Carcere e Covid: dalle fake news alle leggi emergenziali. Sandra Berardi presiede l’associazione per i diritti dei detenuti “Yairaiha Onlus” attiva dal 2006. Ed è autrice autrice del libro “Carcere e covid”, edito da Stampalternativa. “Il carcere è un mostro dai denti ben serrati- osserva la giornalista e scrittrice Francesca De Carolis-. E c’è un meccanismo cattivo che ne rinsalda il morso. Una sorta di danza macabra che si muove al ritmo stonato delle poche o nulle, quando non falsate, informazioni che dal carcere arrivano. Che rimane, il carcere, area di sospensione del diritto. Dove anche la legislazione d’emergenza viaggia su un secondo binario, che non è quello che riguarda tutti gli altri cittadini. Anche se qua e là le parole d’ordine del linguaggio dell’ emergenza rivolto ai liberi cittadini rivelano una sinistra comunanza con il linguaggio carcerario. Complice l’indifferenza di un’opinione pubblica facilmente plasmabile”.
Carcere in pandemia
“L’emergenza Covid ha fatto esplodere le contraddizioni delle condizioni che vivono i detenuti nelle carceri italiane, ne ha svelato la ferocia– prosegue la prefatrice del saggio-. Ma l’informazione, tranne poche eccezioni, si è presto richiusa come un sudario sulle rivolte del marzo del 2020 e sui suoi tredici morti. E ci sono voluti, ad esempio, sedici mesi, da allora, grazie all’insistenza delle denunce di poche voci fuori dal coro, perché si squarciasse il velo. Con l’inchiesta sulla “mattanza” subita dai detenuti di Santa Maria Capua Vetere. Su ciò che in quel carcere realmente è accaduto in quei giorni. Su quello che è possibile accada (e non solo in tempi di rivolta) in qualsiasi carcere del nostro paese. Ma cosa sappiamo di quello che è in altri centri successo? Cosa sappiamo di quello che continua, oggi come ieri, ad accadere?”
Condizioni reali
“Già voci del ‘securitarismo’ nostrano si levano contro le parole e le proposte di civiltà che il ministro Marta Cartabia ha prospettato dopo la visita nel carcere di
Santa Maria- puntualizza Francesca De Carolis.- Mentre c’è chi sposta l’attenzione sulla ‘troppa libertà’ dentro le carceri. Mentre è archiviazione per 8 delle 9 persone morte ‘per overdose’ nel mezzo di una battaglia dentro le fauci del mostro a Modena. E ancora l’informazione mainstream finge di credervi”. Testimone come pochi, Sandra Berardi, con la sua associazione Yairaiha, da anni si occupa quotidianamente delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane. Ne ha ispezionato buona parte. E ha avuto modo di osservare e analizzare le condizioni reali. E di metterle in relazione con “narrazioni mediatiche distorte che alimentano luoghi comuni. Insicurezza sociale. E politiche securitarie”.
Quadro dettagliato
Il libro “Carcere e Covid, dalle fake news alle leggi emergenziali” offre un quadro dettagliato e completo di quelle condizioni delle carceri italiane che sono state la premessa dell’esplosione delle rivolte. Le pagine del saggio sono una sorta di moviola per rivedere e capire “quello che è accaduto nelle nostre prigioni al tempo del
Covid. Nelle cose e nelle voci che le hanno raccontate. E “va oltre”, precisa Francesca De Carolis. Svelando appunto il meccanismo della danza macabra che non è solo del tempo della pandemia. Ma che nei mesi dell’emergenza sanitaria è diventato un vortice tumultuoso. Centrando un obiettivo. Dimostrare “il ruolo dei media nella costruzione ‘deviata’ dell’opinione pubblica. Attraverso un’informazione falsata, che arriva a condizionare anche le scelte politico-legislative. A discapito dello Stato di diritto”.
Paure
“Dopo alcuni provvedimenti presi dalla magistratura a tutela di persone gravemente ammalate è bastata una campagna di stampa. Partita da una rivista. E da qualche giornale per poi irrompere nelle case con una trasmissione televisiva. Che diffondendo informazioni falsate (300 boss mafiosi in libertà!) soffia sul fuoco delle paure. E così viene “dettata la linea”. Si condizionano scelte politiche e amministrative. Si provocano dimissioni al vertice dell’amministrazione penitenziaria. Con il ritiro di provvedimenti che andavano nel solco della logica e del diritto alla salute”. Prosegue la giornalista e scrittrice: “La frettolosa produzione di altri provvedimenti ha rimandato in carcere persone gravemente ammalate. Che, in base alle leggi e alla libera valutazione della magistratura di competenza, ne erano state allontanate. Rimesso qualcuno in cella giusto il tempo per morire“. Un forte e puntuale atto d’accusa. “La voce di un lamento che può sembrarci insopportabile, come stridore di lama su ferro“, evidenzia Francesca De Carolis. Con l’invito a “non tapparci le orecchie. A imparare a non lasciarci blandire dai cori ufficiali. A ripensare i termini di un concetto di pena e della sua esecuzione, che (s)qualifica la nostra incivile civiltà”.