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“Sulla stessa barca in pandemia”. La teologia della resilienza. Parla padre Di Luccio (Gregoriana)

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Teologia per uscire dalla pandemia. “Un amico mi ha consigliato di rivedere il film con don Camillo (Fernandel) e Peppone (Gino Cervi) che navigano ‘sulla stessa barchetta‘. Sulle acque del Po. Insieme al vecchio medico del paese”, sottolinea a Interris.it il gesuita Pino Di Luccio. Docente di Sacra Scrittura alla Pontificia Università Gregoriana. Già decano della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Promotore a Napoli della prima partecipazione di un Pontefice ad un convegno in una facoltà teologica.

L’inondazione come la pandemia

Afferma a Interris.it padre Di Luccio: “Tanti hanno notato certe somiglianze. Tra la pandemia e l’inondazione del Po. Nel film del 1953 di Julien Duvivier, ‘Il ritorno di don Camillo‘. Tratto da racconti di Giovanni Guareschi. Mentre in questi giorni si parla del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), si riprende la vita sociale. E, con l’intensificazione dei ritmi della vaccinazione, diminuiscono i ricoveri. E si guarda con speranza ai mesi che verranno. Può essere istruttivo rivedere questo film. Il messaggio che esso trasmette è molto attuale”.

Sull’altra riva del fiume

Prosegue l’insigne teologo gesuita: “La voce degli altoparlanti. L’omelia di don Camillo nella chiesa del paesino inondata dalle acque del Po. Giunge ai parrocchiani portati in salvo sull’altra riva del fiume. Fino a noi: ‘Fratelli mie. Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case. Un giorno però le acque si ritireranno. E il sole ritornerà a splendere. Allora ci ricorderemo della fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili. E con la tenacia che Dio ci ha dato, ricominceremo a lottare. Perché il sole sia più splendente. Perché i fiori siano più belli. E perché la miseria sparisca dalle nostre città e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie. E il nostro paese diventerà un piccolo paradiso in terra”. Come sono belle e attuali queste parole. Ma davvero dimenticheremo le discordie? Il nostro paese diventerà davvero un piccolo paradiso in terra?”.

Missione

“La missione affidata a don Camillo da Peppone è provare a ‘raddrizzare’ il figlio Beppo. Riluttante allo studio e al collegio- sottolinea padre Di Luccio-. E’ una lezione di semplicità e di umiltà. Anch’essa attuale nel tempo della ‘ripresa’. Mentre si ripete che nulla sarà come prima. A sorpresa don Camillo compie la sua missione. Quando convince Peppone a lasciare che il ragazzo segua le sue inclinazioni. Invece di costringerlo a diventare ciò che non può essere. Il ragazzo non diventerà mai un professore. Così Duvivier ci ricorda il principio della realtà. E della ripresa resiliente. Che consiste nel riconoscere e accettare i nostri limiti e quelli altrui”.

Lezione di fraternità

Evidenzia padre Di Luccio: “La lezione di fraternità nel film è raffigurata dall’orologio della casa del popolo. E da quello della torre campanaria della chiesa. Dopo tanti ritocchi fuori tempo. Che riflettono le lotte per far prevalere punti di vista personali. Finalmente gli orologi suonano alla stessa ora. I punti di vista coincidono con lo stesso tempo. Quello giusto. Quando gli sforzi sono uniti per superare le difficoltà. Il film di Duvivier mostra che la fraternità può nascere nella difficoltà. Se in questa situazione si mettono da parte i punti di vista personali e le ideologie. E prevale l’interesse e la cura per gli altri. Una situazione di prova (come la pandemia) può accrescere la consapevolezza della fraternità. Non tanto e non soltanto perché la difficoltà accomuna coloro che la sperimentano. Ma se ciò che accomuna tutti è la stessa pietà. E la consapevolezza che di questa pietà tutti sono capaci. E tutti hanno bisogno.

Ispirazione

Il docente di Sacra Scrittura alla Pontificia Università Gregoriana richiama l’attenzione sul “crocifisso con cui don Camillo colloquia”. Esso “ricorda la fonte di ispirazione delle parole di Papa Francesco sulla fraternità. L’unione e la fratellanza possono nascere nella condivisione della difficoltà. E così diventano espressione della comunanza al mistero Pasquale. Come il Papa ha detto nel messaggio per la Quaresima dello scorso anno. E nell’omelia della scorsa veglia pasquale. ‘Mettere il Mistero pasquale al centro della vita significa sentire compassione per le piaghe di Cristo crocifisso. Presenti nelle tante vittime innocenti delle guerre. Dei disastri ambientali. Dell’iniqua distribuzione dei beni della terra. Del traffico di esseri umani in tutte le sue forme. E della sete sfrenata di guadagno. Che è una forma di idolatria’”. Perciò, esorta il Pontefice, “ricominciamo. Impariamo lo stupore dell’amore infinito del Signore. Che traccia sentieri nuovi. Dentro le strade delle nostre sconfitte”.

Giacomo Galeazzi: