuore. E’ importante che cambiamo lo sguardo su quella che è la frontiera sociale più ‘calda’: gli immigrati. È importante cambiare il nostro sguardo su di loro per avere pace attraverso la disponibilità, l’apertura, l’accoglienza. Dobbiamo avere un cuore grande. Questo è il vero punto. Quindi, la pace non è solo il cessate il fuoco, il deporre le armi, il non fare la guerra. Come ha sempre insegnato la Chiesa, la pace è un amore così grande che tutti diventiamo uno spettacolo agli occhi di Dio. La convivenza, pur nella diversità di ognuno, può e deve diventare uno spettacolo agli occhi di Dio! Come? Aiutandosi e accettandosi vicendevolmente. Per questo la tolleranza è basilare per una pace vera”.

Milena Castigli: