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Arnoldo Mosca Mondadori: “L’Eucarestia, il mio sogno più grande”

Arnoldo Mosca Mondadori, fondatore della Casa dello Spirito e delle Arti, intervistato da Interris.it, racconta l’importanza di Gesù Eucarestia e della fede nella sua vita

Gesù Eucaristia è “l’amor che move il sole e le altre stelle” nella vita di Arnoldo Mosca Mondadori. Un incontro, quello con Cristo, che è avvenuto quanto era un bambino di nove anni, da cui germoglia una fede salda e forte: tutto inizia con Gesù Eucaristia, che è la vocazione alla base della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, che nasce “dal desiderio e dall’intenzione di realizzare, all’interno della Chiesa Cattolica e a suo servizio – si legge nel sito -, quella collaborazione e sintonia auspicata dal Concilio Vaticano II tra sacerdoti e laici, per testimoniare insieme Cristo Luce del mondo”.

L’intervista ad Arnoldo Mosca Mondadori

Come è nato in lei l’affetto spirituale verso Gesù Eucaristia?

“È stato un dono, è avvenuto quanto ero piccolo, avevo nove anni, e ho ricevuto la Comunione. Si è trattato di un incontro: questo ‘Pane’ mi ha provocato una ferita nel cuore e nello stesso tempo mi ha donato una gioia immensa, inconcepibile, che non era di questa terra. Ricordo benissimo che mi chiesi: ‘Da dove viene questo pane?”. E nella mia coscienza è arrivata una risposta chiara: questo pane viene dal Cielo. Questo è stato il mio primo contatto con Gesù Eucaristia”.

Nel nostro caotico mondo non si pensa e non si parla dell’Eucarestia, marginalizzando e banalizzando anche l’esperienza domenicale. Cosa vorrebbe dire a coloro che, pur dicendosi credenti, vivono la loro fede in modo distratto?

“Questa è una domanda che faccio anche a me stesso quando cado nella dimenticanza: uno dei problemi umani è dimenticarsi della Sorgente della nostra gioia, che è Gesù. Lui è l’unico che può darci la vera gioia. Bisogna allora sempre tornare alla Sua presenza, davanti al Santissimo, ricordando che Gesù è una persona viva. Quando ha istituito l’Eucaristia, e ha detto ‘chi mangia di questo pane ha la vita eterna’, sono scappati praticamente tutti. L’Eucaristia è uno ‘scandalo’ anche oggi, perché lì c’è veramente la follia di un amore immenso, talmente bello e grande che sembra essere impossibile”.

Come porci di fronte a questo mistero?

“Ricordandoci che Gesù è davvero presente nel Santissimo Sacramento e non è nulla di simbolico. L’adorazione eucaristica non è un gesto astratto, ma un luogo concreto dove possiamo ritrovare noi stessi. Vorrei sottolineare l’importanza su come presentarci davanti a Gesù: dobbiamo farlo con tutti noi stessi, con i nostri pensieri a cui non osiamo dare voce, con le nostre paure, le nostre angosce, le nostre ferite. Consegnare tutto a Gesù. Scegliere liberamente di ‘andare a vivere nel Suo Cuore’. Se riusciamo ad avere questo coraggio, quelle parole stupende ‘venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro’, assumeranno un pieno significato. Qualunque uomo sulla terra che si assume il rischio di andare davanti a un Tabernacolo, aprire davvero il suo cuore e consegnare se stesso, riceverà tutta la luce del paradiso. E’ un miracolo immenso. Nessun medico può fare quello che fa Gesù quando gli permettiamo di guarirci con la Sua luce.

L’amore per l’Eucarestia l’ha portata a creare la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti che le ha fatto conoscere il mondo dei carcerati. Come è nata questa ispirazione e come si è evoluta?

“La Fondazione si basa sulla vocazione eucaristica e cerca di andare incontro ai poveri. Nei poveri così come nel Santissimo Sacramento, Dio è presente. Sento Dio quando sono in carcere, quando sono vicino a chi soffre. Lui è lì presente. Allora con la nostra Fondazione cerchiamo di dare lavoro a tante persone, soprattutto persone detenute, che si trovano in condizioni di estrema sofferenza, affinché possano ritrovare la loro dignità.

Come mai avete deciso con la vostra Fondazione di trasformare le barche dei migranti in un’Orchestra? 

“Un’idea nata quando sul molo Favarolo a Lampedusa, ho visto scendere da una barca un bambino di nove anni, a piedi nudi, che veniva da tre giorni di viaggio, da solo, con lo sguardo perso nel vuoto. Ho pensato: ‘Perché lui e non mio figlio?’.  Abbiamo allora aperto quattro Liuterie all’interno delle carceri di Opera, Rebibbia, Secondigliano e Monza. Qui, le barche su cui hanno viaggiato i migranti, vengono trasformate dalle persone detenute in strumenti ad arco come violini, viole, violoncelli, contrabbassi. Con gli strumenti realizzati dal legno di queste barche è nata l’Orchestra del Mare, che cerca di dare voce a quel bambino che ho visto a Lampedusa e a tutti coloro che in questo momento stanno fuggendo dal loro Paese a causa della guerra e della povertà. Spero che la musica dell’Orchestra del Mare, che nasce da tanto dolore e da tanta speranza (c’è davvero in questi strumenti musicali qualcosa di “eucaristico”) possa toccare anche gli animi più indifferenti e cinici”.

Lei ha avuto occasione di incontrare il Santo Padre Francesco: quali emozioni ha provato? 

“Quando ho incontrato Papa Francesco ho sentito che dovevo dedicare tutto me stesso ad una missione: creare una Fondazione che potesse impegnare tutti i miei sforzi in un’unica direzione. E’ nata così la Casa dello Spirito e delle Arti; ogni nuovo progetto è stato presentato al Santo Padre affinché potesse benedirlo. Sono infinitamente grato a Papa Francesco perché non ho mai visto in nessuna persona umana una luce simile: è veramente il padre di tutti noi e questo ci dà una grande forza”.

Ascoltare per la prima volta gli strumenti dell’Orchestra del Mare suonare insieme, quali emozioni ha suscitato in lei? 

“L’Orchestra del Mare ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano. Mi sono commosso principalmente per due cose: la prima è perché nel palco che solitamente è riservato al Presidente della Repubblica erano sedute due persone detenute, che hanno preso coscienza del male commesso e che hanno costruito gli strumenti che componevano l’orchestra. Poi perché ho percepito che il pubblico ‘sentiva’ che da quegli strumenti usciva la ‘musica piena dell’umanità’, ‘la musica dei migranti’. Attraverso le note dell’Orchestra del Mare, gli spettatori hanno potuto ascoltare il grido, il dolore e il pianto dei migranti”.

Qual è il prossimo progetto?

“Essere fedele a Gesù. Questa fedeltà è una continua ricerca dell’Eucaristia, che deve essere sempre al primo posto nella mia vita. Se anche per un attimo Gesù non è al primo posto, la mia anima comincia a entrare in una sofferenza profonda. Noi umani siamo come dei fiori, e il Sole di cui abbiamo bisogno per vivere è Gesù. Il mio desiderio, nel mio piccolo, è di poter incontrare le persone, andare nelle parrocchie, nelle comunità, ma anche dalle persone non credenti, e portare la testimonianza che Gesù è una persona viva ed è l’essere vivente più bello che esista. Non ho mai incontrato un essere vivente così meraviglioso. E ascoltare gli altri, condividere l’amore per Dio e vivere la festa con la musica dell’Orchestra del Mare. Il mio sogno – e che chiedo al Signore – è che fino al mio ultimo respiro io abbia la possibilità di guardare l’Ostia, di morire sorridendo a Gesù”.

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