“Per uscire dalla pandemia serve un supplemento di etica. Il farmaco risolutivo è la misericordia”, afferma a Interris.it il cardinale Edoardo Menichelli, assistente spirituale dell’Associazione nazionale medici cattolici ed arcivescovo emerito di Ancona-Osimo. “Nella Lettera con cui ha indetto l’Anno a lui dedicato, il Papa parla di San Giuseppe come del modello al quale possono ispirarsi coloro che assistono i bisognosi“, osserva il cardinale.
Appello del cardinale: “Più consapevolezza”
Afferma a Interris.it il cardinale Edoardo Menichelli: “In questo momento di grave difficoltà collettiva è necessaria una consapevolezza maggiore di chi siamo. Dobbiamo ripensare il modo di relazionarci tra noi e soprattutto con le persone malate. In primo luogo agli operatori è richiesto un recupero dell’etica. La vicinanza al dolore contribuisce a riscoprire il senso della fraternità e della condivisione. Ognuno di noi è medico dell’altro nelle difficoltà che la pandemia ci infligge”.
Consolazione
“Mai quanto adesso c’è bisogno di consolazione– sottolinea il porporato-. La misericordia è nello sguardo di tenerezza con cui si soccorre il bisognoso. E’ ciò che consente di accogliere l’altro come salvezza di Dio. E’ la proposta del Vangelo. Gesù si fa medico delle disarmonie della nostra vita. La misericordia guarisce perché è il chinarsi del Creatore sulle creature. Redime l’umanità e sana il malato, trasformando gli ‘scarti’ nei primi destinatari dell’annuncio“.
Soprannaturale laicità
Evidenzia a Interris.it il cardinale Menichelli: “Il Vangelo parla all’umanità intera, non solo alla comunità dei credenti. Gli uomini e le donne di ogni tempo vi trovano un modello di vita e un invito alla sequela. Tutti siamo chiamati a condividere la soprannaturale laicità del Vangelo. Che non offende nessuno. E garantisce la libertà piena di un’umanità totale, senza barriere“.
La lezione del Sinodo
Monsignor Menichelli è uno dei cardinali più vicini a Francesco per sensibilità sociale e visione ecclesiologica. Due decenni di ministero episcopale in due arcidiocesi dell’Italia centrale, preceduti da un lungo servizio nella Curia romana. L’arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, ha presieduto uno dei circoli minori al Sinodo dei vescovi sulla famiglia. “I pastori sono chiamati a stare nella storia e aiutare le persone a santificare la quotidianità- puntualizza il cardinale Menichelli-. La miseria è indegnità, la povertà è uno stile di vita. La verità è come l’acqua, la strada la trova. Non sono gli uomini che cambiano l’umanità, ma Dio. La Chiesa deve crescere nella dimensione della collegialità, nell’assunzione comune e responsabile del bene di tutti. Senza mai dimenticare la differenza tra povertà e miseria. Nei Vangeli si dice ‘beati i poveri’, non “beati i miseri’“.
Disponibilità al dialogo
Aggiunge il porporato: “Per rivolgersi alle coscienze serve sensibilità e disponibilità al dialogo. La Chiesa è per il mondo e per l’umanità e l’umanità ha tante facce. Gesù ci ha donato la verità e la misericordia. Il nostro impegno come Chiesa è mettere insieme verità e misericordia. Perché laddove non ci riusciamo rischiamo di dividere la persona di Cristo. Ogni Chiesa locale ha la sua storia e ogni storia è significativa per la bellezza di
quella universale”. il mandato è “non abbandonare mai nessuno“. Il Pontefice, prosegue il cardinale Menichelli, “indica la necessità di una Chiesa traboccante di compassione d’amore. Che sappia distinguere il peccato dal peccatore“.
Patrimonio condiviso
Sostiene il cardinale Menichelli: “Il nostro patrimonio è la maternità spirituale nei confronti dell’umanità nella convinzione che la bellezza della Chiesa non è negli addobbi. Ma nell’amore per Cristo e nell’impegno di liberare tutti dalla ‘inequità’ di cui Francesco parla nell’esotazione apostolica ‘Evangelii Gaudium‘. Occorre suscitare l’impazienza della carità“. Con il Sinodo riunito in assemblea il Pontefice ha colpito anche per la capacità di ascoltare. C’è bisogno, infatti, di maggior comprensione. Secondo Menichelli, “vescovi e sacerdoti devono comprendere le problematiche e le fatiche che la famiglia e le persone sopportano a vari livelli. In un mondo così complesso, la Chiesa non può incasellare tutto in certi termini o certi concetti precisi che vescovi e sacerdoti si sono abituati a usare. Oggi molta realtà sfugge. Occorre unire l’educazione alla compassione. Ogni persona è un dono di Dio e ha qualcosa da offrire all’altro. Un appello ad accompagnare e a educare perché ogni persona capisca il messaggio del Vangelo che non è contro nessuno ma a favore di tutti nel senso che può aiutare ciascuno a capirsi e a vivere in relazione con gli altri“.