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Tra bombe e viaggi della speranza: l’8 marzo delle donne ucraine

Fiere, patriottiche, legate alla loro terra, combattenti. Così Elena, intervistata da Interris.it, descrive la sua mamma e le altre donne ucraine che, nel dramma della guerra, hanno deciso di non abbandonare il loro Paese, la loro terra natale. La mamma di Elena vive a Leopoli, è voluta restare, non è scappata dal conflitto perché teme che se tutti abbandoneranno l’Ucraina, la Russia la occuperà definitivamente. Quelle donne che, in questi drammatici giorni, le immagini dei telegiornali ci hanno mostrato riunite in scantinati o strade, mentre ad una sola voce, cantavano l’inno nazionale ucraino e intrecciavano – utilizzando vecchi pezzi di stoffa – delle reti mimetiche da dare ai soldati per nascondere le armi.

Il cuore immenso delle donne ucraine

Donne che nonostante sulla loro testa piovano bombe, sono ancora capaci di stupire l’umanità con piccoli e semplici gesti, ma che dimostrano come il cuore di una mamma sia capace di accogliere anche il nemico e di sfamarlo: i giovanissimi soldati russi – in questo video in esclusiva di Interris.it si vede un ragazzo dell’esercito russo che si è arreso al telefono con i genitori testimonia tutta la sua angoscia per essere stato ingannato, gli avevano detto che avrebbe partecipato a una missione di pace, invece lo hanno mandato ad uccidere civili innocenti – che si arrendono, vengono accolti, sfamati e viene dato loro un cellulare per chiamare le proprie madri.

Una vita intera racchiusa in una piccola valigia

Altre donne le abbiamo viste affrontare viaggi della speranza per scappare da una terra martoriata dai missili, un esodo fatto di lunghe marce a piedi per raggiungere il confine, stremate dalla fatica, dalla paura. Un viaggio fatto di lunghe ore, tutte passate ad aspettare un autobus o un treno che possa portare loro e i loro figli fuori dall’Ucraina. Tanti cuori spezzati, pieni di dolore per aver dovuto lasciare una casa costruita magari con tanti sacrifici, sapendo di lasciare i loro mariti, cugini o figli maschi in quella terra che ora è sconvolta dalla guerra. Tutto ciò che resta della loro vita precedente al 24 febbraio 2022 è solo una piccola valigia: quello che hanno raccolto in fretta e furia prima di scappare.

Donetsk 24/02/2022 – guerra in Ucraina / foto Imago/Image
nella foto: evacuazione popolazione ONLY ITALY

Il viaggio di Elena

Elena è partita da Leopoli, con lei il suo bambino di dieci mesi. Un viaggio sfiancante, fatto di ansia e di angoscia, paura di non riuscire a passare alla frontiera, il terrore di finire sotto le bombe mentre erano viaggio. “Il nostro viaggio è iniziato alle 9 di domenica e siamo arrivati lunedì alle 23.30. Alla dogana dell’Ucraina siamo stati fermi undici ore per i controlli, c’erano otto autobus fermi in coda – ci racconta Elena – Gli agenti impiegavano circa un’ora per controllare ogni autobus. Alla dogana ungherese siamo stati fermi tre ore”. “Alla dogana fanno spesso dei problemi, ero preoccupata. Soprattutto quando in Ungheria un giovane poliziotto aveva dei dubbi sui nostri documenti, eravamo in disparte e vedevamo gli altri passare avanti a noi – spiega -. Poi è arrivato un militare più anziano e ci ha detto che potevamo proseguire il nostro viaggio. Il timore di rimanere intrappolati tra l’Ucraina e l’Ungheria era tanto. Alla fine ce l’abbiamo fatta”. “La cosa più brutta che ho visto è stato vedere le famiglie separarsi alla frontiera – si emoziona -. Ho pianto nel guardare i padri di famiglia salutare mogli e figli alla frontiera, lasciarli andare lontano, senza sapere quando si potranno riabbracciare”.

La situazione in Ucraina

A Leopoli l’allarme bomba suona quattro o cinque volte al giorno, ma la mamma di Elena è voluta rimanere comunque nella sua città natale. Non solo. Ha deciso di ospitare anche un ragazzino di 18 anni, la madre e le sorelle si sono rifugiate in Polonia ma lui non ha potuto varcare il confine perché tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni hanno il divieto di lasciare il Paese. “Spero che si risolva tutto quanto il più in fretta possibile, ma dubito fortemente che Russia e Ucraina possano raggiungere un accordo – sospira -. Secondo me, Putin ha intenzione di conquistare tutto il mio Paese e mettere al governo un politico filorusso. Spero che non ci riesca”.

Vite spezzate

“Se avessi la possibilità di parlare con Putin gli direi che sta uccidendo delle persone innocenti, tra cui anche dei bambini, ma non credo che questo gli farebbe cambiare idea – dice Elena -. A Leopoli la situazione è più tranquilla rispetto al sud del Paese, ma la vita era diventata impossibile. Non era più possibile la quotidianità a cui eravamo abituati: gli allarmi bomba, la radio che consigliava di prendere i documenti e fuggire immediatamente, il pensiero per cosa riserva il futuro… Panico e ansia che non ti fanno vivere. Sono state coinvolte tante, troppe persone”. Elena racconta che la situazione era diventata insostenibile, non si riusciva a trovare il cibo, i telefoni funzionano molto male. “Dalle città che si trovano più vicine al Donbass è anche più difficile fuggire: o non si riesce proprio a uscire dalla città o rischi di trovare chi chiede anche 1.500 dollari per viaggiare in autobus fino alla Polonia“.

La giornata internazionale della donna

Spaventate, con i figli più piccoli al seguito, sapendo che i loro mariti o figli si trovano in questo momento al fronte a combattere una guerra senza senso. Oppure appena arrivate in un Paese straniero, nel quale non conoscono nessuno. E’ così che molte donne ucraine vivranno l’8 marzo, Giornata internazionale della donna: una ricorrenza per celebrare le conquiste sociali, politiche ed economiche raggiunte dal sesso femminile. La mimosa è simbolo di questa giornata: un fiore giallo, vivace e allegro; sboccia a fine inverno e con il suo colore intenso sembra voler smorzare il grigiore della stagione fredda. Un colore che ritroviamo anche nella bandiera ucraina: la metà inferiore è gialla e simboleggia i campi di grano, un richiamano alla prosperità, mentre la metà superiore è blu come il cielo e simboleggia la pace: una pace che a questa terra manca.

Manuela Petrini: