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Un bambino su dieci balbetta. Il 68% di loro è vittima di bullismo

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Il bambino che balbetta (nel 68% dei casi) è vittima di bullismo. E’ riunito fino a domani a Roma il più importante comitato scientifico a livello mondiale sulla balbuzie. Gli studiosi hanno fatto il punto sullo stato dell’arte degli ultimi traguardi. Ricerche e metodologie. In età infantile è colpito da balbuzie un bimbo su 10. Si conclude domani nella capitale il meeting dei maggiori esperti mondiali  Nel mondo due persone su 100 balbettano. E in Italia sono circa 3 milioni coloro che almeno per un periodo della loro vita hanno sofferto di balbuzie. Uno studio condotto dal professor Kennet O. St.Louis (docente della West Virginia University) ne rivela le ripercussioni. Questo disturbo, infatti, non gode di una buona considerazione. Il balbuziente, specie se bambino, viene considerato al pari di una persona con disabilità psichica. E in sette casi su dieci è deriso e bullizzato ogni giorno dai compagni. Si stima, infatti, che il 68% delle persone che balbettano siano vittime di bullismo.

No al bambino soffocato

Di qui l’urgenza di cambiare l’opinione della società nei confronti delle persone che balbettano. L’esigenza di sostituire l’idea che balbettare sia una cosa negativa. E di fare in modo che le persone che balbettano non soffochino le loro aspirazioni. Ecco gli obiettivi della conferenza Icos– International Conference on Stuttering. Organizzata a Roma fino a domani dalla professoressa Donatella Tomaiuoli. Docente dell’università La Sapienza di Roma. E dell’Università di Tor Vergata. A riunirsi per la quarta volta è il più importante comitato scientifico a livello mondiale. Per discutere le ultime novità sulla balbuzie.

Impedimento

“Tra i disturbi del linguaggio, la balbuzie è il più riconosciuto- afferma la professoressa Tomaiuoli-. Ma risulta così poco compresa da apparire, agli occhi di molti, come un disturbo minore. In realtà è associata spesso a una forte ansia nei confronti del parlare. E porta chi balbetta a isolarsi. Costituendo dunque un grave impedimento alla capacità di espressione individuale. E di comunicazione interpersonale. Il 2% della popolazione è una percentuale impegnativa. E lo diventa ancor di più se consideriamo che in età infantile essa può raggiungere il 10% della popolazione“.

Impatto

Alla conferenza verranno presentati anche un fumetto e un cartoon sull’argomento “E’ gravoso l’impatto personale e sociale della balbuzie sulla persona che balbetta – sottolinea la docente-. Ciò mi ha spinto a dedicare la mia vita a questo disturbo. O meglio a questa ‘caratteristica’. E ad aprire nel 2002, il Crc Balbuzie. Primo centro in Italia convenzionato con il Sistema sanitario regionale”. Molti gli argomenti selezionati dal comitato scientifico. A trattarli più di 20 “keynote speaker” invitati all’evento. Gli interventi riguardano l’eziopatogenesi e la neurofisiologia delle persone che balbettano. Le caratteristiche della balbuzie nell’età infantile. Le metodologie di trattamento e ricerca clinica nelle diverse fasce di età. Si parlerà inoltre delle innovazioni tecnologiche. Dei software multimediali. E di altri dispositivi utilizzati dagli specialisti del Crc Balbuzie per la cura e la riabilitazione. Ma anche di altri disturbi del neurosviluppo.

Bambino Sesè

Durante la conferenza è stata annunciata la nascita di una nuova figura. Quella dell’Ambasciatore. Cioè di una persona che abbia il ruolo di facilitatore. Di promotore culturale. E di cooperante per la diffusione di informazioni corrette. L’adesione. E l’applicazione di buone prassi a livello internazionale. Ossia un insegnante. Un clinico. Un genitore. Una persona che balbetta. O chiunque lo voglia. E’ stato presentato anche “Stutter Zack”. Un fumetto edito dalla Erickson. Ha come protagonista un ragazzo balbuziente. Presentazione anche per un cartone animato. “Le avventure di Sesè” racconta cosa accade quando un bambino, improvvisamente inizia a balbettare.

Difficoltà di parola

I balbuzienti non hanno difficoltà di parola quando sono da soli. Un fenomeno che fino ad adesso era stato descritto in maniera aneddotica. Ma che ora viene confermato dalla scienza. In particolare da un nuovo studio della New York University pubblicato sul Journal of Fluency Disorders. Esplora l’effetto del parlare da soli tra persone che balbettano. E dimostra come possa avere un’influenza la pressione sociale. Con la percezione di avere un ascoltatore  I ricercatori hanno concluso che l’effetto del parlare da soli è reale. E che la percezione di essere ascoltati gioca un ruolo chiave. Determinando se una persona balbetti o meno. In una determinata situazione. Gli studiosi hanno valutato 24 adulti in cinque diverse condizioni. Discorso colloquiale. Lettura ad alta voce. Discorso privato (in cui i partecipanti pensavano che nessuno stesse ascoltando). Ripetizione del discorso privato per due ascoltatori. E discorso spontaneo. Ad eccezione del discorso privato, tutte le condizioni prevedevano che i partecipanti parlassero o leggessero ad altri.

Lasciati soli

Nella condizione del discorso privato, i partecipanti sono stati lasciati soli. A completare un impegnativo compito di programmazione del computer, Tale compito aveva dimostrato di suscitare il discorso privato in studi precedenti. Sono stati anche indotti a pensare che nessuno li stesse ascoltando. Ed è stato detto loro che le persone che parlavano ad alta voce da sole erano avvantaggiate. Ossia avevano maggiori probabilità di svolgere meglio il compito. È emerso che quest’ultima condizione era l’unica in cui i casi di balbuzie erano inesistenti. “Questo fornisce la prova che la balbuzie non è solo un problema di ‘linguaggio’- conclude l’autore principale della ricerca Eric S. Jackson-. Al centro deve esserci una forte componente sociale“.

Giacomo Galeazzi: