Fabiano Lioi, all’anagrafe Fabiano Stefano Fabrizio Lioi nasce a Santiago del Cile, l’8 settembre 1977 da padre italiano e madre cilena. È il secondo di cinque figli e sin dalla nascita è colpito da osteogenesi imperfetta, una patologia genetica rata anche nota come “Sindrome di ossa di cristallo” che indebolisce l’apparato scheletrico. Fabiano passa la sua adolescenza in Cile, tra Santiago del Cile e Inique. In sintesi, il suo scheletro è infinitamente più fragile di quello di buona parte della popolazione mondiale, condizione che lo ha portato a fratturarsi oltre 300 volte nella sua vita.
L’arrivo in Italia
“Trascorro i primi 22 anni della sua vita tra Iquique e Santiago del Cile: una vita da surfista, sempre a contatto con la natura. Mostro un atteggiamento ribelle e fuori dalle righe nei confronti della mia condizione fisica e della vita in generale. Così nel 1999 decido di partire per l’Europa, alla ricerca di un sogno – comincia così il racconto di Fabiano Lioi per Interris.it -. Atterro a Roma, per poi spostarmi ad Oppido Lucano, paese originario del nonno paterno, e continuo in seguito ad ampliare il mio bagaglio di esperienze in Italia e all’estero. Da autodidatta, studio pianoforte e chitarra, facendomi largo così non solo nel mondo del cinema e della televisione, ma anche in quello della musica, diventando parte di diversi progetti e gruppi musicali, in particolare entro a far parte del gruppo “Ladri di carrozzelle”.
Un libro, un progetto, un sogno
“Con il mio ultimo progetto, voglio raccontare questa patologia rara, ma da un punto di vista tutt’altro che scientifico. Con “O.I. L’arte in una frattura”, voglio dar voce a quanti vivono l’Osteogenesi Imperfetta quotidianamente, in prima persona o di riflesso, per dimostrare che sì, è possibile raccontare la disabilità senza pietismi. Lo faccio così attraverso 21 opere tutt’altro che usuali. Si tratta delle mie lastre radiologiche e delle mie fratture, sulle quali ho lasciato le tracce di un suo passaggio artistico”.
Fabiano e la malattia
“I più la chiamano malattia rara, io la chiamo semplicemente vita, giacché è l’unico modo che conosco per vivere. – Kim Sinossi. Così si apre O.I. L’arte in una frattura: con un capovolgimento del punto di vista. Come se l’autore, Fabiano Lioi, volesse mettere da subito le cose in chiaro: voi pensate che la patologia dalla quale sono affetto “incida” sulla mia vita – sembra dirci – …ma in realtà “è” la mia vita e come tale voglio viverla al massimo delle possibilità. “In questo momento di pandemia ci capita spesso di notare che in molti guardano all’oggi, senza nemmeno provare a vedere un domani, o a costruirlo. Un domani nuovo, con nuove regole. Oggi il vero rivoluzionario non è colui/colei che infrange le regole, ma chi le impara talmente bene da poterle interpretare e utilizzare a proprio piacimento senza infrangerle”.
“Proprio per questo posso tranquillamente dire di non aver mai avuto un rapporto di conflitto con la malattia. Non mi sono mai chiesto “perche io” anzi il mio pensiero è sempre stato il contrario. “Meglio a me che ai miei fratelli”. Forse per una questione caratteriale che ha permesso che arrivassi lo stesso dove volevo. Sono molto determinato, ho la testa dura e questo mi ha molto aiutato tanto. La verità è che non ho mai vissuto come portatore di handicap”.
Il rapporto con A.S.IT.O.I. Onlus
“Una parte del ricavato della vendita del libro andrà a sostenere il Progetto Roma dell’AS.IT.O.I., Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta. Un progetto ribelle e ambizioso, come me – racconta soddisfatto Fabiano -. Voglio continuare a sostenere il concetto di arte inclusiva, il cui linguaggio universale può – e dovrebbe – poter raccontare tutti gli aspetti della vita umana. Anche quelli più deformi. Voglio far conoscere l’Osteogenesi Imperfetta da un punto di vista diverso, ribaltato, rivoluzionario“.
Qual è il tuo messaggio?
“Vorrei che tutti, pur non essendo affetti da Osteogenesi Imperfetta, potessero capire che ci si può rendere portavoce di un modo diverso per parlare di disabilità. Un discorso, privato e pubblico, ripulito da qualsiasi pietismo e assistenzialismo, ma intriso di inclusione e consapevolezza. Perché “Siamo tutti un po’ handicappati: ma, se continui a giudicare un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, come credi di cambiare questo mondo?”.
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