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Addio al testimone dell’orrore: Cambogia 50 anni dopo

E morto il sacerdote missionario francese François Ponchaud che per primo rivelò i crimini dei Khmer rossi 

Cambogia anno zero. Il genocidio in Cambogia si è consumato tra l’aprile del 1975 e il gennaio del 1979. Si colloca storicamente nel contesto della fine della guerra nel Vietnam e dell’allontanamento degli Stati Uniti sia dai loro alleati sud vietnamiti sia dal governo “amico” di Lon Nol in Cambogia. Il 17 aprile 1975 i Khmer Rossi guidati da Pol Pot entrarono nella capitale Phnom Penh. E diedero il via a un regime di stampo comunista e a un processo di epurazione che causerà un colossale massacro. Gli autori materiali di tale sterminio, come documentato da GariwoLa foresta dei giusti, sono una massa di giovani, per lo più di provenienza contadina. Manovrati da una ristrettissima élite composta da dirigenti politici di formazione stalinista. I sopravvissuti vennero costretti ai lavori forzati nelle piantagioni di riso o di iuta. Le condizioni di vita erano talmente proibitive che morirono a migliaia nei primi giorni. Nella pianificazione delle stragi, gli obiettivi da colpire prioritariamente erano in primo luogo i veri o presunti avversari politici. Vennero così eliminati coloro che nel precedente regime avevano occupato posti di responsabilità. Ossia gli ufficiali dell’esercito (82,6%), i poliziotti (66,7%) e soprattutto i magistrati, sterminati al 99%. La categoria degli insegnanti venne completamente cancellata. Per quanto riguarda le minoranze, fu trucidato l’84% dei monaci buddisti, il 33,7% dei musulmani Cham, il 48,6% dei cattolici, il 38,4% dei cinesi e il 37,5% dei vietnamiti.
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Foto di Ian Hutchinson su Unsplash

Testimonianza eroica

Nel martoriato paese del sud-est asiatico, dunque, cinquant’anni fa i Khmer Rossi massacrarono 2,3 milioni di innocenti in nome del comunismo. E morto il sacerdote missionario François Ponchaud che per primo rivelò i crimini dei Khmer Rossi. La storia ha perso il testimone che per primo mise in guardia l’opinione pubblica occidentale sulla portata e l’orrore dei crimini commessi dal regime di Pol Pot, capo dei guerriglieri comunisti della Cambogia. Il sacerdote missionario francese François Ponchaud, che ha rivelato al mondo la barbarie dei Khmer rossi, è morto in Provenza a Lauris (Vaucluse), all’età di 85 anni. Nella casa di riposo dei Padri delle Missioni Estere di Parigi dove si era ritirato dal suo ritorno in Francia nel 2021. Padre Ponchaud ha trascorso ben 56 anni in missione in Cambogia. Ed era una figura conosciuta a livello internazionale come testimone diretto della presa del potere dei Khmer Rossi nel 1975, che lo costrinsero all’esilio. Durante il quale pubblicò il libro tradotto in numerose lingue “Cambogia, anno zero” (in Italia apparve nel 1977 dalla casa editrice Sonzogno). Testo fondamentale su quel periodo drammatico che vide lo sterminio di 2,3 milioni di cambogiani. Ma il sacerdote e scrittore è stato anche uno dei protagonisti della faticosa rinascita di questa Chiesa martire del Sud-est asiatico, dove gli fu possibile tornare poi a svolgere il suo ministero a partire dal 1993.
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Foto di Emmanuel Phaeton su Unsplash

Focus Cambogia

Il 17 aprile 1975 i Khmer Rossi conquistarono Phnom Penh, padre Ponchaud fu costretto a rifugiarsi nell’ambasciata francese. Il successivo 8 maggio venne espulso e fu uno degli ultimi stranieri a lasciare la Cambogia. Durante gli anni dell’esilio visitò i rifugiati cambogiani in Europa, America e in Thailandia. Rientrò in Cambogia nel 1993, dopo gli accordi di Parigi e la fine dell’occupazione vietnamita. Riprendendo la sua opera pastorale. Ha raccontato le sue esperienze missionarie nei libri “Buddha e Cristo le due salvezze” (a cura di Strazzari Francesco, Edb, 2005) e “Cristo sul Mekong. Storia della Chiesa in Cambogia” (Pimedit, 2014). Nel 2015, riferisce Vatican news, si è aperto il processo di beatificazione di 35 martiri cambogiani, uccisi durante le persecuzioni perpetrate dal regime di Pol Pot. Tra loro ci sono vescovi, preti, laici, donne e catechisti lasciati morire di fame e di stenti. Quella che si chiude il 7 gennaio del 1979 in Cambogia è una storia terribile che ha portato allo sterminio di quasi un quarto della popolazione. I sopravvissuti ancora oggi ricordano che chi portava gli occhiali veniva arrestato. Gli occhiali erano infatti associati ad un alto grado di istruzione. Durante il regime dei Khmer Rossi, centinaia di migliaia di persone sono inoltre costrette a lavorare nei campi. Molti ragazzini sono obbligati ad arruolarsi nell’esercito. Scuole, banche e ospedali sono aboliti e gli anni del regime sono un susseguirsi di crimini. L’emblema di questo periodo di massacri e di torture è una scuola superiore di Phnom Penh, trasformata in una prigione. Oggi è diventata un memoriale per ricordare l’orrore di quegli anni”.

Foto di Chris Kane: https://www.pexels.com/it-it/foto/riflessione-di-costruzione-sullo-specchio-d-acqua-durante-il-giorno-166360/

Cambogia anno zero

L’abbandono del territorio da parte americana apre lo spazio per il sopravvento delle forze comuniste sia in Vietnam che in Cambogia, dove i guerriglieri Khmer sostenuti dai loro alleati vietcong rovesciano in pochi giorni il governo di Lon Nol e conquistano Phnom Penh. Da qui pensano di iniziare, per estenderla a tutta la Cambogia, la realizzazione dei loro ideali comunisti, favoriti, almeno in parte, da una situazione di forte malcontento popolare per il degrado sociale ed economico causato dal vecchio regime. In un clima di forte polarizzazione fra “capitalisti amici degli americani” e “comunisti difensori dei proletari”, i vincitori hanno buon gioco a catalogare l’intera società. Secondo parametri generalizzanti che non tengono alcun conto delle responsabilità individuali. Da un lato ci sono i “nemici del popolo”: in primo luogo i politici e gli amministratori del precedente regime, gli intellettuali, i liberi professionisti, gli insegnanti e tutti coloro che in un modo o nell’altro esercitavano attività lontane dal lavoro manuale. Dall’altro lato ci sono i contadini, a cui si affida il compito di “costruire la società del futuro”. Questa spartizione fra “buoni” e “cattivi” si basa sul concetto di “nemico oggettivo”. Dove il “nemico” non è individuato sulla base delle sue responsabilità personali, ma unicamente sulla base del posto che occupa nella società. Cosa che obbedisce a una logica analoga a quella di chi cataloga gli individui in base all’appartenenza a una razza.

Cambogia
Foto di Wolfgang Hasselmann su Unsplash

Specchi opachi

La specificità del genocidio attuato in Cambogia, quindi, consiste nel fatto che esso non ha basi etniche ma unicamente basi culturali in senso lato. Per esempio, chi portava gli occhiali o chi aveva le mani troppo pulite era immediatamente ucciso come “nemico del popolo”. Riuscì a salvarsi chi si camuffò da contadino o comunque si deturpò il corpo fino a rendere credibile la sua finzione di appartenere agli strati più umili della popolazione. Osserva Giovanni Mereghetti (Messaggero di Sant’Antonio): “Ci si aggrappa agli specchi opachi di una storia, che ancora Storia non è. Scene di un film, ‘Urla del silenzio‘, il capolavoro del regista inglese Roland Joffé. Magistrali immagini che si inseriscono nel controluce di un popolo, cui fa eco la voce di Sydney Schamberg. “Cambogia. A molti occidentali faceva l’effetto di un paradiso, di un mondo incantato, di un mondo misterioso. Ma la guerra nel vicino Vietnam fece saltare i suoi confini e presto le ostilità dilagarono nel suo territorio neutrale.

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