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Beccaria: “Superga 4 maggio 1949, una grande tragedia collettiva”

Il gioco più bello del mondo è diventato un’industria che catalizza l’interesse di sceicchi e fondi d’investimento, con la corsa ad accaparrarsi il giocatore capace di attirare sponsorizzazioni, diritti televisivi e di spingere gli appassionati ad acquistare i prodotti della squadra. Tre quarti di secolo fa, una delle compagini più conosciute e apprezzate al mondo era italiana: il “Grande Torino”. Un’epopea durata otto anni, durante il secondo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra, con cinque campionati consecutivi vinti e la formazione “Bacigalupo, Ballarin, Maroso…” come una filastrocca sulla bocca di tutti, conclusasi in tragedia nel pomeriggio del 4 maggio 1949. In un incidente aereo nei pressi di Torino, al ritorno dal Portogallo, lo schianto contro la collina Superga, persero la vita tutti i 31 passeggeri, giocatori, dirigenti e giornalisti. Nel 2015 la Fifa, la federazione calcistica internazionale, ha istituito in questa data la Giornata mondiale del gioco del calcio. A 75 anni da quel giorno spartiacque per lo sport e per l’esistenza di tante persone, a partire dai familiari delle vittime, Interris.it ha intervistato il presidente del Museo del Grande Torino e della leggenda granata Domenico Beccaria. “Il Grande Torino era un motivo di orgoglio per l’Italia del Dopoguerra, quella di Superga è stata la prima tragedia collettiva della nostra Repubblica e per le famiglie”, dichiara, “col nostro museo vogliamo creare cultura per trasmettere i valori del calcio ed educare al rispetto”.

Nell’immagine: a sinistra la ruota dell’aereo su cui viaggiava la squadra il giorno dell’incidente, a destra il presidente del Museo Domenico Beccaria (su gentile concessione dell’Associazione Memoria Storica Granata)

Uomini semplici, motivo d’orgoglio

Nell’immaginario di oggi, il calciatore è un uomo-immagine che corre su un rettangolo verde, non uno sportivo. Gli undici granata invece erano “uomini semplici, persone che vivevano nella vita di tutti i giorni”, che amavano magari far colazione al mattino presto con pane caldo, fragrante, e il gorgonzola, come Eusebio Castigliano, racconta Beccaria. Grazie ai loro meriti sportivi, al tempo stesso, “erano, insieme alla coppia di ciclisti formata da Fausto Coppi e Gino Bartali, uno dei due motivi di orgoglio per gli italiani usciti dalla Seconda guerra mondiale. Il Torino godeva di una fama internazionale”.

La Sala Pionieri nel Museo del Grande Torino (su gentile concessione dell’Associazione Memoria Storica Granata)

Tragedia collettiva

Il 4 maggio 1949 segna un prima e un dopo non solo sui campi di calcio, ma è tocca tutto il Paese. Quella di Superga “è’ stata la prima grande tragedia collettiva della Repubblica italiana, nata da tre anni, nel 1946”, secondo il presidente del Museo. La rilevante perdita sportiva, che si è fatta sentire nella Coppa del mondo del 1950 in Brasile, con l’Italia eliminata ai gironi, passa in secondo piano rispetto a quella umana. Inoltre, la causa intentata dalla dirigenza del Torino contro la compagnia aerea finì in un nulla di fatto e “il riconoscimento della giustizia civile venne meno anche nei confronti delle famiglie, che non ottennero i risarcimenti assicurativi che pensavano”, continua Beccaria Sottolinea poi come “i calciatori all’epoca non guadagnavano cifre che permettessero alle vedove e agli orfani di vivere di rendita”.

Fiore granata

La storia degli “immortali”, e le loro storie individuali, come anche quelle delle loro mogli e dei loro eredi, è un patrimonio di tutti. Un valore del genere va custodito e tramandato perché la memoria non resti confinata al passato ma viva nel presente e nel futuro. Così un gruppo di cuori granata decide per un’iniziativa che renda omaggio a quegli uomini che hanno scritto pagine di storia del calcio e sia anche culturale, educativa. “A metà anni Novanta viene fondata l’Associazione per la memoria storica granata, con lo scopo di salvaguardare, recuperare e tramandare storia del club”, racconta Beccaria. “Recuperammo e catalogammo tanti reperti storici che era stati conservati lo stadio Filadelfia e quando ne diventammo legalmente proprietari organizzammo una mostra per i cinquant’anni della tragedia, ‘Un fiore a Superga chiamato Torino’”, continua il presidente, aggiungendo che “oggi è arrivata a 160 repliche in tutta Italia”.

Riproduzione dello spogliatoio (su gentile concessione dell’Associazione Memoria Storica Granata)

Memoria e cultura

Passo successivo è la nascita del Museo del Grande Torino, “il primo in Italia dedicato a una squadra di calcio e l’unico creato e gestito interamente da volontari”. Idea di cuore e passione che precede la trovata di marketing di tante società di inaugurare i propri musei delle squadre. “Quelle sono strutture di proprietà che servono a vendere un brand, noi regaliamo una passione”, commenta Beccaria. Il museo degli “immortali” viene inaugurato il 4 maggio 2002 nella Basilica di Superga, poi si sposta nella secentesca Villa Claretta Assandri, a Grugliasco, in provincia di Torino. L’associazione decide di ampliare la visione storica e la qualità e quantità dei reperti esposti. Dalla ruota e dall’elica dell’aereo dell’incidente alla ‘cornetta del trombettiere’, appartenente al capostazione Oreste Bolmida che, quando la squadra giocava sottotono, la suonava, dando il via al cosiddetto ‘quarto d’ora granata’. Ma non solo ricordi un tempo che fu. “I musei sportivi hanno senso se c’è collaborazione culturale”, spiega Beccaria. Nel 2019 l’ente contribuisce a fondare l’International sport museum association (Isma). “Creare cultura per restituire al calcio quei valori che si stanno perdendo e creare presupposti per evitare situazioni disdicevoli, far capire che anche nel tifo ci sono paletti da non superare. La sicurezza negli stadi si costruisce anche così”, conclude.

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