Vengono definiti col termine inglese “influencer” proprio perché il loro essere personaggi pubblici estremamente conosciuti e seguiti fa sì che, nel bene o nel male, influenzino sul nostro modo di pensare e di agire. Soprattutto sui giovani che li ammirano e li “seguono” in ogni momento. Sono cantanti, attori, uomini e donne dello spettacolo ma anche professionisti dello sport che hanno segnato la storia dei propri club di appartenenza o delle loro squadre nazionali. Il pubblico dei più giovani non si limita a seguire le gesta sportive dei loro beniamini, sognando di poterle imitare, ma, sempre più spesso, è la vita privata ad attirare la loro attenzione: relazioni private, dichiarazioni pubbliche, comportamenti sociali e opinioni politiche di giocatori di fama emergono sempre più sulla scena pubblica creando mode e indirizzando pensieri e comportamenti.
Ecco perché, nel bene o nel male, ci troviamo spesso a parlare di campioni dello sport per motivi che sono lontani dai campi sportivi avendo gli occhi puntati su di loro 24 ore su 24. Una volta raggiunta la visibilità globale, successo favorito dalla tecnologia dei social media e da una società sempre più attenta all’apparenza e all’immagine, pesa su di loro – volenti o nolenti, consapevoli o meno – una grande responsabilità. La forza di persuasione che hanno soprattutto su bambini e ragazzi è enorme e spesso sottovalutata.
Per questo, nonostante si tratti di normali ragazzi (tranne che per la disponibilità economica) che spesso si fanno trascinare dagli eccessi, dalle reazioni violente e da un linguaggio (vocale o corporeo) poco consono, di fatto influiscono sul comportamento dei nostri giovani più di quanto ce lo aspettiamo, più di quanto vorremmo e più di quanto possano influire i nostri discorsi e le nostre raccomandazioni.
Molti sono purtroppo gli esempi negativi di giocatori finiti nelle dipendenze, protagonisti di azioni o reazioni violente, di atteggiamenti supponenti o di uso di linguaggio violento o offensivo.
Tuttavia ci sono anche degli esempi positivi, casi in cui i beniamini dei nostri figli hanno mostrato di poter influire positivamente sui giovani col loro esempio. Il più delle volte con gesti pubblici di solidarietà ma anche con scelte personali in controtendenza rispetto alla società in cui viviamo.
Sono recenti i casi di Gianluca Vialli e Sinisa Mihajlovic ex-calciatori affetti da grave malattia che hanno affrontato il dolore con dignità e compostezza lottando fino alla fine. In Spagna è noto quanto conti la famiglia per uno dei più grandi giocatori del Real Madrid e leggenda della nazionale spagnola, l’attaccante Raul Gonzalez Blanco (ormai ritirato dal campo) che ama stare lontano dai riflettori su ciò che riguarda la vita privata. Sposato da 24 anni con la – ex – modella spagnola Mamen Sanz, con lei ha avuto (dal 2000 al 2009) cinque figli hai quali ha trasmesso i valori della famiglia, dello studio e del rispetto per gli altri all’interno di una famiglia numerosa (“nessuno di loro ha il cellulare né il tablet”, ha affermato anni fa in un’intervista ).
Altri esempi positivi sono quelli di giocatori che non hanno paura di nascondere la propria fede in un contesto sociale secolarizzato in cui credere in Dio può procurare più critiche e antipatie che elogi. È noto il caso del brasiliano Kakà (giocatore del Milan e della nazionale sudamericana) che spesso mostrava la maglietta con la scritta “I belong to Jesus” (“Appartengo a Gesù”). In questo senso non si può non menzionare il centravanti del Milan e della nazionale francese Olivier Giroud (35 anni, sposato e padre di 4 figli) che quest’estate, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona ha diffuso un video nel quale incoraggiava i giovani di tutto il mondo a mettere Gesù al centro della propria vita, ad ascoltarlo e seguirlo come lui stesso cerca di fare, perché solo “Gesù dona senso alla mia vita” ed “è presente nei momenti brutti e belli”. Giroud appartiene ad una chiesa evangelica come tanti altri giocatori (specie sudamericani) e porta tatuato sul braccio un versetto del salmo 23, “Il Signore è il mio pastore”, scritto in lingua latina.
Chi invece è approdato nella Chiesa Cattolica è il brasiliano Ronaldo Luís Nazário de Lima, ex stella della nazionale di calcio brasiliana, vincitore – tra gli altri trofei – di due Campionati del mondo, due Coppa America e due volte Pallone d’Oro. Ronaldo, 46 anni, conosciuto oggi come “il fenomeno” è attualmente presidente di due club: il Real Valladolid (Spagna) e il Cruzeiro di Belo Horizonte (Brasile). In questi giorni, in una celebrazione privata, ha ricevuto il Battesimo che sancisce il suo ingresso nella Chiesa Cattolica. Il 12 settembre ha pubblicato sui social le foto della celebrazione e raccontato le sue impressioni, dichiarando tutta l’emozione nel vivere questo momento così importante per la sua vita.
«Oggi è un giorno molto speciale. Sono stato battezzato! La fede cristiana è sempre stata una parte fondamentale della mia vita fin da quando ero bambino, nonostante non fossi ancora stato battezzato. Con il sacramento mi sento veramente rigenerato come figlio di Dio, in un modo nuovo, più consapevole, più profondo. Rinnovo il mio impegno a seguire la via del bene, in maniera libera e spontanea, credendo nell’amore di Gesù, nell’amore solidale».
L’ex calciatore (che ha trascorsi italiani nelle due squadre milanesi, Inter e Milan) ha infine ringraziato i sacerdoti che lo hanno preparato e accompagnato in questo giorno: don Fabio de Melo, dehoniano e don Oswaldo, così come la parrocchia di san Giuseppe e i suoi padrini Amilcar e Malù.
Nel giugno del 2022 Ronaldo ha voluto onorare la sua promessa in caso di promozione del Valladolid in prima divisione (la serie A spagnola) e ha percorso in bicicletta elettrica il Cammino di Santiago partendo proprio dallo stadio della città castigliana per approdare, dopo diverse tappe, alla tomba dell’Apostolo Giacomo nella Cattedrale di Santiago de Compostela, in Spagna. Un’occasione di riflessione che ha puntualmente immortalato sui social (promuovendo di fatto il tradizionale Cammino di pellegrinaggio) e che probabilmente ha contribuito a maturare la decisione di ricevere il Battesimo nella Chiesa Cattolica.
In una società sempre più secolarizzata e scristianizzata, in cui le famiglie hanno smesso di trasmettere la fede ai figli e di portarli ai sacramenti (sono sempre di meno i bambini che vengono battezzati e quelli iscritti al catechismo per la Prima Comunione) l’ingresso in campo di Ronaldo non può che essere una buona notizia. Probabilmente è per lui l’ingresso in campo più emozionante, la “firma” più importante, siglata con la più importante delle società delle quali ha fatto parte: una squadra piena di campioni ma dove tutti hanno modo di crescere e di distinguersi. Di sicuro, come spesso succede, un arrivo è sempre un nuovo inizio. E allora, “Buon cammino fenomeno!”.