“Si definiscono malattie rare tutte le condizioni che colpiscono i bambini con una frequenza non superiore a 1 ogni 2000 nati. Si potrebbe dunque pensare che ci siano pochi casi. In realtà, le tipologie di malattie rare sono migliaia e nel loro insieme questi pazienti sono tantissimi. E le famiglie che hanno un bambino con una malattia rara devono affrontare enormi difficoltà, non solo economiche ma anche logistiche e psicologiche. Per tale motivo, non vanno mai lasciate sole”.
Così a Interris.it il dottor Andrea Bartuli, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa Malattie Rare e Genetica Medica Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (OPBG), in vista dell’imminente Giornata Mondiale Malattie Rare (Rare Disease Day 2023) che si celebra il 28 febbraio.
Bartuli è anche referente HealthCare Professional per l’European Reference Networks per la rete Intellectual disability, TeleHealth, Autism and Congenital Anomalies (ITHACA) e membro del direttivo della Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche (SIMGePeD).
L’intervista al dottor Andrea Bartuli
Quante sono all’incirca le malattie rare?
“Ne sono state calcolate oltre 8.000, ma ne vengono descritte di nuove regolarmente nelle pubblicazioni scientifiche”.
Quante persone soffrono di una malattia rara in Italia?
“Si considera che in Italia sono circa due milioni i pazienti con una malattia rara. Di questi, circa un milione e mezzo sono in età pediatrica”.
Quali sono le caratteristiche delle malattie rare?
“Le malattie rare sono patologie eterogenee, esordiscono prevalentemente in età pediatrica, hanno spesso una causa genetica (a volte sono acquisite), sono a coinvolgimento multiorgano e spesso associate a disabilità. La loro gestione richiede un approccio multidisciplinare. Sono infatti caratterizzate da cronicità, da frequente invalidità e dalla necessità di essere assistiti nel corso della vita da più di 5 specialisti. Condizioni che impegnano molto le famiglie, i pazienti e la sanità stessa”.
Come riconoscere e quanto tempo serve per diagnosticare una malattia rara?
“Essendo malattie poco note e spesso poco descritte in letteratura, le famiglie spesso sono obbligate ad una vera odissea diagnostica. Fino a qualche anno fa, i pazienti aspettavano anche 5 anni per avere una diagnosi. Inoltre, più della metà rimaneva senza nessuna diagnosi per tutta la vita. Oggi le cose sono cambiate. Grazie alla nuova tecnologia denominata Next – Generation Sequencing (NGS) è possibile studiare tutti i geni di un paziente contemporaneamente. Questo permette di ridurre di molto il tempo necessario per una diagnosi. In media, oggi si attende due anni per la diagnosi; inoltre, la percentuale dei non diagnosticati nei centri specializzati in malattie rare – come il Bambino Gesù di Roma – è scesa al 20%”.
Quanti sono i pazienti con malattie rare che seguite al Bambino Gesù?
“In questo momento nell’Ospedale della Santa Sede seguiamo circa 25 mila pazienti. Di questi il 40% è sotto i 15 anni. La metà proviene dal Lazio e il restante dalle altre Regioni, specie dal Sud Italia. L’ospedale pediatrico per questi pazienti eroga 61mila prestazioni l’anno: è una quantità enorme perché rappresenta circa il 30-40% del totale delle prestazioni dell’intero Bambino Gesù. Sono malattie rare nella loro specificità ma, lo ricordo, nel complesso non sono ‘rare’ per niente (25mila pazienti solo) e normalmente richiedono di essere seguite per tutta la vita”.
Quali cure sono possibili?
“Queste condizioni hanno alcune cure sintomatiche e poche cure finalizzate alla guarigione. In Europa una malattia è considerata rara se colpisce meno di 1 abitante su 2000. Pertanto, i farmaci per la cura di queste patologie in condizioni normali di mercato non sarebbero commercializzati in quanto poco remunerativi. Per questo motivo tali farmaci sono stati definiti ‘orfani’. Qui abbiamo oltre 6mila pazienti trattati con farmaci orfani”.
Com’è la vita di una famiglia con un figlio che ha una malattia rara?
“La gran parte delle malattie rare sono invalidanti. Di conseguenza, i costi necessari per sostenere un bambino con disabilità sono importanti. Vengono sostenuti dallo Stato solo in parte e con grandi differenze tra le varie zone della Penisola. Nel Nord Italia, ad esempio, le spese sono coperte al 40-50%, al Sud al 20%. Inoltre, poiché le famiglie hanno la necessità di seguire il figlio molte ore al giorno, sono quasi tutte monoreddito. Perché molto frequentemente, uno dei due genitori è costretto a lasciare il proprio lavoro per fare il care giver (vale a dire l’assistenza) al figlio, dalle necessità quotidiane ai ricoveri in ospedale. Ci sono bambini che necessitano di assistenza respiratoria o di nutrizione speciale. Vanno somministrati i farmaci più volte al giorno. Ci sono da coordinare le varie necessità: il sostegno a scuola, i progetti per i bisogni speciali, la logopedia, la neuropsichiatria, la neuropsicomotricità, le visite specialistiche (anche fuori Regione) e i ricoveri – anche per lunghi periodi – in ospedale. E’ dunque un’attività di tipo assistenziale continuativa molto costosa e faticosa. Questa Giornata serve anche ad accendere un faro sulle famiglie con un bambino con una malattia rara: famiglie che hanno un enorme bisogno di un sostegno. Non solo economico. E che non possono essere lasciate sole”.