Guido Bertolaso è l’uomo delle emergenze. Medico chirurgo, 72 anni, è figlio di un eroe di guerra: quel Giorgio Bertolaso direttore generale del personale dell’Aeronautica Militare decorato durante la seconda guerra mondiale e primo italiano a volare con l’aereo supersonico Lockheed F-104 Starfighter.
Guido iniziò la sua carriera alla protezione civile tra il 1996 e il 1997, durante il Governo Prodi I. È tornato in quel ruolo il 7 settembre 2001, durante il Governo Berlusconi II. E’ appena diventato assessore al Welfare della Lombardia. Lo ha nominato, lo scorso 2 novembre, il presidente della Regione Attilio Fontana dicendo di lui: “Protagonista della campagna vaccinale in Lombardia, è profondo conoscitore della macchina operativa della sanità lombarda”.
Bertolaso commissario straordinario
Il Covid è solo l’ultima delle tante emergenze affrontate in oltre 20 anni. A partire da quel drammatico 31 ottobre 2002, quando – durante il terremoto del Molise – crollò la scuola elementare di San Giuliano di Puglia uccidendo 27 bambini e una maestra.
Sia da direttore del Dipartimento della protezione civile, sia da commissario straordinario ha affrontato tutte le emergenze e le grandi manifestazioni degli ultimi 20 anni. Ricordiamo, tra le tante: il terremoto de L’Aquila, la crisi dei rifiuti in Campania, le eruzioni dei vulcani nelle Eolie, la bonifica della petroliera Haven, la prevenzione da rischi SARS, la frana di Cerzeto, l’emergenza degli incendi boschivi.
Ma anche eventi di grande impatto: il Giubileo del 2000, i mondiali di ciclismo di Varese del 2008, la presidenza del G8 dell’Aquila nel 2009. Nel 2020 viene chiamato in via straordinaria a ricoprire l’incarico di consulente in Lombardia, Marche, Sicilia e Umbria per l’emergenza COVID-19. Giorni fa, l’ultima scommessa: la nomina quale assessore al Welfare della Lombardia.
Interris.it lo ha intervistato per ripercorrere la sua lunga carriera che lo ha visto sempre in prima linea in tutti i momenti salienti – spesso tragici – della Repubblica e per chiedergli quali sono i passi ancora da compiere per un’Italia più sicura.
L’intervista a Guido Bertolaso
E’ stato direttore del Dipartimento della protezione civile e commissario straordinario in moltissime emergenze. Quali tra le tante l’ha segnata maggiormente e perché?
“Sicuramente il crollo della scuola di san Giuliano di Puglia, di cui sono appena ricorsi i 20 anni dalla tragedia. Per ovvi motivi: la morte di tanti bambini. Quello del Molise fu la mia prima grande emergenza a capo della Protezione Civile. Quando ci fu la scossa del 31 ottobre, ero sull’Etna dopo un’eruzione violentissima e un terremoto. Eravamo lì per controllare la situazione. E per fortuna non c’erano state vittime. Le prime notizie del terremoto al confine tra Molise e Puglia non sembravano gravi. Perché la scossa non era stata particolarmente violenta: magnitudo 5.8. Ma dopo mezz’ora mi informarono che era crollata una scuola. Era un giorno infrasettimanale, le 11:30 del mattino: era chiaro che ci potessero essere delle persone sotto le macerie. Presi l’elicottero e mi recai subito a San Giuliano di Puglia. Lì assistei a scene strazianti. I soccorsi – in primis i Vigili del Fuoco insieme a numerosissimi volontari – erano già arrivati. Tutti si erano mobilitati per dare una mano. Ma la scena fu drammatica: il solaio dell’edificio scolastico Francesco Jovine – che comprendeva al tempo la scuola materna, quella elementare e le medie – si era completamente afflosciato ed era crollato sulle due classi sottostanti lasciando intrappolati sotto le macerie 57 bambini, 8 insegnanti e 2 bidelli. Si sentivano alcune voci, perciò c’erano dei sopravvissuti. Per ventiquattro ore i soccorritori non si sono fermati un attimo, con i genitori intorno alle macerie che pregavano e speravano nel miracolo assistendo all’estrazione delle persone da sotto le macerie. Fu un’allucinante roulette russa: usciva un bambino ancora vivo ed esplodeva la gioia di tutti. Un minuto dopo, veniva estratto il corpo esanime di un altro piccolo e tutti piangevano. Non c’era neppure il tempo di preparare i genitori da un punto di vista psicologico alla tragedia peggiore che si possa immaginare. Venti bimbi vennero estratti vivi; 26 morirono sotto le macerie; un bimbo ferito morì all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma per la gravità delle ferite riportate. Perì sotto le macerie anche una delle maestre. Furono dunque ventiquattro ore drammatiche: uno stillicidio di dolore che nessuno avrebbe mai potuto immaginare”.
Sono passati 20 anni dalla tragedia della scuola Jovine. Che cosa è cambiato in questo tempo?
“Sono cambiate moltissime cose. In primis, è cambiata la storia della sismologia in Italia. Oggi abbiamo una classificazione sismica della Penisola precisa, basata su dati scientifici. Quindi sappiamo che l’Italia ha un rischio sismico più alto di quanto si pensasse venti anni fa. E’ cambiata inoltre la normativa per costruire in zone ad alto rischio sismico. La scuola Jovine oggi è stata ricostruita mediante l’utilizzo di tecniche innovative e, soprattutto, curando la protezione sismica della struttura. Nella nuova scuola è stato utilizzato il cosiddetto isolamento sismico, ovvero una tecnica che riesce a garantire una protezione pressoché totale anche in caso di terremoti molto intensi. Questa tecnica è stata già testata in Giappone ed in Cina durante violenti terremoti e le strutture protette con questi isolatori non hanno subito praticamente alcun danno pur essendo posti nei pressi dell’epicentro del sisma. Sono inoltre cambiate le norme per mettere in sicurezza gli edifici scolastici. Da un punto di vista legislativo è stato fatto un lavoro straordinario. Ma l’Italia è una Nazione dove si fanno delle buone leggi che non sempre si applicano”.
In che senso?
“Nel senso che, sicuramente, sul piano della sicurezza delle scuole siamo ancora molto indietro. Solo pochi giorni fa è crollata l’aula dell’Università di Cagliari che non ha fatto vittime solo perché il crollo è avvenuto di sera e non c’erano più lezioni. Sono passati 20 anni dalla tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia, ma gli istituti dove si va per imparare e costruirsi un futuro e dove portiamo i nostri figli pensando che siano i luoghi più sicuri del mondo dimostrano di non esserlo affatto”.
Cosa fare per mettere in sicurezza gli edifici scolastici?
“Questa è una delle tante piaghe del nostro Paese ma che potrebbe essere risolta facilmente. Basterebbe, da parte di chi ne ha la responsabilità, di attuare le norme esistenti. I soldi ci sono. E’ necessario spenderli nel modo giusto”.
Il Covid19 ha messo a dura prova il sistema Paese per oltre due anni. Siamo in una nuova fase? E cosa c’è ancora da fare?
“Sì, siamo in una nuova fase ma bisogna tenere la memoria viva. L’Italia è un Paese incredibile che sa dare risposte straordinarie nell’emergenza, ma ha la memoria cortissima e nel lungo periodo non sempre impara dai propri errori. Mi lasci dire: siamo il Paese dalla memoria più corta del mondo! Ci siamo già dimenticati di cosa è successo nel 2020. Non stiamo parlando di 20 anni fa, come per la scuola di san Giuliano di Puglia, ma di poco tempo fa, di qualcosa che è ancora in corso. Infatti, anche se è stato deciso di non pubblicare più il bollettino quotidiano, ogni giorno qualcuno muore ancora di Covid19. Quindi, siamo ancora in una situazione critica e le difese che abbiamo nel frattempo creato e messo in piedi non andrebbero eliminate completamente come se il virus non esistesse più. Ci dovrebbe invece essere maggiore prudenza e una certa misura nel fare attenzione. Finora abbiamo goduto di una situazione climatica estremamente mite che ha favorito la stasi epidemica. Ma adesso con l’arrivo dell’autunno e del freddo, c’è il rischio concreto di un aumento non solo dei casi di influenza stagionale, ma anche di una ripresa delle statistiche negative sul Covid19. Nel mese di Novembre, secondo me, dobbiamo essere ancora molto attenti e prudenti”.
Cosa pensa dei nuovi vaccini?
“In prospettiva, l’arrivo dei vaccini contro le nuove varianti e di nuove cautele che si potranno eventualmente attuare, fanno sì che il Covid19 non debba più spaventarci come due anni fa. Ma – ripeto – è sempre un’esperienza della quale fare tesoro per evitare in futuro situazioni similmente drammatiche”.
La recente tragedia causata dall’alluvione di Senigallia evidenzia una problematica annosa: il rischio idrogeologico in italia. Quali soluzioni?
“E’ necessario un vasto lavoro di manutenzione del territorio. E’ lo stesso ragionamento fatto per la sicurezza delle scuole: usare i soldi a disposizione per attuare le leggi in materia. La differenza sostanziale è che si conosce l’esatto numero delle scuole da mettere in sicurezza: quali sono e dove stanno. Vanno risanate tutte secondo la normativa. Per quel che riguarda il rischio idrogeologico, sappiamo quali sono le aree a rischio. Ma vanno fatte delle scelte e stilate delle priorità poiché il 60% dell’Italia è a rischio. E’ impossibile fermare tutto il Paese per metterlo in sicurezza. Ma si può fare molto. E’ necessario un importante lavoro di pulizia dei fiumi e degli argini per evitare esondazioni, come dimostrato nell’alluvione delle Marche. La prevenzione è fondamentale. In tal senso, è necessaria una maggior accuratezza nelle previsioni meteorologiche e di allerta. Ad oggi, le allerte rosse, gialle o arancioni vengono date su zone troppo vaste. Non basta dire ‘allerta meteo in Lombardia’. Si tratta di una Regione grande più dell’Austria… Bisogna dunque essere più precisi e puntuali. Con la tecnologia di oggi questo è possibile. Inoltre, le varie tragedie hanno evidenziato la necessità di educare la popolazione a come comportarsi in presenza di forti precipitazioni. Per esempio, insegnando che in caso di alluvione non è prudente scendere in cantina o in garage per salvare l’auto ma è necessario spostarsi ai piani alti, quando possibile, per non essere travolti dalle acque. C’è in definitiva da fare ancora un grande lavoro di formazione ed educazione della popolazione sulla sicurezza in caso di eventi meteo avversi. Ma, al primo posto, resta comunque la necessità di fare costante manutenzione del territorio; cosa che non avviene più da diversi anni”.
È stato commissario straordinario del Giubileo del 2000 con Papa Giovanni Paolo II e ha accompagnato Benedetto XVI a L’Aquila. Che ricordi ha di questi grandi Pontefici?
“Due grandissimi uomini tra i pochi all’altezza del gravosissimo compito che hanno assunto nella Chiesa. Papa Giovanni Paolo II era un grandissimo comunicatore, un trascinatore, un carismatico. Mobilitava le folle. Ha cambiato la storia del mondo. Papa Benedetto XVI è caratterialmente l’opposto: timido, riservato, estremamente colto e al contempo umilissimo. Il rapporto diretto con lui è stato bellissimo e impattante. Ma in mezzo alla gente – essendo un grande uomo di studio e preghiera – forse non sembrava essere completamente a suo agio. Due figure diverse ma fondamentali per la Chiesa e il Mondo. Il passo indietro di Benedetto non è stato compreso da nessuno. Ma è stato un gesto di nobiltà e coraggio che ha dato nuovo impulso alla Chiesa”.
Qual è stato l’aneddoto più divertente che ricorda?
“E’ quello con Benedetto XVI. Appena eletto Pontefice, partecipò al Convegno Eucaristico a Bari, che organizzai io nella spianata di Marisabella dinanzi al porto. Lì disse la Santa Messa del Corpus Domini. Prima della Messa ci incrociammo e mi presentai dicendogli: ‘Santo Padre, sono Guido Bertolaso, grazie di essere venuto a Bari’. Lui mi rispose: ‘Io la conosco perché la vedo spesso in televisione’. Io risposi: ‘Anche io Padre la vedo spesso in televisione…’. Lui aggiunse: ‘Lei fa davvero un lavoro molto difficile!’. Allora io risposi: ‘Beh, anche il suo penso non sia dei più facili’ e ci facemmo una grossa risata insieme!”.
E Papa Francesco?
“Non conosco di persona Papa Francesco. Lo seguo e lo ammiro. Mi auguro che questa sua azione coraggiosa per la pace – voluta, lo ricordo, anche da Benedetto – vada avanti e che riesca davvero a raggiungere quei risultati per cui si sta spendendo così tanto e bene. Quello che sta facendo lui nel campo della pace è eccezionale. Credo che questa missione che sente profondamente e che sta realizzando con grande intelligenza porterà alla fine i suoi frutti”.