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Becchetti: “I cinque ‘fondamentali’ dell’economia civile”

L’intervista di Interris.it sul “Manifesto per una nuova economia” all’economista e docente universitario Leonardo Becchetti

La società del benessere sta presentando il conto, tra le crescenti diseguaglianze – che si registrano non solo tra Nord e Sud del mondo ma anche all’interno dell’emisfero più benestante – e la crisi ambientale dovuta agli effetti del cambiamento climatico. Un conto esoso, che potrebbe essere almeno in parte risparmiato se si riuscisse ad aggiungere un trattino a “benessere”, trasformandolo in “ben-essere”. L’obiettivo che si pone l’economia civile è proprio la trasformazione delle istituzioni, degli attori del mercato e dei cittadini in soggetti che non mirano esclusivamente al raggiungimento dei propri obiettivi e interessi, ma che oltre al servizio e al profitto sono capaci di creare valore sociale, ambientale e relazionale. L’urgenza che questo processo venga innescato è testimoniata dalla pubblicazione del Manifesto per una nuova economia, documento che propone un nuovo paradigma che si regge su cinque fondamenta. Interris.it ha intervistato uno dei componenti del Comitato promotore del testo, il professore ordinario di economia politica all’Università di Roma Tor Vergata Leonardo Becchetti, interpellandolo anche sull’attualità del nostro Paese.

L’intervista

Si è aperta la stagione dedicata alla stesura della legge di bilancio. La manovra del governo, la seconda di questo esecutivo, quanto sarà sociale, a favore dei bisognosi?

“E’ innegabile che ci sia un’attenzione verso gli ultimi, si vedano gli aiuti alle famiglie più bisognose, ma non è corretta la strategia. Si mettono molti soldi sui vari bonus, come quelli per i carburanti, risorse a cui si aggiungono quelle previste nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), e non ce ne sarebbe stato bisogno se la transizione ecologica fosse stata più avanzata. Scontiamo un ritardo dovuto al nostro legame con le fonti fossili, basti pensare alla mobilità. Inoltre assistiamo alla congiuntura che vede l’alta inflazione erodere il potere di acquisto delle persone e l’aumento del costo del debito pubblico, visto l’incremento dei tassi di interesse. L’inflazione che abbiamo di fronte è particolare, con forti componenti legate ai beni alimentari: l’aumento del carrello della spesa è dovuto a una serie di choc, com’è stato l’alluvione Emilia-Romagna, che comportano l’aumento dei prezzi”.

Ripensare l’economia in chiave civile, sociale, significa che vanno rinnovati sia il modo di fare impresa che di gestire la spesa pubblica?

“Nel caso delle imprese, significa in realtà guardare con più attenzione a quelle che oggi non pensano solo al profitto ma anche all’impatto ambientale e sociale che hanno. Secondo le ultime indagini è infatti in corso una trasformazione di cui si dovrebbe parlare di più, sia sotto il profilo della comunicazione sia da quello della narrazione. Riguardo la spesa pubblica, l’obiettivo deve essere quello di cambiare gli indicatori benessere per creare quelle condizioni essenziali per la vita umana delle persone, per cui ci sono da decidere le priorità di spesa. Oggi dovrebbero essere prioritari soprattutto gli investimenti nelle reti nevralgiche per il Paese, dal digitale alle infrastrutture – l’alta velocità al Sud è uno dei temi centrali Piano nazionale di ripresa e resilienza – fino alla rete elettrica, nonché in istruzione e in salute. Questi ultimi due sono i beni il cui accesso consente di combattere le diseguaglianze. L’istruzione è una variabile con effetti positivi che riduce il disagio sociale”.

Quali sono i pilastri valoriali su cui si fonda una nuova economia che sia sociale, civile, generativa?

“I ‘fondamentali’ sono cinque e tra questi, innanzitutto quello che l’uomo è capace di provare sentimenti non autointeressati e possiede la cosiddetta intelligenza relazionale, ossia la capacità di creare relazioni, che ci rende più efficaci sia nella nostra vita economica che in quella sociale. In quest’ottica, uno più uno è maggiore di due. Poi, che le imprese non solo sono orientate a ottenere il massimo profitto, tante aziende infatti valutano l’impatto che hanno sull’ambiente e sulle persone. Vanno, inoltre, tenuti in considerazione indicatori alternativi a quello del prodotto interno lordo, come quelli del benessere (well-being) e della soddisfazione e della ricchezza del senso di vita. Infine, la politica deve capire che l’economia non la fanno solo le decisioni calate dall’alto bensì che la ricchezza dei territori deriva dalla capacità delle persone di cooperare ed essere contributive. Da ultimo, anche se rivolto più agli addetti ai lavori, l’importanza dell’interdisciplinarietà tra le diverse figure che fanno ricerca per potere avere una ricaduta positiva sulla società”.

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